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Nessuna assoluzione per gli ex dirigenti dell’UBS

Grübel, a sinistra, e Villiger hanno dovuto incassare una sonora sconfitta Keystone

Gli azionisti della banca svizzera, riuniti mercoledì in assemblea generale a Basilea, hanno rifiutato di accogliere la proposta del consiglio d'amministrazione di liberare dalle loro responsabilità i top manager dell'istituto per l'esercizio 2007. Accettato invece il discarico per il 2008 e 2009.

L’ex presidente del consiglio d’amministrazione Marcel Ospel e gli ex direttori generali Peter Wuffli e Marcel Rohner, per non citare che alcuni degli ex dirigenti dell’UBS, dovranno forse un giorno comparire davanti a un tribunale.

Contrariamente a quanto proposto dalla direzione e dal cda, gli azionisti hanno infatti respinto con il 52,75% dei voti il discarico per l’esercizio 2007. Contro gli ex vertici della banca potrebbe così essere avviata una causa civile. L’esito del voto è stato accolto dall’assemblea con un fragoroso applauso.

A votare contro il discarico sono stati molti piccoli azionisti, diverse casse pensioni e – a quanto sembra – anche degli investitori esteri.

Questa era l’unica opzione ancora possibile per tradurre davanti alla giustizia Ospel & Co., dopo che in febbraio la procura del canton Zurigo aveva rinunciato ad aprire un procedimento penale nei loro confronti. Per quanto concerne gli esercizi 2008 e 2009, gli azionisti hanno invece approvato a larga maggioranza il discarico degli amministratori.

Nessuna pietra sul passato

Aprendo l’assemblea, il presidente del cda Kaspar Villiger e il direttore generale Oswald Grübel hanno inutilmente esortato i 4’728 azionisti presenti (rappresentanti il 64,61% dei voti, un record) a votare il discarico.

“Vogliamo andare avanti e voltar pagina”, ha dichiarato Villiger. Concedere il discarico agli ex dirigenti per gli esercizi tra il 2007 e il 2009, “è la decisione giusta, sia dal punto di vista giuridico che in ottica della politica aziendale”, ha sottolineato, aggiungendo però di aver “sottostimato la reazione dell’opinione pubblica” di fronte a un simile provvedimento.

Diversi oratori succedutisi alla tribuna (si erano annunciate in tutto una sessantina di persone) hanno invece chiesto di non mettere una pietra sul passato. “Agli occhi di numerosi azionisti voi diventate complici delle azioni dei vostri predecessori”, ha ad esempio ammonito il direttore della Fondazione Ethos, Dominique Biedermann, sottolineando i gravi errori commessi dalla vecchia dirigenza, che hanno messo in pericolo la banca, la piazza finanziaria e l’intero paese.

Facendo eco alla problematica delle società “too big to fail” (troppo grandi per fallire), un’altra azionista ha invece denunciato l’immunità di cui godono alcuni dirigenti “too big to jail” (troppo grandi per finire in carcere).

Il cda prende atto, ma non cambia posizione

“Avete il dovere di prendere le distanze dalla passata dirigenza”, ha aggiunto Biedermann, chiedendo che sia la banca ad intentare una causa civile nei confronti degli ex manager per chiedere un risarcimento, poiché per un singolo azionista la via dei tribunali sarebbe troppo cara.

Una richiesta ribadita dopo il voto dalla fondazione che rappresenta circa 80 investitori, essenzialmente delle casse pensioni. “Il cda deve ora riconsiderare la sua decisione” di non citare in giudizio gli ex dirigenti, si legge nel comunicato diramato in serata.

La sconfitta della dirigenza è un fatto nuovo, quasi storico, poiché in passato le proposte del cda erano spesso accettate con maggioranze ‘bulgare’.

Kaspar Villiger, riconfermato alla presidenza col 96% dei voti, sembra però non voler per il momento fare dietrofront. Il risultato del voto non modifica la decisione del cda di rinunciare ad avviare delle cause a meno che intervengano fatti nuovi, ha in sostanza dichiarato, precisando che gli azionisti hanno ora cinque anni di tempo per intentare una procedura giudiziaria.

Villiger ha pure sottolineato che il cda non ha rinunciato a cuor leggero ad adire le vie legali, ma si è arreso davanti all’evidenza che questo tipo di cause non ha praticamente nessuna chance di successo.

Sì alla politica dei bonus

L’avviso di tempesta era già arrivato durante la discussione sull’altro punto sensibile all’ordine del giorno, ossia il rapporto sulle retribuzioni relativo all’esercizio 2009.

La politica dei bonus versati ai dirigenti è infatti stata approvata a stretta misura, con solo il 54,7% dei voti.

La consultazione non aveva carattere vincolante, ma il tema ha scatenato accese discussioni. A molti azionisti non è piaciuto il fatto che l’istituto abbia distribuito bonus per 3 miliardi, in un anno in cui ha subito una perdita netta di 2,74 miliardi. Molti oratori hanno criticato anche il nuovo sistema salariale.

Kaspar Villiger ha dal canto suo respinto le critiche relative ai bonus elevati, ricordando che la banca deve agire in un contesto di grande concorrenza.

swissinfo.ch e agenzie

L’UBS, che ha sede a Zurigo e Basilea, è la più grande banca svizzera e impiega circa 65’000 collaboratori.

Nel 2009 ha registrato una perdita di 2,7 miliardi di franchi e un deflusso netto di capitali pari a 147 miliardi. Il patrimonio in gestione ammonta ad oltre 2’200 miliardi di franchi.

È il terzo anno consecutivo che la banca chiude i propri conti con un disavanzo. Nel 2008 aveva accusato perdite record per oltre 20 miliardi di franchi, mentre nel 2007 l’eccedenza è stata di 4,4 miliardi.

L’ultimo anno positivo è stato il 2006, quando l’UBS aveva totalizzato un utile di 11,5 miliardi di franchi.

Particolarmente esposta sul mercato statunitense dei crediti a rischio (subprime), UBS è stata una delle banche più toccate dalla crisi finanziaria del 2008.

La Confederazione è intervenuta aiutando UBS con un credito di 6 miliardi e con un piano per liberare la banca dai cosiddetti fondi tossici.

UBS è stata messa sotto pressione anche dal fisco USA che ha minacciato gravi ritorsioni contro la banca, accusata di aiutare cittadini statunitensi ad evadere le tasse.

Gli USA hanno richiesto i dati dei clienti UBS sospettati di evasione fiscale. Nel febbraio 2009, le autorità elvetiche hanno autorizzato la banca a consegnare i nomi di 255 clienti.

Ad agosto, Svizzera e Stati Uniti raggiungono un accordo sulla vertenza UBS. Gli USA abbandonano la richiesta di ottenere i nomi di 52’000 titolari di conti. La Confederazione s’impegna a trattare entro un anno una domanda di assistenza amministrativa che riguarda circa 4’450 conti.

Entrambe le decisioni sono state giudicate illegali dal Tribunale amministrativo federale.

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