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Mercato del lavoro stabile nonostante i licenziamenti

Swissprinters è tra le aziende svizzere ad aver annunciato la soppressione di unità produttive e di impieghi. Keystone

Malgrado le soppressioni di impieghi annunciate da diverse grandi aziende elvetiche, il tasso di disoccupazione in Svizzera dovrebbe mantenersi a un livello stabile, inferiore alla media europea. La situazione potrebbe però deteriorarsi a partire dall’anno prossimo.

Il gigante farmaceutico Novartis ha comunicato a fine ottobre 2011 la soppressione di circa 2’000 impieghi, di cui 1’100 in Svizzera. Diverse altre aziende non escludono di trasferire parte dei posti di lavoro all’estero a causa del forte apprezzamento del franco svizzero.

Tagli massicci degli impieghi sono stati decisi anche dalle due principali banche del paese, UBS e Credit Suisse. In questo caso, la ristrutturazione toccherà comunque principalmente le sedi all’estero.

Recentemente, l’associazione mantello dell’industria meccanica, elettrotecnica e metallurgica Swissmem ha dal canto suo avvertito che l’impatto del franco forte sulle esportazioni potrebbe portare alla perdita di 10’000 impieghi. Una cifra che corrisponde al 3% della forza lavoro del settore.

Statistiche “bugiarde”

Nello scenario più pessimistico, il tasso di disoccupazione potrebbe salire dal 2,8% del settembre 2011 al 3,5% entro la metà del 2012. Le statistiche ufficiali non permettono tuttavia di rendersi conto della reale situazione, avvertono alcuni osservatori.

Il tasso di disoccupazione in Svizzera – che per buona parte dell’anno corrente è rimasto leggermente al di sopra del 3% – non può essere paragonato a quello nell’Unione europea (9,7%), sottolinea Daniel Lampart, capo economista presso l’Unione sindacale svizzera (USS).

A differenza dell’Europa, i disoccupati che esauriscono il loro diritto alle indennità in Svizzera non vengono più contabilizzati nelle statistiche, spiega Lampart a swissinfo.ch. «Se si armonizzassero i due sistemi di calcolo, il tasso di disoccupazione in Svizzera si attesterebbe attorno al 4%».

Il mercato del lavoro elvetico rimane più solido rispetto a quello di numerosi paesi vicini, osserva Lampart. La tendenza è tuttavia negativa. «Negli anni Ottanta il tasso di disoccupazione in Svizzera era inferiore all’1%».

«La Svizzera – avverte l’economista – rischia di seguire l’evoluzione di Austria, Olanda e Danimarca, paesi per i quali la situazione sul fronte del lavoro si è vieppiù degradata».

Franco forte

L’USS ha chiesto alla Banca nazionale svizzera di introdurre e mantenere  un tasso di cambio di 1,40 franchi per un euro, invece degli attuali 1,20 franchi. Questo permetterebbe di garantire maggiore solidità alle industrie dell’esportazione e del turismo.

L’eccessivo apprezzamento del franco svizzero è stato infatti un argomento utilizzato da Novartis per giustificare parte della sua politica di ristrutturazione. Anche per il gruppo chimico Huntsman, il franco è all’origine della decisione di trasferire 100 impieghi da Basilea ad altre sedi.

Il recente apprezzamento del franco ha avuto un forte impatto sulla struttura dei costi in Svizzera, ciò che ha reso necessario un adeguamento, ha detto il Ceo del gruppo Peter Huntsman durante l’annuncio dei tagli.

Altre aziende hanno dal canto loro manifestato una certa preoccupazione per il rallentamento dell’economia nell’Unione europea, un mercato che assorbe i due terzi delle esportazioni svizzere.

Vicino ai mercati emergenti

Il produttore di decodificatori televisivi Kudelski, che il 31 ottobre ha annunciato la soppressione di 90 impieghi in Svizzera, ha chiesto di poter essere defiscalizzato per le sue attività di ricerca e sviluppo.

Altre società, come ad esempio il leader mondiale nel settore dei profumi e degli aromi Givaudan, hanno deciso di trasferire gli impieghi all’estero per essere più vicine alle economie emergenti, ovvero ai mercati che più contribuiscono alla crescita aziendale.

La Svizzera sarà sicuramente confrontata a una recessione, ritiene Ursina Kubli, economista presso la banca Sarasin. Negli ultimi tempi, i produttori elvetici hanno in effetti registrato un calo delle nuove ordinazioni. E questo in contesto europeo difficile, reso ancor più incerto dalla crisi greca.

Nei prossimi mesi, il Prodotto interno lordo dovrebbe diminuire, per poi tornare a crescere verso la metà del 2012, prevede Ursina Kubli. «Il nostro ottimismo è dato dalla politica monetaria di numerosi paesi, la quale dovrebbe favorire la crescita economica».

E se l’economia torna a girare, sottolinea, i produttori potranno di nuovo aumentare le esportazioni e quindi mantenere gli impieghi.

Tra l’agosto e l’ottobre 2011 diverse aziende svizzere hanno annunciato una soppressione di impieghi.

UBS: tagliati 3’500 posti di lavoro, di cui 400 in Svizzera.

Credit Suisse: soppressi 3’500 impieghi, la maggior parte dei quali negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.

Novartis: cancellati 2’000 impieghi, di cui 1’100 in Svizzera (l’anno scorso il gruppo Roche aveva annunciato il taglio di 770 posti in Svizzera e 4100 nel mondo).

Kudelski: soppressi complessivamente 270 impieghi, di cui 90 in Svizzera.

Huber + Suhner (componenti elettronici): 80 posti trasferiti dalla Svizzera alla Tunisia e alla Polonia.

Huntsman: 100 posti trasferiti verso dei «mercati chiave».

Il tasso di disoccupazione della Svizzera (2,8% a fine settembre) è tra i più bassi al mondo.

La media annuale è stata finora del 3,1% (3,9% nel 2010).

A fine settembre 2011, le persone registrate presso gli uffici di collocamento erano 111’134, il 20,5% in meno rispetto a un anno prima.

I posti di lavoro vacanti erano 19’435, 851 in più rispetto al mese precedente, indica la Segreteria di Stato dell’economia.

Nel settembre 2011 oltre 16 milioni di persone erano disoccupate nei 27 Stati membri dell’Unione europea, secondo le statistiche ufficiali (Eurostat)

Il tasso di disoccupazione era del 9,7%, in crescita dello 0,1% rispetto ad agosto.

Il record negativo in Europa è detenuto dalla Spagna, con un tasso del 22,6%.

Altri paesi: Austria (3,9%), Germania (5,8%), Gran Bretagna (8,1%), Italia (8,3%), Francia (9,9%) e Grecia (17,6%).

Traduzione dall’inglese di Luigi Jorio)

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