Dimissioni del direttore dell’OMC, colpo d’avvertimento al multilateralismo
L'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) ha annunciato i nomi delle due persone rimaste in lizza per diventarne leader. Per la prima volta, sono entrambe donne e chi di esse succederà al brasiliano Roberto Azevedo non avrà un compito semplice.
Azevedo ha lasciato la funzione in modo inaspettato prima della fine del suo mandato. Perché? A quali pressioni è sottoposto questo ruolo?
In corsa per guidare l’OMC ci sono la ministra del commercio sudcoreano Yoo Myung-hee e l’ex ministra delle finanze nigeriane Ngozi Okonjo-Iweala. Quale delle due avrà la meglio, lo si scoprirà nelle prossime settimane.
Uno sguardo a quanto fatto da Azevedo e quali ragioni hanno condotto alle sue dimissioni può fornire qualche indicazione su cosa attende chi lo sostituirà.
Ufficialmente, il brasiliano ha dichiarato che il gesto era un modo per salvaguardare il sistema, già gravemente indebolito. Anticipando la scelta di un nuovo direttore, avrebbe evitato che l’elezione del nuovo capo coincida con la Conferenza ministeriale dell’OMC prevista nel 2021, contaminandola.
Ma, per mesi, a Ginevra si è svolta un’intensa battaglia di narrative sulle ragioni e il destino di uno dei più importanti diplomatici della sua generazione. Alcuni scommettevano che si sarebbe buttato in politica in patria, in Brasile. Altri sostenevano che fosse sotto pressione da parte dell’amministrazione statunitense. Un terzo gruppo ancora riteneva che la sua decisione fosse legata al futuro della moglie, l’ambasciatrice brasiliana Maria Nazareth Farani Azevedo.
Il 1° settembre, il mistero della sua partenza dall’OMC è stato in parte chiarito. Azevedo avrebbe assunto la funzione di vicepresidente della PepsiCo, negli Stati Uniti. L’annuncio ha colto quasi tutti di sorpresa, soprattutto perché rappresenta il suo abbandono del servizio pubblico.
Una carriera in salita
Nel 2013, Azevedo diventa il primo brasiliano a guidare un’organizzazione internazionale delle dimensioni dell’OMC. Una volta in carica, dà prove concrete delle sue qualità. L’OMC in quel momento è al centro della sua peggiore crisi; discreditata dagli esperti, marginalizzata dai governi e ignorata perfino dai manifestanti che non si danno neanche più la pena di protestare davanti alla sua sede.
La missione di Azevedo è quella di riottenere una certa credibilità e la sua strategia è chiara: abbandonare l’idea di concludere immediatamente il Ciclo di Doha, lanciato nel 2001 e dimostratosi troppo ambizioso in un periodo di crisi internazionale.
Abbassa dunque l’asticella, sceglie un capitolo relativamente semplice all’interno dei negoziati – la facilitazione del commercio – e decide che il suo obiettivo è quello di salvare l’OMC, non lo stesso Ciclo.
I governi presenti alla Conferenza ministeriale di Bali alla fine del 2013 hanno la missione di lasciare l’isola con almeno un accordo. Azevedo fa in modo di mediare e passa le notti in bianco per cercare soluzioni e sormontare gli ostacoli, soprattutto quelli tra Stati Uniti e India. Alla fine, l’OMC annuncia il suo primo accordo commerciale in 20 anni e Azevedo dichiara che l’organizzazione è ancora viva. O almeno così spera.
Secondo mandato e Trump
Nel 2017, i progressi fatti da Azevedo gli permettono di ottenere un secondo mandato. Ma dopo qualche anno dal suo ufficio con vista sul lago Lemano, il direttore generale sperimenta una crisi senza precedenti in seno all’Organizzazione. Il parziale accordo di Bali non fornisce il necessario stimolo a negoziare che molti si aspettavano. Il ciclo di Doha ha sempre meno consensi e non c’è garanzia che la stessa organizzazione resista. In più, le voci insoddisfatte del suo atteggiamento, percepito come troppo filoamericano, si fanno più forti.
Se la rielezione di Azevedo non è sorprendente, gli anni seguenti sono segnati da una sfida inedita per la sopravvivenza dell’OMC. Il nuovo mandato comincia nel momento in cui il governo statunitense di Donald Trump valuta la possibilità di adottare dei meccanismi per imporre sanzioni contro i partner commerciali senza chiedere il permesso dell’OMC o consultarla.
La posizione statunitense preoccupa i negoziatori a Ginevra. Durante la campagna presidenziale, Trump aveva anche detto che l’OMC “è un disastro”.
Azevedo sa che una decisione di Trump contro l’OMC rappresenterebbe la fine dell’Organizzazione e un colpo senza precedenti al multilateralismo.
Invece di criticare, l’esperto negoziatore si concentra nel rafforzare il ruolo del sistema internazionale. Secondo lui, le strutture esistenti sono costruite come “risposte dirette alle lezioni sanguinose della Storia”, in riferimento al Secondo dopoguerra. “Rappresentano il miglior sforzo nel mondo per assicurarsi che gli errori del passato non si ripetano”, mette in guardia.
Smantellato
Il governo statunitense adotta però una strategia diversa. La Casa Bianca non abbandona l’OMC ma l’attacca dall’interno. Dal 2017, Washington mette il veto alle nomine dei giudici dell’organo di appello (Appelate Body), una sorta di corte suprema per il commercio.
Il risultato è il suo smantellamento nel 2019 e l’inizio di un’era di “legge della giungla”. Le regole continuano a esistere ma non c’è modo di punire gli Stati Uniti qualora le violino.
Minando il fiore all’occhiello del sistema internazionale, il governo statunitense obbliga l’OMC a una profonda riforma.
Senza possibilità di prevenire lo smantellamento delle corti, Azevedo cerca di trovare il modo di rassicurare gli Stati Uniti sul fatto che una riforma è possibile all’OMC. Ma la sua stanchezza è evidente, così come la sua inabilità a trovare soluzioni concrete di fronte a governi che semplicemente non vogliono negoziare.
Pressioni per le dimissioni?
Quando alla fine se ne va, Azevedo garantisce che la decisione è presa per il bene dell’OMC e la sua sopravvivenza.
Ma le voci non si placano con la sua partenza da Ginevra. Settimane dopo che il direttore generale ha abbandonato la sua funzione, il libro “Rage” di Bob Woodward, rivela che Trump avrebbe esercitato pressioni su di lui e l’avrebbe addirittura minacciato qualora non avesse dato retta ai suoi ordini. Azevedo nega.
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