“I GAFAM vogliono privarci delle nostra competenza”
Varie iniziative mirano a fare di Ginevra un centro di regolamentazione del cyberspazio e della transizione digitale dell'economia. Due approcci sono in contrasto tra loro: uno che cerca di attribuire agli Stati strumenti vincolanti e l'altro di impedire l'adozione di tali misure. L'esperta dell'Università di Losanna Solange Ghernaouti fa luce sulle dinamiche in atto.
All’inizio degli anni 2000 gli Stati partecipanti al Vertice mondiale sulla società dell’informazione avevano lanciato a Ginevra un primo tentativo per regolamentare Internet e il cyberspazio. Oggi, sempre nella città sul Lemano, sono in corso diverse iniziative in tale ambito, dominate dai pesi massimi dell’economia digitale, a cominciare da Microsoft. Ginevra è stata scelta da Facebook per gestire il suo contestato progetto di criptovaluta Libra.
Per avere un quadro più chiaro, abbiamo incontrato Solange GhernaoutiCollegamento esterno, professoressa e direttrice dello Swiss Cybersecurity Advisory & Research Group dell’Università di Losanna (UNIL) ed esperta internazionale di sicurezza e difesa informatica.
swissinfo.ch: Il progetto di criptovaluta lanciato da Facebook e gestito da Ginevra costituisce uno sconvolgimento eccessivo, viste le reazioni negative degli Stati nei suoi confronti?
Solange Ghernaouti: All’inizio, l’informatica era volta ad automatizzare i calcoli e a sviluppare la tecnologia digitale per migliorare le prestazioni economiche. Dagli anni 2000, le piattaforme a vocazione egemonica si sono affermate come intermediari essenziali per tutte le attività. Ciò ha un impatto sul modo in cui operano le organizzazioni e gli Stati.
Se tali piattaforme sono interessate al denaro – strumento di sovranità statale – è perché conoscono i clienti meglio delle banche. Non hanno più bisogno di intermediari finanziari dato che le transazioni commerciali sono flussi informativi e che padroneggiano i processi di dematerializzazione e le infrastrutture digitali.
Tuttavia, il progetto di critptovaluta Libra presentato come un’iniziativa quasi umanitaria che consente alle regioni povere di accedere ai servizi finanziari. Non è così?
Dobbiamo vedere la realtà delle aziende commerciali che vogliono mettere in contatto le persone in tutto il mondo e decifrare i loro discorsi pseudo-umanisti e persino evangelisti in termini di benefici diretti e indiretti e del potere che acquisiscono grazie alle loro strategie. Questi fornitori di servizi creano nuove esigenze, impongono nuovi comportamenti agli utenti. Non abbiamo compreso appieno il potere di trasformazione, di sconvolgimento e di coercizione di queste piattaforme.
Nei primi tempi di Internet, l’informatizzazione delle attività era un complemento ai servizi esistenti. D’ora in poi, la transizione digitale è sinonimo di sostituzione.
Qual è la loro ambizione?
Il desiderio egemonico di controllare tutti gli usi, i contenuti, i flussi e i trattamenti con servizi indispensabili, per rendere gli utenti dipendenti e prigionieri, segue una logica di potere economico. Questo vale per tutti i giganti digitali, dagli americani GAFAM (Google, Amazon, Apple, Facebook, Microsoft), ai NATU (Netflix, Airb&B, Telsa, Uber) fino ai o cinesi Baidu, Alibaba, Tencent, Xiaomi.
Questi attori, che giustificano le loro azioni con la concorrenza che devono affrontare, cercano in realtà di creare situazioni di monopolio o di oligopolio che consentano loro di dominare i mercati per ottenere rendimenti confortevoli. Nel caso dei pagamenti, è molto interessante la possibilità di riscuotere anche piccole commissioni sui pagamenti di miliardi di individui.
Il progetto Libra coinvolge anche giganti del pagamento internazionale “classico”, anche se alcuni si sono distanziati, apparentemente sotto la pressione di alcuni politici americani.
Fino a che punto può arrivare l’influsso di queste piattaforme? Stanno cambiando la definizione stessa di lavoro?
L’automazione è portata all’estremo. I compiti che richiedono un ragionamento vengono sempre più spesso assegnati al software. L’industria dei servizi è preoccupata per la sostituzione del lavoro umano con quello informatico.
Tutti gli individui, professionisti e non, contribuiscono ad essere spogliati di ciò che sono e di ciò che conoscono, fornendo dati che vengono utilizzati per imparare algoritmi di intelligenza artificiale. È un trasferimento di competenze dall’uomo alla macchina. La connessione permanente e la dipendenza da servizi che ci impediscono di pensare e fare rischiano di farci perdere le nostre competenze e dà potere alle macchine e alle entità che le implementano.
L’opposizione tra una tecnologia cinese totalitaria e una tecnologia americana che rispetta le libertà individuali è illusoria?
La tirannia delle piattaforme si esprime, ad esempio, quando i lavoratori Uber non sono riconosciuti come dipendenti protetti dalla legge e dalla relativa protezione sociale o quando i loro utenti sono considerati come materia prima per l’estrazione dei dati e trattati come lavoratori non retribuiti. Queste piattaforme e i loro usi distruggono tutto il tessuto sociale che abbiamo lottato per costruire per secoli e destabilizzano il nostro potere economico e politico.
C’è un’asimmetria tra le multinazionali digitali di cui non sappiamo quasi nulla e i loro utenti (organizzazioni pubbliche e private, individui, compresi i leader politici ed economici) di cui sanno tutto.
Come siamo arrivati qui?
Facebook è iniziato con un gruppo di studenti americani a scopo di intrattenimento. Siamo stati ingenui nel sottometterci alle regole del gioco che ci sono state imposte unilateralmente e ciechi nella convinzione che siano state imposte per il nostro bene.
C’è un’asimmetria tra le multinazionali digitali di cui non sappiamo quasi nulla e i loro utenti (organizzazioni pubbliche e private, individui, compresi i leader politici ed economici) di cui sanno tutto. Si oppongono a qualsiasi regolamentazione statale e internazionale, preferendo la finzione dell’autoregolamentazione.
Come fanno per ingannare governi e singoli individui?
Per fare questo, comunicano intensamente sulla loro natura essenziale e sul loro ruolo sociale e filantropico. Con l’appropriazione del discorso umanitario e la naturale evoluzione delle tecnoscienze, confiscano la capacità di sfidare le loro azioni e possono imporre le regole che vogliono.
Dobbiamo interrogarci sull’impatto a lungo termine di questa dinamica e sulla nostra sottomissione volontaria.
Microsoft sembra svolgere un ruolo centrale a Ginevra. L’impresa americana è coinvolta in numerosi progetti lanciati in questa città, sede di importanti organizzazioni internazionali. Come interpreta questo attivismo?
Utilizzando il vocabolario e le immagini associate alla Croce Rossa e alle Nazioni Unite, Microsoft si sta presentando attraverso varie iniziative come attore chiave nella stabilità di Internet e si sta posizionando a al livello degli Stati per discutere di questioni di regolamentazione del cyberspazio. Questa impresa promuove l’instaurazione di pratiche etiche, la digitalizzazione al servizio dell’umanità, offrendo aiuto alle vittime di attacchi informatici e assistenza alle indagini.
L’azienda si è impegnata prima di altri nel campo della diplomazia, per sviluppare una “etica digitale universale” non vincolante.
Non è una buona iniziativa?
Da un lato possiamo accogliere con favore l’impegno del settore privato per cercare di risolvere i problemi, di cui è in parte responsabile. Dall’altro possiamo chiederci se questi approcci possano contribuire a rallentare un vero dialogo internazionale multilaterale e a evitare l’emergere di una regolamentazione vincolante, a vantaggio sia degli utenti che degli Stati. Si teme davvero che le regole del gioco nell’economia digitale e dei meccanismi di sorveglianza siano stabiliti dai giocatori più forti.
Microsoft, ma anche Facebook con la sua criptovaluta, o Alibaba con i suoi sforzi per promuovere il commercio internazionale presso l’OMC, sono riusciti a utilizzare con successo l’immagine di marca della Svizzera e della Ginevra internazionale, con la benedizione delle autorità governative svizzere, in un approccio che è soprattutto una questione di marketing e interesse proprio.
Traduzione di Armando Mombelli
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