Un voto posto sotto stretta sorveglianza per chiudere la Questione giurassiana
Mai prima d’ora nella storia della democrazia svizzera erano state prese misure così importanti per garantire la conformità di una votazione. Il 18 giugno 2017, la cittadina di Moutier dovrà decidere se rimanere nel canton Berna o far parte del canton Giura. La posta in gioco è significativa, perché con questo scrutinio si chiude la Questione giurassiana, il più importante conflitto politico-territoriale elvetico del dopoguerra.
Il conflitto giurassiano è la storia di divisioni all’interno di una regione situata tra la frontiera francese, vicino a Belfort, e Bienne, città che segna il confine con la Svizzera tedesca. Divisioni che hanno portato il “nord” cattolico a separarsi dal “sud” protestante per formare, nel 1979, il canton Giura. Il conflitto politico territoriale ha segnato tutta la Svizzera e si è intrufolato perfino all’interno di molte famiglie.
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Il caso di Moutier è emblematico delle tensioni che persistono attorno alla Questione giurassiana. Rimasto bernese per una decina di voti, in tre scrutini organizzati negli anni Settanta, il comune ha nuovamente rifiutato di entrare a far parte del canton Giura nel 1998, in un voto consultivo. Il 18 giugno 2017, il popolo avrà un’ulteriore possibilità di pronunciarsi sulla sua appartenenza territoriale.
Il voto di Moutier segna la seconda fase del processo volto a risolvere “definitivamente” il conflitto giurassiano. Il 24 novembre 2013 i cittadini dei tre distretti francofoni del canton Berna hanno ribadito a grande maggioranza (72% di ‘no’) la volontà di restare dove sono.
I comuni avevano però la possibilità di chiedere di votare singolarmente sulla questione. Dopo Moutier, quattro altri piccoli comuni dovranno ancora esprimersi.
Uno scrutinio emotivo, misure eccezionali
In Svizzera l’organizzazione di votazioni comunali è in linea di principio di competenza dei comuni. Tuttavia, tenuto conto del grande carico emotivo che pesa sul voto di Moutier, le autorità della cittadina – a maggioranza separatista dal 1982 – hanno chiesto al governo del canton Berna misure eccezionali per garantire il buon svolgimento del voto.
Il governo cantonale, l’Ufficio federale di giustizia (UFG) e le autorità di Moutier si sono accordate su un dispositivo ineditoCollegamento esterno. “È la prima volta in Svizzera che una votazione è accompagnata da così tante misure di sicurezza”, sottolinea Jean-Christophe Geiser, responsabile del dossier all’UFG.
La Confederazione invierà sul posto sette osservatori federali. Una misura adottata solo due volte nella storia della democrazia svizzera e sempre in relazione con la Questione giurassiana: in occasione delle votazioni negli anni Settanta e di quella del 2013.
Gli osservatori, giuristi all’UFG, saranno presenti nei locali di voto e durante lo spoglio delle schede. “In caso di problemi non potranno reagire direttamente. Dovranno delegare all’autorità competente”, precisa Jean-Christophe Geiser.
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Il loro mandato sarà però più ampio rispetto al passato. Saranno anche incaricati di sensibilizzare i responsabili delle case per anziani, per evitare abusi. Dal canto loro, gli impiegati della Posta dovranno prestare maggiore attenzione quando lasciano il materiale di voto nelle caselle postali, per evitare che venga recuperato da altre persone.
Voto per corrispondenza sotto sigillo
Per garantire un trattamento irreprensibile del materiale di voto, le schede inviate per corrispondenza saranno indirizzate direttamente all’UFG, conservate in urne sigillate a Berna prima di essere trasportate a Moutier la domenica dello spoglio.
All’inizio le autorità comunali volevano perfino sopprimere il voto per corrispondenza. Una misura che la legge però non permette. Simili restrizioni possono infatti essere prese in considerazione solo in caso di difficoltà del servizio postale, di tentativo di manipolazione o di disturbo all’ordine pubblico.
La cancelleria del canton Berna sorveglierà inoltre le fluttuazioni mensili del registro degli elettori per evitare il turismo elettorale. “Per il momento non abbiamo constatato nulla di anormale. Lo scorso anno, abbiamo perfino perso 30 abitanti”, racconta il sindaco di Moutier Marcel Winistoerfer.
“Non siamo in Zimbabwe”
Il sindaco di Moutier riconosce che, dall’esterno, le misure adottate possono sembrare sproporzionate per un voto comunale. “Non siamo in Zimbabwe. Siamo e restiamo a Moutier”, aveva commentato in un’intervista alla Radiotelevisione svizzera di lingua francese (RTS).
Ai suoi occhi, il dispositivo speciale non rimette in discussione l’affidabilità della sua amministrazione, ma permette di evitare possibili contestazioni del risultato dello scrutinio.
Anche nel campo degli anti separatisti, queste misure sono ben accolte. “Vogliamo un voto esemplare, trasparente, che non possa essere contestato”, indica Patrick Roethlisberger, portavoce di Moutier-PrévôtéCollegamento esterno, il comitato favorevole al mantenimento della città nel canton Berna.
Misure giustificate o sproporzionate?
Il responsabile del dossier giurassiano all’UFG sottolinea che l’esito del voto si annuncia particolarmente incerto e ciò giustifica l’adozione di un dispositivo di sicurezza senza precedenti. “Nel 2013 ci si aspettava che tutto il Giura bernese rifiutasse di prendere in considerazione un futuro comune con il canton Giura. Oggi nessuno è in grado di prevedere l’esito del voto a Moutier, che potrà dipendere da un paio di voti”.
Jean-Christophe Geiser precisa che non si tratta di una mancanza di fiducia nelle autorità della città. “Non bisogna sottovalutare la carica emotiva. Questo voto è l’apice di un processo per porre fine a uno dei più importanti conflitti politici della Svizzera dal dopoguerra”, ricorda il responsabile, ricordando che i risultati degli scrutini negli anni Settanta erano stati contestati.
La possibilità di prendere tali misure è, dal suo punto di vista, un “segnale positivo per la credibilità e la vitalità della democrazia svizzera”.
Scandalo
Nel 1984, scoppia il caso dei “fondi neri”. Si apprende che le autorità bernesi hanno sostenuto finanziariamente i movimenti anti separatisti, dal 1974. Denaro che ha forse influenzato l’esito degli scrutini. Scandalo. Dopo questo caso, i giurassiani del nord hanno tentato diverse vie giudiziarie per cercare di rimodellare e ingrandire la carta del loro cantone. Tentativi ai quali una decisione del Tribunale federale ha messo fine nel 1991.
Avremmo povuto spingerci oltre
Andreas Gross, ex deputato socialista ed esperto di democrazia diretta, ha partecipato ad oltre 90 missioni internazionali di osservazione elettorale in Europa. Egli ritiene che le misure prese a Moutier siano giustificate. “La storia ha mostrato che anche in Svizzera c’è spazio per le manipolazioni, se si pensa in particolare al caso dei fondi neri (vedi a fianco)”.
Per questo osservatore della Questione giurassiana, che vive a Saint-Ursanne (canton Giura), si sarebbe potuto precisare meglio il modo in cui saranno sensibilizzati gli impiegati della Posta e i responsabili delle case per anziani. Andreas Gross ritiene inoltre che si sarebbero potuti invitare come osservatori anche degli esperti dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). “Avrebbero osservato l’intero processo di voto e non avrebbero solo presenziato durante il week-end dello scrutinio”, osserva.
Per Andreas Gross, prevenire è meglio che curare. L’esperto di democrazia diretta sostiene che i cantoni dovrebbero organizzare ogni dieci anni delle valutazioni per assicurarsi del buon svolgimento degli scrutini nei comuni. “La fiducia dei cittadini è facile da perdere, ma difficile da riconquistare”.
In Svizzera, le votazioni a livello comunale non sono in principio messe sotto osservazione. Tuttavia, gli esperti dell’OSCE esaminano le elezioni federali. “Non esiste fiducia o democrazia nell’assoluto. Ci sono soltanto prove di fiducia e di democrazia. Portare queste prove, è il ruolo degli osservatori presenti a Moutier”, conclude dal canto suo Jean-Christophe Geiser.
1815: Dopo la caduta di Napoleone, il Congresso di Vienna attribuisce il principato vescovile di Basilea al canton Berna. Vi fanno parte sette distretti: Porrentruy, Delémont, les Franches-Montagnes, Moutier, Courtelary, La Neuveville et Laufen.
Dagli anni ’50: Aspirazioni separatiste si diffondono nelle regioni giurassiane del canton Berna.
1974: La maggioranza dei giurassiani accetta in votazione la creazione del canton Giura. Solo i distretti di Delémont, Porrentruy e delle Franches-Montagnes si esprimono però in favore della separazione. I distretti del sud si oppongono.
1978: Il popolo svizzero accetta con l’ 82,3% di sì la creazione del nuovo cantone, costituito dai distretti di Delémont, Porrentruy e delle Franches-Montagnes.
1979: Il Canton Giura diventa sovrano.
1994: Dopo nuove tensioni, viene creato un organo di riconciliazione, l’Assemblea intergiurassiana, per risolvere definitivamente il conflitto.
2012: Dando seguito alle proposte dell’Assemblea intergiurassiana, i Cantoni di Berna e Giura firmano una dichiarazione d’intenti, che prevede l’organizzazione di due votazioni popolari simultanee nel canton Giura e nel Giura bernese.
2013: I cittadini dei distretti giurassiani del canton Berna respingono la proposta di avviare un processo di riunificazione con il canton Giura.
Traduzione dal francese, Stefania Summermatter
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