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Le scuse di UBS al Senato americano

Il direttore finanziario di UBS Mark Branson di fronte al Senato americano Keystone

La principale banca elvetica ha fatto il suo mea culpa di fronte al Senato americano, presentando delle scuse per la sua implicazione in questioni di frode fiscale. L'istituto promette di ritirarsi da questo genere di affari offshore e di collaborare con le autorità per identificare i truffatori.

«A nome dell’UBS mi scuso e mi impegno davanti a voi a prendere le misure necessarie affinché ciò non si riproduca», ha dichiarato giovedì il direttore finanziario della Wealth Management (gestione patrimoniale) di UBS, Mark Branson, di fronte ai membri della sottocommissione d’inchiesta del Senato americano.

Branson ha ammesso che le pratiche denunciate non erano ammissibili. «La nostra indagine interna ha mostrato dei comportamenti scorretti che sono inaccettabili», ha detto, aggiungendo che i controlli e le supervisioni della banca «non erano adeguati».

Collaborazione con le autorità USA

Di conseguenza, il collaboratore di UBS ha annunciato che l’istituto elvetico sospenderà i servizi di gestione di capitale oltre frontiera (offshore banking), che consentivano a facoltosi cittadini statunitensi di sottrarre somme considerevoli al fisco americano, a scapito dell’accordo detto Qualified Intermediary.

Concluso nel 2001 con il governo di Washington, l’accordo prevede che le persone soggette al fisco americano forniscano le informazioni riguardanti i loro guadagni in interessi e dividendi.

Altra misura comunicata da Branson: la collaborazione di UBS con le autorità americane al fine di identificare i suoi clienti statunitensi che si sarebbero macchiati di frode fiscale. La banca, ha aggiunto, prenderà inoltre dei provvedimenti disciplinari interni.

LGT respinge le accuse

«Siamo riusciti a svelare una parte del mistero del segreto elvetico che per troppo tempo ha permesso alla Svizzera d’essere la piazza che la gente utilizzava per nascondere qualcosa», ha dichiarato Carl Levin, presidente della sottocommissione d’inchiesta.

Ringraziando Mark Branson e l’UBS per la cooperazione, il senatore democratico ha poi espresso il desiderio di vedere altre banche – in particolare la LGT del Liechtenstein – prendere nota di questa attitudine.

La LGT, di proprietà del Principato, ha respinto giovedì le accuse di frode fiscale. I dati basati essenzialmente su documenti confidenziali rubati da un ex collaboratore nel 2002, sostiene la banca, sono obsoleti e risalgono ad un periodo in cui le regolamentazioni di diligenza erano diverse.

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100 miliardi sottratti al fisco

Davanti alla sottocommissione del Senato si è presentato anche lo svizzero Martin Liechti, responsabile UBS della gestione patrimoniale negli USA. A differenza del suo collega, Liechti ha tuttavia rifiutato di rispondere alle domande, appellandosi al quinto emendamento della Costituzione americana.

Attualmente, Liechti è coinvolto in quanto testimone nel processo contro Bradley Birkenfeld, l’ex amministratore patrimoniale di UBS accusato di aver favorito l’evasione fiscale.

Secondo un rapporto del Senato pubblicato in occasione dell’udienza di giovedì, l’evasione fiscale costa agli Stati Uniti oltre 100 miliardi di dollari all’anno. In particolare, il documento rileva come la banca del Liechtenstein e l’UBS «abbiano assistito dei contribuenti americani ad evadere il fisco».

L’UBS dispone in Svizzera di circa 19’000 conti bancari appartenenti a clienti americani, per un valore complessivo di 17 miliardi di dollari.

Chiesta l’assistenza della Svizzera

Sempre nell’ambito delle indagini sull’evasione fiscale contro l’UBS, gli Stati Uniti hanno inviato alla Svizzera una richiesta d’assistenza amministrativa. Il dossier sarà «analizzato e trattato» dall’Amministrazione federale delle contribuzioni, ha precisato il Dipartimento federale delle finanze.

Le autorità statunitensi competenti, l’Internal Revenue Service (IRS, l’agenzia statunitense delle entrate fiscali), hanno presentato la loro istanza basandosi sulla convenzione di doppia imposizione tra Svizzera e USA. L’arrivo della domanda si era delineato dopo che l’11 giugno gli statunitensi avevano presentato una richiesta generale di collaborazione.

I sospetti di evasione fiscale che concernono l’UBS negli USA interessano anche la Commissione federale delle banche, che conduce una propria indagine per appurare se l’istituto abbia violato le norme svizzere sulla diligenza.

swissinfo e agenzie

I guai con l’erario americano per l’UBS sono cominciati lo scorso maggio, quando un suo ex amministratore patrimoniale statunitense è stato accusato di complicità in frode fiscale.

Il 20 giugno l’uomo ha confessato di avere aiutato facoltosi concittadini a evadere il fisco, dal 2001 al 2006, nascondendo ingenti capitali in Svizzera e nel Liechtenstein. L’imputato ha sostenuto che si trattava di una prassi diffusa fra gli amministratori patrimoniali dell’UBS.

Il 2 luglio un giudice di Miami ha autorizzato il fisco statunitense (IRS) a citare in giudizio l’UBS per ottenere informazioni sui clienti che sarebbero stati aiutati a raggirare l’erario.

L’UBS, che ha la possibilità di ricorrere, non ha finora confermato né smentito le accuse. Ha fatto sapere che prende molto sul serio la questione e che sta collaborando con le autorità americane e svizzere nel pieno rispetto delle leggi elvetiche.

La vicenda ha destato vive preoccupazioni in Svizzera, dove si teme per la credibilità del segreto bancario e dell’intera piazza.

Il governo svizzero ha inviato negli Stati Uniti una delegazione di alto rango per discutere con le autorità americane le vie giuridiche da seguire. L’obiettivo è di evitare la violazione del segreto bancario e un procedimento penale contro l’UBS.

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