Perché in Svizzera si è meno fedeli all’azienda per cui si lavora
Sempre più persone attive in età lavorativa vogliono cambiare impiego in Svizzera. Come molti altri Paesi, la Confederazione è confrontata con una carenza di manodopera senza precedenti e le persone salariate – in particolare le più giovani – approfittano della loro posizione di forza nei confronti delle aziende.
Élodie* è sulla trentina. Nei sette primi anni di carriera, la specialista in risorse umane ha cambiato datore di lavoro quattro volte. Bisogna dedurre che Élodie è incostante? No, come dimostra il fatto che, da sei anni, si realizza pienamente in seno alla grande azienda svizzera di informatica che l’ha assunta nel 2017.
“Qui, godo di reali opportunità di evoluzione professionale e l’attenzione data alla persona è centrale”, sottolinea. “Oggi, occupo una posizione più qualificata di quella che avevo quando sono arrivata. Inoltre, l’offerta di formazione e la cultura d’impresa sono davvero al passo coi tempi”.
La ragione che ha spinto Élodie a cambiare così tante volte impiego in precedenza era sempre la stessa: problemi di management. “Nel mio secondo lavoro, la direzione faceva dei bei discorsi che non metteva in pratica”, racconta. “Non c’era rispetto nei confronti degli impiegati e delle impiegate. Nel lavoro seguente, la direzione era della vecchia scuola. Le mie competenze e il potenziale che rappresentavo per la società non interessavano ai e alle superiori. Ero relegata a mansioni amministrative”.
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Il percorso di Élodie illustra una tendenza molto concreta del mercato del lavoro. Secondo un sondaggio della società di audit PwC realizzato nel maggio del 2022, il 20% delle persone salariate in Svizzera avevano intenzione di cercare un nuovo impiego l’anno seguente. L’Ufficio federale di statistica (UST) indica che tra il 2016 e il 2021 la mobilità professionale è leggermente cresciuta in Svizzera, in primo luogo per la generazione nata dopo il 1990. In totale, il 12,4% delle persone attive occupate hanno cambiato lavoro nel 2021, contro il 12% del 2016.
Circa un quinto delle persone tra i 15 e i 24 anni (21,6%) e tra i 25-39 anni (17,7%) hanno cambiato lavoro nel 2021, una proporzione che scende al 5% per coloro di un’età compresa tra i 55 e i 64 anni. Si tratta di una tendenza che si ritrova anche in altri Paesi europei, anche se non esiste una statistica internazionale che permetta un confronto preciso.
Attirare anziché selezionare
Questa voglia di mobilità professionale va messa in relazione alla situazione di pieno impiego osservata negli ultimi anni e al tasso di disoccupazione ai minimi livelli. Secondo i dati dell’UST, i posti vacanti alla fine del terzo trimestre 2022 erano 125’000. Una penuria di manodopera senza precedenti che modifica gli equilibri di forza tra imprese e personale.
Chi è responsabile dell’assunzione non deve più selezionare, ma attirare le persone. Per queste ultime non è mai stato così facile trovare impiego. Questo vale soprattutto per i e le giovani. Assumere diventa una sfida e non solo nei settori più colpiti dalla penuria, come l’informatica e la sanità.
Il collège Champittet, scuola privata del Canton Vaud, impiega quasi 250 persone e attualmente conta una ventina di posti vacanti. “Per insegnanti, educatori e educatrici per la prima infanzia e specialisti/e IT, il mercato era già teso cinque anni fa. Assumere insegnanti con competenze nel loro ambito che possano lavorare in francese, inglese e potenzialmente in una terza lingua è una sfida per noi”, osserva Agnès Gabirout, responsabile delle risorse umane della scuola.
Gli studi mostrano che la prospettiva di un salario migliore è in cima alla lista delle ragioni che spingono a cercare un nuovo impiego, riassume dal quotidiano Neue Zürcher Zeitung Matthias Mölleney. Il direttore del Center for Human Resources Management & Leadership presso l’Alta scuola di economia di Zurigo (HWZ) constata comunque un cambiamento drastico che risale alla fine degli anni 2010. La natura delle relazioni gerarchiche ha iniziato a rivestire un’enorme importanza nel livello di soddisfazione del personale. La stima accordata agli sforzi di impiegati e impiegate è diventata una priorità.
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La mobilità dei giovani salariati e salariate non è per forza alimentata dal malcontento. La voglia di nuove scoperte è a sua volta un fattore importante. “Dopo la formazione, si è curiosi e si ha voglia di sperimentare tipi di lavoro diversi”, testimonia Manuela*. Ingegnera meccanica nel Canton Vaud, la 31enne è già al terzo datore di lavoro. “Dopo il diploma, i miei compagni e compagne di studio hanno tutti concatenato tre o quattro posti di lavoro, cambiando in media ogni due anni”.
La lettera di motivazione è superata
Il modo di assumere è evoluto di conseguenza. Per un’azienda in cerca di personale, limitarsi a pubblicare un annuncio sui siti di offerta d’impiego è un modo di fare totalmente obsoleto. Manuela, il cui profilo è molto ricercato, racconta: “Per il mio posto attuale, è una conoscenza professionale di un lavoro precedente che mi ha ritrovato su LinkedIn. Il manager mi ha contattata e convinta a cambiare di nuovo lavoro”.
Direttore dell’ufficio di collocamento Michael Page a Ginevra, Anthony Caffon indica che la redazione di una lettera di motivazione è ormai superata, così come l’invio di un curriculum vitae in debita forma. Lo strumento d’informazione di base per i e le responsabili dell’assunzione, ormai, è LinkedIn.
L’utente interessato/a a un impiego può inviare con un click una “candidatura semplificata”. “Una procedura di assunzione che dura due mesi con quattro serie di colloqui scoraggia l’80% dei potenziali candidati e candidate”, dice Caffon.
Audaci, i giovani lavoratori e lavoratrici sono attirati dalle start-up. Queste aziende create da poco si presentano spesso con l’ambizione di avere un impatto e di crescere rapidamente, ma si espongono anche al rischio di colare a picco dopo qualche mese. I settori tradizionali come le banche e le assicurazioni, invece, non sono più in voga. “Tra le persone di 20-30 anni, si trova gente che ha bisogno di essere stimolata”, sostiene Frédéric Roger, fondatore di Air HR Global Solutions. “Detestano gli organigrammi e l’autorità, aspettandosi al contempo dal diretto/a superiore una forte ‘leadership’ e la capacità di prendere decisioni rapidamente. Preferiscono un ambiente agile, ovvero reattivo, flessibile e collaborativo”.
“I e le giovani hanno raramente un progetto di carriera che va oltre i tre anni”, indica Caffon. Hanno una concezione relativamente consumistica del lavoro. I candidati e le candidate si chiedono cosa un posto possa offrire loro e non cosa loro possono offrire all’azienda”. Degli studi stimano che la nuova generazione avrà una quindicina di datori di lavoro diversi nel suo percorso professionale, contro i 5-6 dei e delle attuali cinquantenni, indica lo specialista del mercato del lavoro.
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“La generazione Z [nati/e tra il 1997 e il 2012, ndr] privilegiano gli orari flessibili e il telelavoro così come l’equilibrio tra vita professionale e privata. La cosa più importante per loro è poter imparare qualcosa realizzando un progetto. Vogliono che il loro lavoro abbia un impatto positivo sul mondo”.
La sfida di mantenere il personale
Mantenere il proprio personale, sollecitato senza sosta da altre prospettive lavorative, è una sfida non da poco per le aziende.
Nel settore iper-competitivo dello sviluppo informatico, Infomaniak si distingue come uno dei rari attori elvetici concorrenziali con i GAFA (Google, Apple, Facebook, Amazon), con una gamma di servizi paragonabile. Direttore strategico della società ginevrina, Boris Siegenthaler racconta: “Poco dopo l’arrivo da noi, uno dei nostri sviluppatori è stato ingaggiato da un’azienda californiana per un posto a Parigi. Gli hanno offerto un pacchetto di azioni per una somma di 170’000 franchi, un salario superiore del 20% al nostro, con in più tutti i vantaggi noti di queste aziende, come i pasti gratuiti. In quanto PMI di 200 persone, non possiamo competere con simili condizioni”.
Infomaniak conta prima di tutto sulla cultura d’impresa per fidelizzare il personale. La società rivendica un forte impegno a favore dello sviluppo sostenibile, garantendo al contempo il mantenimento dei posti di lavoro in Svizzera. La gerarchia si vuole mostrare il più orizzontale possibile.
Parallelamente, l’azienda ha lanciato un programma per rendere il personale proprietario della metà del capitale della società. Con questo processo, chi lavora per l’azienda può essere anche azionista e ottenere un beneficio finanziario quando gli affari vanno bene. “La cosa più importante, secondo i candidati e le candidate che postulano per un posto di lavoro da noi, sono i nostri valori. Nella decisione di unirsi alla nostra squadra è un aspetto che prevale sulle questioni salariali”, afferma Siegenthaler.
Altri sviluppi
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A cura di Samuel Jaberg e Pauline Turuban
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