Profilazione, discriminazione: anche in Svizzera esiste il razzismo strutturale
La situazione del razzismo in Svizzera, secondo gli specialisti, non è affatto paragonabile a quella degli Stati Uniti. Tuttavia, le minoranze, in particolare i neri, sono controllate più spesso dalla polizia e sono ancora nettamente penalizzate nei mercati del lavoro e dell'alloggio.
Lo shock a seguito della morte di George Floyd, un afroamericano ucciso dalla polizia durante un fermo a Minneapolis, negli Stati Uniti, si è diffuso anche in Svizzera. Oltre mille persone lunedì hanno protestato contro il razzismo a Zurigo. E martedì molti internauti svizzeri hanno preso parte al movimento planetario che reagiva con la pubblicazione di immagini completamente nere sui social network, accompagnate dall’hashtag #BlackOutTuesday.
Terra di immigrazione, gli Stati Uniti faticano a sbarazzarsi del razzismo che ha le sue radici nella schiavitù e nel passato segregazionista del Paese. L’alta commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani Michelle Bachelet ha denunciato mercoledì “il razzismo endemico e strutturale” ancorato lì.
Il movimento americano spinge molti Paesi, con passati diversi, a porsi la domanda sul razzismo insito nella loro società. È il caso della Svizzera. Meno sensibile al problema del colore della pelle, è tuttavia caratterizzata da una xenofobia diffusa verso le comunità di origine straniera.
Profilazione razziale
Intervistato giovedì mattina alla Radiotelevisione pubblica della Svizzera francese (RTS), il segretario generale dell’organizzazione ‘Carrefour de réflexion e action sur le racisme anti-Noir’ (CRAN) Kanyana Mutombo ha spiegato che la profilazione razziale è una realtà in Svizzera, vale a dire che le persone di colore sono sottoposte più spesso a perquisizioni e controlli di identità da parte della polizia.
“Ognuno di noi ha un’infelice esperienza con la polizia”, ha dichiarato. “Dobbiamo mostrare ovunque di avere la fedina penale pulita, in tutto ciò che facciamo”, hanno confermato diversi giovani uomini neri intervistati dalla RTS. Il caso di George Floyd ricorda inoltre che tre neri sono morti in relazione o in seguito a fermi di polizia avvenuti in anni recenti nel cantone di Vaud.
Tre morti in seguito all’intervento della polizia
Nel 2016, un giovane congolese è stato ucciso da un poliziotto a Bex, nel cantone di Vaud. Nel 2017, un richiedente l’asilo del Gambia arrestato per errore è deceduto in cella. Nel 2018 un quarantenne nigeriano è morto dopo essere stato immobilizzato da poliziotti che lo hanno tenuto sotto pressione, disteso pancia a terra, a Losanna.
Contattati da swissinfo.ch, la responsabile della Commissione federale contro il razzismo (CFR), Alma Wiecken, e il direttore della fondazione contro il razzismo e l’antisemitismo (GRA), Dominic Pugatsch, concordano sul fatto che la situazione in Svizzera non è paragonabile a quella degli Stati Uniti. Tuttavia “questo non significa che non si debba lavorare sul problema”, puntualizza Alma Wiecken. Per questi specialisti, se molti casi sono puramente interpersonali, la Svizzera non sfugge al razzismo strutturale e istituzionale.
Aumento degli incidenti segnalati
I rapporti annuali della CFR censiscono incidenti razzisti di ogni tipo segnalati a una ventina di centri di consulenza in Svizzera. È molto probabile che le cifre siano inferiori alla realtà, ma consentono di immaginare la natura degli atti.
L’anno scorso sono stati registrati 352 casi, in aumento del 30% sull’arco di un anno. Parallelamente, la proporzione della popolazione che afferma di essere stata vittima di discriminazione razziale è progredita negli ultimi anni in Svizzera, passando dal 10% tra il 2010 e il 2014 a quasi il 17% nel 2018, secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica. Più che una prova dell’aumento del numero di casi, queste cifre mostrano soprattutto che le vittime ne parlano di più.
Una ventina di questi incidenti (quasi il 7%) era legata alla profilazione razziale. Quasi cento casi di discriminazione hanno avuto luogo nel settore pubblico, di cui oltre un terzo nell’amministrazione e quasi un terzo nella polizia.
Discriminazione nelle assunzioni e negli alloggi
Complessivamente, la maggioranza dei casi si è verificata nell’ambito del lavoro, della scuola, del mercato immobiliare e nello spazio pubblico. Gli specialisti interrogati da swissinfo.ch ricordano che anche lì si trovano manifestazioni del razzismo sistemico: differenze di trattamento a livello sociale, sul mercato del lavoro e dell’apprendistato, difficoltà nel trovare alloggio, sottorappresentanza in organismi come amministrazione o giustizia…
“In Svizzera, una persona di colore o con un cognome a consonanza straniera può avere più spesso difficoltà a trovare un alloggio o un lavoro”, ricorda Alma Wiecken. Ad esempio, uno studio condotto per conto dell’Ufficio federale delle abitazioni (UFAB), pubblicato all’inizio del 2019, ha mostrato che il tasso di risposta per visitare degli alloggi era inferiore al 5% per le persone con un cognome kosovaro o turco.
Anche l’esistenza di discriminazioni nelle assunzioni è stata dimostrata da uno studio dell’Università di Neuchâtel, pubblicato all’inizio dell’anno. È stato evidenziato che gli svizzeri di origine straniera devono inviare il 30% di candidature in più per ottenere un colloquio di lavoro. Secondo questa ricerca, due gruppi sembrano essere particolarmente colpiti: persone con cognomi di origine balcanica e africana.
Secondo il rapporto della CFR, le persone di origine africana sono tuttora le più discriminate (un terzo di tutte le vittime). Sono seguite da persone originarie del Kosovo, della Turchia o della Serbia (31%). La discriminazione sembra essere indipendente dalla nazionalità o dal tipo di permesso di soggiorno. Si basa sull’origine straniera, reale o presunta. Nel 2019, oltre un quarto delle vittime di atti discriminatori aveva la cittadinanza svizzera.
Xenofobia latente
Nella maggior parte degli incidenti registrati nel 2019 si è trattato di disparità di trattamento o di propositi insultanti e aggressivi. Ma per Dominic Pugatsch, questi casi sono soltanto la punta dell’iceberg. Secondo il direttore della fondazione GRA, esiste una xenofobia più latente, che può riguardare tutte le comunità ed esprimersi nelle piccole cose della vita quotidiana.
Una delle giovani donne nere intervistate dalla RTS dice la stessa cosa. Per lei, il razzismo è soprattutto “indiretto”. “Mi è già capitato che mi siedo sul treno e la persona davanti a me si alza e se ne va”, racconta. Molti di questi incidenti non compaiono nelle statistiche.
Il rapporto della CFR sottolinea che la xenofobia generale nei confronti delle minoranze è stata la causa della maggior parte degli incidenti, più del razzismo nei confronti dei neri o dei musulmani. Dominic Pugatsch ritiene che in questo sia possibile vedere una specificità del razzismo in Svizzera. “Purtroppo, in Svizzera c’è anche il razzismo quotidiano e l’othering [alterità] contro le minoranze”.
Il professionista si rallegra tuttavia della forte volontà politica di non lasciar prosperare la xenofobia. In Svizzera “il problema è preso molto sul serio. Abbiamo una commissione federale contro il razzismo, delle statistiche, una formazione continua, in particolare per combattere la profilazione razziale nella polizia… Non vogliamo una situazione come negli Stati Uniti”.
Per Alma Wiecken, occorre considerare un progresso il fatto che si parli di più del razzismo. “Ciò significa che stiamo iniziando a capire che non è solo il problema delle minoranze, ma che riguarda la società nel suo insieme”.
Traduzione dal francese: Sonia fenazzi
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