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Condannato il jihadista svizzero che voleva unirsi all’Isis

Il Tribunale penale federale ha condannato venerdì a 18 mesi di prigione con la condizionale lo svizzero arrestato l’anno scorso a Zurigo. Secondo la corte, il giovane voleva andare in Siria per sostenere lo Stato islamico (Isis).

Il 26enne svizzero di origini libanesi cresciuto a Winterthur (canton Zurigo) era stato arrestato il 7 aprile 2015 all’aeroporto di Zurigo-Kloten mentre si apprestava a prendere un aereo per Istanbul, in Turchia.

Secondo il giudice del Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona, la sua intenzione era di andare in Siria «per morire da martire», e non per portare aiuto umanitario, come invece sosteneva l’imputato.

Prima della partenza, per quasi otto mesi, il giovane musulmano aveva cercato informazioni sulla lotta armata e sui mezzi per partecipare alla jihad, ha indicato il presidente della Corte degli affari penali del TPF. Egli aveva preso in considerazione di poter morire nella cosiddetta “guerra santa” e sapeva quali mezzi la milizia terroristica dello Stato islamico utilizza per raggiungere i suoi scopi, ha aggiunto il magistrato.

La condanna a 18 mesi di carcere con la condizionale è leggermente inferiore alla pena avanzata dal Ministero pubblico della Confederazione, che chiedeva 2 anni di prigione con la condizionale per violazione della legge federale che vieta il sostegno a organizzazioni criminali. La difesa chiedeva invece l’assoluzione.

Prima in Svizzera

È la prima volta che il TPF si esprime sul caso di un jihadista in partenza per sostenere lo Stato islamico. Il procuratore generale Michael Lauber aveva parlato lo scorso marzo, in una intervista al Tages-Anzeiger, di “leading case”, una sorta di caso pilota che costituirà un precedente nella lotta contro il terrorismo a livello giudiziario.

Interpellato oggi dall’Agenzia telegrafica svizzera, il portavoce della Procura federale André Marty ha espresso «soddisfazione», rilevando che la condanna fornisce la base legale per citare a giudizio altri simpatizzanti dell’Isis desiderosi di partire per la jihad. Marty ritiene importante anche la motivazione espressa dal giudice, ossia il fatto che l’imputato «non poteva non sapere» con chi aveva a che fare quando si apprestava a raggiungere l’Isis.

Lo scorso 18 marzo il TPF aveva già condannato a pene detentive tre iracheni accusati di essere sostenitori dello Stato islamico: due a 4 anni e 8 mesi, il terzo a 3 anni e 6 mesi. Un quarto imputato era stato invece assolto, non essendo stata dimostrata la sua appartenenza all’organizzazione criminale.

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