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“La Svizzera deve essere più ferma con le multinazionali”

Nelle miniere della Repubblica democratica del Congo, le multinazionali sono regolarmente accusate di violazioni dei diritti umani e ambientali. Reuters

Le autorità svizzere devono assicurarsi che le multinazionali con sede in Svizzera rispettino i diritti umani e ambientali in tutto il mondo. È quanto rivendica la campagna "Diritti senza frontiere", lanciata da oltre 50 ONG elvetiche.

Responsabile della politica di sviluppo presso Alliance Sud, Michel Egger delinea i contorni di questa iniziativa volta a sensibilizzare la popolazione e il mondo politico sulle responsabilità delle imprese transnazionali con sede in Svizzera, attive nei paesi del Sud.

swissinfo.ch: In che contesto politico viene lanciata questa campagna?

Michel Egger: L’iniziativa va inserita nel contesto di un mondo globalizzato. Su scala internazioanle, il potere delle multinazionali continua a crescere, mentre le misure di controllo che potrebbero limitare questa tendenza e garantire il rispetto dei diritti umani e ambientali avanzano a un ritmo molto più lento.

Esiste un patto globale in seno alle Nazioni Unite sulla responsabilità delle aziende e ci sono delle iniziativa di autoregolamentazione volontaria elaborate da alcune imprese. Ma questo non basta.

swissinfo.ch: Che ruolo ha la Svizzera?

M. E.: La Svizzera è il paese con la più alta densità di multinazionali per abitante al mondo. Molte imprese però non rispettano i diritti umani e causano danni ambientali nei paesi di produzione, principalmente attraverso le loro filiali o le imprese che le riforniscono. La legislazione svizzera non obbliga le multinazionali a rispondere per le attività che svolgono nel Sud del mondo. E non offre nemmeno alle vittime la possibilità di ottenere giustizia con una causa collettiva, civile o penale.

swissinfo.ch: Cosa chiedono le ONG con questa iniziativa?

M. E.: Lo Stato deve definire un quadro giuridico che stabilisca degli obblighi chiari per le multinazionali con sede in Svizzera. Inoltre deve prendere delle misure affinché queste imprese rispettino i diritti umani e l’ambiente, in Svizzera come all’estero. Idealmente bisognerebbe eliminare la divisione giuridica esistente tra la sede centrale di una multinazionale e le sue filiali.

Oltre a ciò, il governo dovrebbe istituire una base legale per permettere alle vittime delle multinazionali di avviare un processo giuridico in Svizzera e di ottenere una riparazione. Al momento la legge non lo permette. Al contrario offre alle multinazionali la possibilità di sfuggire alle proprie responsabilità.

swissinfo.ch: Come si svilupperà la campagna “Diritti senza frontiera”?  

M. E.: Abbiamo due obiettivi. In un primo tempo, si tratta di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema. Presenteremo dei casi concreti di imprese che violano i diritti umani e ambientali nei paesi del Sud. Vogliamo che la popolazione, così come i membri delle organizzazioni che sostengono la nostra campagna, comprendano la gravità della situazione e si rendano conto che mancano gli strumenti giuridici e politici per cambiare questa tendenza.

In un secondo tempo, invece, cercheremo di convincere il parlamento ad intervenire, con delle basi legali ad hoc. Questo implica una revisione del Codice penale e di quello civile. In sintesi, inizieremo con un lavoro di sensibilizzazione per poi passare all’azione politica e giuridica.

swissinfo.ch: La problematica non è nuova. Perché avete scelto di lanciare questa campagna proprio ora?

M. E.: Diciamo che il contesto internazionale ci è piuttosto favorevole in questo momento. Nel 2005 è stata lanciata un’iniziativa simile su scala europea. E siamo convinti che la Svizzera e le sue imprese transnazionali non debbano essere trascurate.

Per di più in seno all’ONU ci sono già diverse iniziative – anche se piuttosto sfumate – volte ad imporre regole più severe alle multinazionali. In questo senso sono molto importanti i contributi di John Ruggi, ex relatore speciale dell’ONU sui diritti umani, le società transnazionali e altre imprese.

Ruggi ha definito un quadro di riferimento basato su tre pilastri: l’obbligo dei governi di proteggere i civili contro le violazioni dei diritti umani da parte di terzi; la responsabilità delle multinazionali di rispettare i diritti umani fondamentali; e infine il diritto delle vittime a una riparazione attraverso l’accesso alla giustizia.

La campagna “Diritti senza frontiere” chiede alla Svizzera di prendere sul serio questi impegni.  Il nostro paese, culla dei diritti umani e sede di numerose multinazionali, può e deve svolgere un ruolo pionieristico in questo campo.

swissinfo.ch: Questa campagna non rischia di trasformarsi in una dichiarazione di guerra da parte delle ONG contro le società private, mentre uno dei principi fondamentali dell’aiuto allo sviluppo è la cooperazione tra pubblico e privato ?

M. E.: Per noi non si tratta di una dichiarazione di guerra. Ma in certo senso si può dire che la cooperazione svizzera è piuttosto permissiva nei confronti del settore privato. Molte ONG svizzere restano dunque piuttosto critiche. Dal nostro punto di vista, il primo contributo del settore privato allo sviluppo consiste nel rispettare e promuovere i diritti umani e la protezione dell’ambiente.

È essenziale che il nostro governo sia  maggiormente critico ed esigente nei confronti delle multinazionali con sede in Svizzera. Mentre i protagonisti della politica estera elvetica – ossia la Segreteria di stato all’economia (SECO), il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) e la Direzione della cooperazione e dello sviluppo (DSC) devono assolutamente elaborare una strategia più coerente.  

Più di 50 ONG elvetiche hanno lanciato a inizio novembre 2011 una campagna di sensibilizzazione sulle derive delle multinazionali con sede in Svizzera.

Chiedono al governo e al parlamento l’elaborazione di una strategia per costringere le imprese a rispettare i diritti umani e per permettere alle vittime di chiedere giustizia.

Tra i promotori figurano Alliance Sud, Amnesty International, Helvetas, Pane per tutti, Azione Quaresimale, Greenpeace, Terre des hommes, E-changer e la Dichiarazione di Berna.

La campagna è sostenuta anche dal sindacato Unia e dall’organizzazione agricola Uniterre.

Come evitare che la Syngenta faccia utili milionari vendendo nei paesi in via di sviluppo dei pesticidi vietati in Europa perché considerati tossici e pericolosi per la salute dei contadini?

Come fare affinché la Glencore non tolga illegalmente la terra a milioni di contadini in Congo, Bolivia o Colombia per arricchirsi con il commercio delle materie prime?

Come evitare che la Triumph licenzi in massa i lavoratori filippini, senza rispettare i diritti sindacali, per delocalizzare le proprie attività in un altro paese?

Attraverso una documentazione basata su diversi casi concreti, raccolti dalle ONG negli ultimi anni, la campagna Diritti senza frontiere intende sensiblizzare l’opnione pubblica svizzera sulla problematica del rispetto dei diritti umani e ambientali da parte delle multinazionali.

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