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Prevenire le alluvioni da disgelo, si può?

The river Simme floods, on Saturday, July 28, 2018, in Lenk.
Esondazione del fiume Simme a Lenk, sabato 28 luglio 2018. L'acqua di disgelo del Favergesee, sul ghiacciaio della Plaine Morte, fuoriusciva da venerdì pomeriggio. I fiumi Trübbach e Simme sono così straripati in poco tempo. Turiste e turisti sono stati sfollati, un campeggio e un ristorante evacuati. Keystone / Patrick Huerlimann

Milioni di persone sono esposte al rischio di alluvioni da laghi glaciali. Scienziate e scienziati stanno accelerando la ricerca di misure per mitigare i rischi di tali catastrofi, ma è più facile a dirsi che a farsi.

Una particolare scena di un documentario prodotto dal settimanale Einstein della televisione svizzero tedesca SRF suscita qualcosa in Shugui Hou, un glaciologo cinese. Le immagini mostrano dell’acqua di disgelo glaciale tracimare da una diga naturale, devastare la valle bernese al di sotto e inondare parti del villaggio. La scena gli ricorda un tragico evento in Tibet. Il 26 giugno del 2020, mentre abitanti di villaggio risalivano un versante dei monti Nyainqêntanglha per raccogliere piante medicinali, enormi quantità d’acqua, ghiaccio e detriti si sono improvvisamente riversate da un lago glaciale.

Il ghiaccio e gli ammassi di rocce e terra che circondano i laghi glaciali fungono da sbarramenti naturali, ma sono instabili. Precipitazioni intense e valanghe di neve o ghiaccio possono innalzare il livello dell’acqua e farle crollare. Le cosiddette alluvioni catastrofiche da laghi glaciali (o GLOF, dall’inglese glacial lake outburst flood) sono uno dei maggiori ma meno conosciuti pericoli che incombono sulle regioni di montagna, spiega Hou al termine della proiezione del documentario di SRF Esplorazione all’interno di un ghiacciaioCollegamento esterno al recente Global Science Film Festival a Basilea.

In Tibet, l’acqua è sgorgata a una velocità incredibile: si è stimataCollegamento esterno una media di 5’602 metri cubi (l’equivalente di 2,3 piscine olimpioniche) al secondo. Fortunatamente non ci sono state vittime, ma la furiosa alluvione ha inondato case, terreni agricoli, strade e ponti in un istante.

“Dovrebbe farci pensare che questo genere di calamità esiste da secoli, ma in anni recenti ha catturato l’attenzione del pubblico e della scienza in maniera drammatica e catastrofica”, commenta Hou, la cui cattedra alla Shaghai Jiao Tong University in Cina è incentrata su ghiaccio e cambiamenti climatici globali.

Benché questi eventi improvvisi minaccino milioni di persone, non sono ancora ben compresi e le previsioni sono ancora altamente congetturali. Ciononostante, le ricercatrici e i ricercatori in Svizzera e altrove stanno acquisendo sempre più conoscenza sui pericoli.

Tsunami dal cielo

Le cause di alluvioni catastrofiche da laghi glaciali sono sostanzialmente conosciute: i cambiamenti climatici persistono, e mentre i ghiacciai si ritirano si formano dei laghi dietro a sbarramenti naturali. Questi bacini possono traboccare o rompere gli argini e rilasciare all’improvviso enormi quantità di acqua di disgelo. Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo parla di tsunami nel cieloCollegamento esterno.

Ma perché è così difficile prevedere questi eventi? Secondo Caroline Taylor, dottoranda di ricerca all’Università di Newcastle che di recente ha analizzato la minaccia globale dei GLOF, le variabili in gioco sono troppe: non ci sono mai due esondazioni uguali. Sviluppare un singolo modello predittivo come si fa con altri disastri naturali è dunque estremamente difficile. Scienziate e scienziati mancherebbero di prevedere degli eventi e di osservare i relativi segni premonitori, spiega, se alcuni criteri fossero tenuti in considerazione più di altri.

In uno studioCollegamento esterno pubblicato in febbraio, Taylor e il suo gruppo hanno mappato i rischi. Hanno concluso che 15 milioni di persone in tutto il mondo sono potenzialmente esposte agli effetti di un’alluvione catastrofica, oltre la metà delle quali in India, Pakistan, Cina e Perù. Le regioni più a rischio sono l’Himalaya e le Ande. Su 30 Paesi analizzati, la Svizzera ha il secondo più basso rischio dopo la Nuova Zelanda. Nondimeno, nella Confederazione si contano 700’000 persone non del tutto al riparo da una GLOF e dalle sue conseguenze.

Questi eventi si verificano da centinaia di anniCollegamento esterno, o quantomeno è da secoli che se ne ha notizia. Ma persino la Svizzera, Paese che ha grandi competenze in materia di dinamica dei ghiacciai, sviluppo di modelli e monitoraggio, non è in grado di evitare del tutto un disastro.

È illusorio pensare di trovare una strategia “taglia unica”, avverte Mauro Werder, glaciologo al Politecnico federale ETH di Zurigo. Il più grande problema è che le tecnologie esistenti non sono in grado di misurare con precisione i cambiamenti nel sistema di canali di un ghiacciaio.

Ci sono innumerevoli piccole crepe in un ghiacciaio -o nell’interfaccia tra ghiaccio e substrato roccioso- che si formano e si muovono di continuo contribuendo alla formazione di laghi glaciali, spiega Werder. Gli scienziati possono rilevare una tendenza generale, precisa, ma non hanno idea di quali di queste fenditure arriveranno a misurare diversi metri. Non si sa neppure se l’acqua di fusione defluisce lentamente attraverso le crepe oppure si accumula rapidamente, fino a raggiungere il volume critico che porta a un’esondazione catastrofica. “Forse non succederà mai, forse una volta oppure più volte”, dice.

Le immagini sotto mostrano una spedizione sul ghiacciaio della Plaine Morte, Svizzera occidentale, per valutare la situazione.

Sperimentazioni costose

Nel 2008, nelle Alpi bernesi, è stata realizzata una galleria da 15 milioni di franchi (15,2 milioni di euro) per far defluire le acque del lago del ghiacciaio inferiore di Grindelwald. Sfortunatamente, riferisce Werder, la condotta ha funzionato per alcuni anni e poi ha perso efficacia perché il ghiacciaio si è ritirato più rapidamente del previsto.

Il documentario di ‘Einstein’ illustrava un altro, ambizioso esperimento svizzero: nel 2019, le autorità locali hanno scavato un tunnel di drenaggio attraverso il ghiacciaioCollegamento esterno, che si estende tra i cantoni Berna e Vallese e convoglia ogni estate oltre un miliardo di litri di acqua di disgelo.

Il canale drena artificialmente uno dei laghi glaciali e mira ad attenuare il rischio di alluvione catastrofica, una costante minaccia per il sottostante villaggio di Lenk. Funzionari locali hanno messo in dubbio la reale possibilitàCollegamento esterno che si verifichi una GLOF e che il traforo sia la strategia col miglior profilo costi-benefici, benché la direzione scientificaCollegamento esterno del progetto sia stata affidata all’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio WSL.

Il glaciologo cinese Hou precisa che interventi come questo non possono essere valutati e legittimati sulla base del rapporto costi-benefici, perché non esiste una soluzione adatta a tutti i contesti. Ogni misura di riduzione del rischio può avere un effetto temporaneo ma è necessaria, aggiunge.

Il documentario Esplorazione all’interno di un ghiacciaio (titolo originale: Im Inneren eines Gletschers – Expedition im Berner Oberland) porta spettatrici e spettatori alla scoperta del ghiacciaio della Plaine Morte mentre viene realizzato il tunnel di drenaggio.

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Expedition ins Innere eines Gletschers

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Nel ventre di un gigante di ghiaccio svizzero

Questo contenuto è stato pubblicato al Il documentario 2021 Esplorazione all’interno di un ghiacciaio prodotto dalla televisione pubblica svizzera SRF, compie un viaggio scientifico mozzafiato all’interno del ghiacciaio della Plaine-Morte per capire meglio il flusso dell’acqua di fusione e come gli esperti e le comunità locali cercano di controllarlo. Accompagnato da guide alpine e specialisti di grotte di ghiaccio, il team di…

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Molti ghiacciai non monitorati

Hou sottolinea che scienziate e scienziati concordano su un punto: è probabile che i laghi glaciali aumentino di numero e in dimensioni e che le alluvioni diventino più frequenti, con un clima più caldo e umido.

Taylor dell’Università di Newcastle osserva che sempre più persone saranno esposte a tali eventi nei prossimi anni, se le popolazioni nei pressi dei laghi glaciali continueranno a crescere e non si prenderà alcuna misura.

Storicamente, l’Islanda e la Cordigliera Nordamericana sono state considerate “punti caldi” per le alluvioni catastrofiche da laghi glaciali.

Ma secondo la ricercatrice Caroline Taylor è difficile stabilire se vi sia una reale tendenza in termini di frequenza e ampiezza, o si tratti soltanto del risultato di una documentazione a lungo termine.

Molte GLOF, infatti, si verificano inosservate ad alta quota oppure non sono registrate con precisione, così che la scienza non dispone di una base di dati completa.

Taylor e il suo team, nel loro ultimo studio, rilevano la necessità di monitorare e pianificare interventi in aree come il Pakistan dell’Alta Asia, dove il pericolo è grande, e le Ande, dove i dati sono scarsi e incompleti.

Monitorare la situazione è decisamente più semplice in Svizzera, dove i laghi glaciali sono piuttosto accessibili, che in Paesi molto più grandi come Cina o India, nei quali i bacini sono isolati e costosi da raggiungere. Le tensioni geopolitiche costituiscono anch’esse un ostacolo.

Ma su questo fronte Taylor osserva dei progressi: il monitoraggio avviene anche a cavallo dei confini e vi è uno scambio di informazioni tra Paesi come tra India e Bhutan, dove in passato c’era una mancanza di comunicazione e condivisione. “Le cose si stanno muovendo nella direzione giusta”, conclude.

A cura di Sabrina Weiss e Veronica DeVore

Traduzione di Rino Scarcelli

Traduzione dall’inglese di Rino Scarcelli

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