“Non voglio sacrificare la prosperità della Svizzera solo per avere la coscienza più pulita”
La nuova legge sul clima costerà alla Svizzera una cifra esorbitante e non avrà alcun effetto a livello globale, afferma Michael Graber, deputato dell'Unione democratica di centro. Intervista.
Il 18 giugno, l’elettorato svizzero voterà sulla Legge federale sugli obiettivi in materia di protezione del clima, l’innovazione e il rafforzamento della sicurezza energetica (legge sul clima). Questa controproposta alla cosiddetta “Iniziativa sui ghiacciai” prevede che la Svizzera azzeri le sue emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050. Lo scopo è di accelerare la transizione verso le energie rinnovabili e di rendere il Paese meno dipendente dalle importazioni di energia.
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Michael Graber, esponente dell’Unione democratica di centro (UDC, destra sovranista) nella Camera del popolo (Consiglio nazionale), è copresidente del comitato che ha lanciato con successo un referendum contro la nuova legge.
QuiCollegamento esterno il link verso la nuova legge sul clima
Le spiegazioniCollegamento esterno sulla legge sul clima sul sito dell’Ufficio federale dell’ambiente
SitoCollegamento esterno del comitato contrario alla nuova legge sul clima
SitoCollegamento esterno del comitato favorevole alla nuova legge sul clima
SWI swissinfo.ch: La Svizzera è particolarmente colpita dai cambiamenti climatici e le temperature aumentano a una velocità doppia rispetto alla media globale. Perché opporsi a una legge che prevede la rinuncia ai combustibili e ai carburanti fossili, tra le cause del riscaldamento climatico?
Michael Graber: Innanzitutto va rammentato che la legge è un controprogetto all’Iniziativa sui ghiacciai, la quale è stata promossa da persone della cerchia ambientalista che hanno una visione estremista in materia di clima e ambiente. Non è il frutto di un consenso diffuso nella società.
“Non ho nulla contro le rinnovabili, ma non basteranno per sostituire le energie fossili.”
Il cambiamento climatico esiste ed è influenzato anche dall’essere umano. Tuttavia, la nuova legge sul clima non inciderà affatto sul riscaldamento globale dato che la Svizzera è responsabile solo dello 0,1% delle emissioni di CO2 nel mondo. La Cina, ad esempio, emette in mezza giornata quello che la Svizzera emette in un anno. Mi chiedo quale sia l’utilità di avere una legge che ci farà spendere molti soldi, ma che non avrà praticamente alcun effetto a livello globale.
Se vogliamo rinunciare alle energie fossili bisognerà sostituire la benzina e il gasolio con l’elettricità. Già oggi, però, non ce n’è abbastanza e la Confederazione ha lanciato una campagna per ridurre il consumo elettrico.
La Svizzera spende in media 8 miliardi di franchi all’anno per importare vettori energetici fossili, spesso da Paesi discutibili quali la Libia. Perché non utilizzare questo denaro in altri modi, ad esempio per promuovere le energie rinnovabili?
In primo luogo, si tratta semplicemente di commercio: importare o esportare è qualcosa di assolutamente normale. Secondariamente, ci sono numerosi Paesi, anche molto democratici, da cui possiamo acquistare prodotti petroliferi. Penso ad esempio agli Stati Uniti.
Non ho nulla contro le rinnovabili, ma non basteranno per sostituire le energie fossili. Non riusciremo a produrre l’elettricità necessaria nei momenti del bisogno. In inverno e di notte il sole non splende. È un’illusione pensare che potremmo operare la svolta così facilmente.
Il suo partito si batte per l’indipendenza e la tutela del modello svizzero di democrazia diretta. Ma importando grandi quantità di gas e di petrolio non rischiamo di essere dipendenti da Paesi autoritari che spesso hanno scarsa considerazione per i diritti umani?
Per il gas siamo in parte dipendenti dalla Russia, è innegabile, e la situazione si è complicata a causa delle sanzioni adottate nei confronti di Mosca. Ma il problema sussisteva già prima della guerra. La causa della nostra dipendenza risiede nella Strategia energetica 2050 della Confederazione, la quale prevede l’abbandono graduale dell’energia nucleare e la produzione di una parte dell’elettricità tramite le centrali a gas.
L’unica fonte per la quale siamo energeticamente indipendenti è l’idroelettrico. Per il nucleare potremmo ridurre la nostra dipendenza da Paesi autoritari, ad esempio acquistando l’uranio dal Canada. Se invece dovessimo puntare sul solare, dovremmo rivolgerci al principale produttore, cioè la Cina, un Paese non proprio famoso per la sua democrazia.
Quale sarà l’effetto della legge sul clima sull’indipendenza energetica della Svizzera?
La legge non dice nulla sull’indipendenza energetica. È molto perfida sotto questo aspetto perché definisce solo degli obiettivi, senza però dire come potremo raggiungerli. L’unica cosa che sappiamo è che il raggiungimento di tali obiettivi con la tecnologia di cui disponiamo avrà un costo esorbitante.
Secondo uno studio del gruppo di consulenza strategica Boston Consulting, si dovranno investire quasi 400 miliardi di franchi affinché la Svizzera raggiunga la neutralità climatica entro il 2050. E stando a uno studio del Politecnico federale di Losanna, i costi dell’energia per abitante potrebbero aumentare dagli attuali 3’000 a 9’600 franchi all’anno.
Più di 130 Paesi al mondo, tra cui l’UE e gli Stati Uniti, hanno annunciato l’intenzione di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 o il 2060. Perché la Svizzera non dovrebbe fare lo stesso, sapendo che un livello di emissioni nette pari a zero è essenziale per raggiungere gli obiettivi climatici concordati a livello internazionale?
L’Accordo di Parigi sul clima, che non è mai stato sottoposto a votazione popolare, non parla di neutralità climatica. Prevede soltanto che l’aumento della temperatura media globale entro il 2100 debba essere mantenuto al di sotto dei 2 gradi centigradi.
Le tecniche attuali vanno migliorate e le emissioni ridotte, è ovvio. Non capisco però per quale motivo la Svizzera debba essere il primo Paese a inserire la neutralità climatica in una legge, col rischio che in futuro seguiranno altre leggi contenenti dei divieti, magari sul consumo di carne. Lo ripeto: le legge è un controprogetto a un’iniziativa popolare, non un obbligo internazionale.
Se si considerano anche le emissioni legate alle importazioni, gli investimenti della piazza finanziaria nelle energie fossili e l’impatto climatico delle aziende internazionali che hanno sede sul suo territorio, la Svizzera rientra nella categoria dei “pesi massimi” insieme a Paesi quali il Giappone o il Brasile, secondo uno studioCollegamento esterno della società di consulenza McKinsey. È giustificato non fare nulla?
Le emissioni indirette della Svizzera sono elevate perché siamo un Paese con legami ovunque nel mondo, tramite il nostro settore finanziario e bancario. L’alternativa sarebbe di diventare come un Paese del Terzo Mondo che genera delle emissioni dirette, ma nessuna emissione indiretta. Ma è davvero questo che vogliamo? Non voglio sacrificare la prosperità del Paese solo per avere la coscienza più pulita.
La Svizzera ha già fatto molto su base volontaria. Dagli anni Novanta abbiamo ridotto le emissioni di CO2 pro capite di oltre il 30%. Tuttavia, l’intera discussione sul clima, l’Accordo di Parigi, gli obiettivi climatici eccetera riguardano il Paese e non il singolo individuo. L’anno scorso la popolazione svizzera è aumentata di 200’000 persone, considerando anche il settore dell’asilo. Mi chiedo cosa serva ridurre le emissioni pro capite quando poi la popolazione aumenta così tanto.
Bisogna fare una politica realistica, con più tranquillità, senza farsi prendere dall’isteria climatica, come sta succedendo ora.
Il popolo svizzero ha deciso l’abbandono graduale dell’atomo. Ma molte voci, sia all’estero che in Svizzera, sostengono che l’energia nucleare, in quanto fonte di elettricità che emette poche o zero emissioni, non può essere trascurata nella lotta contro il riscaldamento globale. Il nucleare ha ancora un ruolo da svolgere nella crisi climatica?
Se vogliamo produrre elettricità a sufficienza senza generare emissioni di CO2 e al contempo mantenere una certa indipendenza energetica, il nucleare è senz’altro un’opzione da considerare.
Jacqueline de Quattro, consigliera nazionale del Partito liberale radicale, ci spiega perché è favorevole alla nuova legge sul clima:
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