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Perché gli orologi svizzeri devono diventare più “verdi”

Componenti
Componenti di orologi in attesa di essere smistate, frantumate e riciclate. swissinfo.ch/Céline Stegmüller

Anche se sostengono  di vendere prodotti eterni, i marchi orologieri svizzeri hanno  iniziato a riflettere sull'impatto ambientale della loro industria. Secondo il giovane economista tedesco Robert Schacherbauer, è necessario che la sostenibilità s'imponga come elemento imprescindibile del marchio Swiss Made. Intervista.

Robert Schacherbauer (22 anni) è uno studente di economia all’Università Zeppelin di Friedrichshafen, sulle rive del lago di Costanza. Schacherbauer  ha dedicato la sua tesi di bachelor al tema della sostenibilità nell’industria orologiera svizzera. Durante gli otto mesi di ricerca, si è recato spesso nella Confederazione, incontrando specialisti e specialiste del settore.

La conclusione a cui è giunto è chiara: l’industria orologiera ha ancora molta strada da fare per migliorare la trasparenza e la tracciabilità dei suoi prodotti. Per convincere le nuove generazioni di consumatrici e consumatori, inclini a fare acquisti responsabili e rispettosi dell’ambiente, il settore deve ripensare da cima a fondo il suo modello di creazione di valore, sostiene il giovane ricercatore.

Persona
Robert Schacherbauer è uno studente tedesco che si interessa al tema della sostenibilità nel settore del lusso e del design. Copyright 2021 Nicolas Buehringer N.buehringer@gmail.com

SWI swissinfo.ch: Gli orologi di lusso sono fatti per durare. Perché chi li produce dovrebbe preoccuparsi della sostenibilità?

Robert Schacherbauer: È vero che ci sono aspetti che rendono un orologio di lusso intrinsecamente sostenibile: non è alimentato da combustibili fossili, può essere indossato da più generazioni di individui e ottiene l’energia di cui necessita tramite una semplice rotazione della corona o il movimento del polso.

Tuttavia, bisogna chiedersi se l’industria faccia abbastanza. L’impronta ecologica concreta della produzione di un orologio è ancora sconosciuta e spesso ignoriamo l’origine delle materie prime utilizzate. Le aspettative delle consumatrici e dei consumatori odierni e la pressione esercitata dagli obblighi di contrastare il cambiamento climatico sono un’occasione per ripensare lo status quo del settore.

Perché i grandi marchi non danno maggior risalto alla lotta contro i cambiamenti climatici e alla protezione dell’ambiente nelle loro pubblicità?

L’industria degli orologi di lusso è costruita attorno alla promessa di viaggi internazionali, sport esclusivi e valori edonistici. Proteggere l’ambiente e utilizzare materie prime riciclate non è – per semplificare – di moda nel settore.

Notiamo comunque che l’industria sta lentamente riorientando la strategia imprenditoriale verso un approccio più sostenibile. Questo vale anche per la comunicazione sul tema, che sta muovendo ora i primi passi. È uno degli inconvenienti dell’industria del lusso: è lenta nell’adattarsi alle nuove tendenze poiché si fonda su vecchi fattori di successo.

Personalmente, credo che il futuro di questo settore stia nella conciliazione di lusso e sostenibilità e nella ridefinizione stessa delle nozioni di lusso e patrimonio. Secondo le proiezioni, le persone nate dopo il 2000 rappresenteranno il 70% del potenziale mercato mondiale dei prodotti personali di lusso entro il 2025. Con l’arrivo della Generazione Z, il settore deve rimettersi profondamente in questione.

Alla fine del 2008, il WWF ha pubblicato un rapporto devastante per l’orologeria svizzera nel quale affermava che “la maggior parte delle aziende non sembrano preoccuparsi dell’ambiente e non sono trasparenti”. La situazione è cambiata da allora?

È cambiata negli ultimi quattro anni, ma non posso dire se sia stata una conseguenza di questo rapporto. Il comportamento di consumatori e consumatrici e delle persone responsabili dell’industria orologiera si è evoluto in modo considerevole. Recentemente, alcuni marchi hanno fatto grandi sforzi per integrare la sostenibilità ambientale nei loro prodotti, anche se resta difficile modificare dei circuiti industriali ben collaudati.

In quali ambiti l’industria orologiera deve migliorare?

Gli ambiti più critici riguardano l’approvvigionamento di materie prime – in particolare i metalli preziosi – e la trasparenza della filiera. L’impegno in questi campi è cruciale poiché molte case di produzione non sono in grado – o non vogliono – fornire informazioni in proposito.

Alcune di loro non tracciano l’origine delle materie prime che utilizzano e concedono una fiducia cieca ai fornitori affinché lavorino secondo i principi di sostenibilità del marchio. In generale, il settore manca di trasparenza. Opera in un ambiente caratterizzato dal segreto e cerca di preservare un vantaggio concorrenziale non svelando il nome di partner e fornitori.

Secondo uno studio del 2021 della società di revisione contabile Deloitte dedicato all’industria orologiera svizzera, il 72% dei marchi investe in soluzioni sostenibili per ridurre l’impronta ecologica e rispondere alle richieste di consumatori e consumatrici. Si tratta in parte di “greenwashing”?

Il “greenwashing” [ecologismo di facciata, ndt] è un problema in questa come in diverse altre industrie. Nel settore orologiero il fenomeno sembra talvolta inconscio. I marchi spesso non conoscono l’impatto reale delle loro iniziative. Ciò si manifesta anche a causa del fatto che è impossibile valutare l’impatto ambientale di un orologio meccanico.

Al momento, la maggior parte delle iniziative si concentra sulla produzione di cinturini per orologi da polso in materiale riciclato. L’idea di riciclare i rifiuti è buona, in linea di principio. Tuttavia, se il costo ambientale del riciclo è superiore a quello della produzione di un cinturino in tessuto, il marchio dovrebbe chiedersi se davvero ne valga la pena.

Molte start-up, più agili delle grandi marche, propongono orologi e processi innovativi destinati a ridurre l’impatto ambientale. Possono fungere da catalizzatore per il resto dell’industria?

L’ecosistema delle start-up orologiere è in pieno sviluppo. Queste nuove entità si lanciano nell’economia circolare e sviluppano coscientemente una proposta di valori attorno alla sostenibilità. Devono però ancora dimostrare che questa strada darà frutti sul lungo periodo, in termini di vantaggio concorrenziale e di commercializzazione a un determinato livello. I primi prodotti sviluppati da queste start-up mostrano che orientarsi verso una produzione sostenibile ha effetti positivi sulla riduzione dei costi e migliora l’efficienza. È un buon segno per la fattibilità futura di questo tipo di approccio.

Alla fine della sua ricerca, lancia un appello per un adattamento del marchio Swiss Made. Per quale ragione?

Circa il 95% di tutti gli orologi di lusso venduti nel mondo è etichettato “Swiss Made”. In un’epoca in cui la funzione di segnare l’ora è stata rimpiazzata dallo smartphone, la qualità tecnica non è più un criterio essenziale.

Oggi, il marchio Swiss Made è soprattutto destinato alla percezione di chi consuma. L’industria ha la possibilità di ridefinire il concetto di questa etichetta e di arricchirlo con criteri di sostenibilità. Integrare le esigenze di sostenibilità nella legge risolverebbe il problema della carenza di azioni politiche volte alla creazione di valori e al tracciamento dell’origine dei materiali.

Cosa propone, in concreto?

Esistono già proposte sul modo in cui la sostenibilità potrebbe essere integrata nel marchio Swiss Made: invece di esigere che il 60% del valore aggiunto di un orologio sia realizzato in Svizzera, la produzione dovrebbe essere, ad esempio, limitata all’Europa per sostenere la rilocalizzazione e limitare il consumo e lo spreco di risorse.

L’origine e le procedure di estrazione delle materie prime devono essere tracciabili e la trasparenza deve essere un’esigenza lungo tutta la filiera. Un’altra opzione potrebbe essere l’introduzione di norme per una produzione a zero emissioni, con l’installazione di pannelli solari sui tetti delle fabbriche oppure riciclando il calore generato dalla fabbricazione degli orologi.

Traduzione: Zeno Zoccatelli

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