Piccole aziende crescono in Bosnia e in Uganda
Le start-up dei paesi in via di sviluppo ricevono buoni consigli grazie al supporto degli svizzeri. La fondazione Swisscontact, il cui obiettivo è migliorare il tessuto imprenditoriale di alcuni paesi, ha riferito di recente di progetti che creano posti di lavoro in Bosnia e Uganda.
La missione di SwisscontactCollegamento esterno è “promuovere lo sviluppo economico, sociale e ambientale aiutando le persone a integrarsi nella vita economica locale.” Fondata nel 1959, conta oltre 1’400 collaboratori che gestiscono 123 progetti in 36 paesi. Lavora a stretto contatto con l’imprenditoria privata e, diversamente da altre ONG svizzere, non intraprende campagne politiche.
La bosniaca Erna Šoševic e l’ugandese David Olyabo sono stati invitati in ottobre a Zurigo, dove hanno preso la parola alla conferenza annuale di Swisscontact e raccontato quali ostacoli hanno dovuto superare per avviare le loro imprese. La fondazione, attraverso le loro testimonianze, voleva portare esempi tangibili di come vengono spesi i suoi soldi.
Bosnia: un’economia in transizione
Quasi un quarto di secolo dopo una guerra civile nella quale sono morte 100’000 persone, la Bosnia ed Erzegovina rimane uno dei paesi più poveri d’Europa. Giovani imprenditori come Erna Šoševic stanno spingendo verso il progresso e sfidando le norme di una società tradizionale e dominata dagli uomini.
Erna, 34enne madre di due figli, ha lasciato un impiego stabile in un’agenzia di consulenze per avviare la sua propria azienda. Ha sviluppato Bizbook, una piattaforma online che aiuta compagnie innovative in Bosnia a collaborare tra loro. Dice di aver imparato come diventare CEO attraverso il Programma per l’imprenditorialità di SwisscontactCollegamento esterno, finanziato dalla Segreteria di Stato dell’economiaCollegamento esterno SECO. Il programma mira a creare lavoro rafforzando l’ecosistema imprenditoriale attraverso la formazione e l’affiancamento di colleghi più esperti.
Uganda: mancanza di investimenti
Swisscontact porta avanti un simile programma di “mentoring” in Tanzania e Uganda: U-Learn. Il progetto durerà fino al 2021 e intende aiutare in tutto 15’000 giovani. Finora, ne ha supportati 4’546. Stando al ‘World Factbook’ della statunitense Central Intelligence Agency (CIA), l’Uganda soffre di cattiva gestione economica, corruzione endemica, e dell’incapacità del governo di investire adeguatamente in opportunità economiche per una giovane popolazione emergente. Fa affidamento sull’aiuto allo sviluppo per promuovere la crescita a lungo termine.
Nell’ambito del progetto U-LearnCollegamento esterno di Swisscontact, viene mostrato ai formatori locali, ai maestri artigiani e ai proprietari d’impresa come seguire e sostenere un giovane imprenditore. Il 24enne David Olyabo è stato aiutato ad avviare la piscicoltura che ora gestisce.
La famiglia di David, che vive vicino al Lago Vittoria, si è mantenuta per anni con la pesca. A pagare la retta universitaria di David era suo fratello, e quando la pesca è stata vietata a causa del decremento degli stock ittici, David ha dovuto interrompere gli studi. È lì che ha chiesto consiglio a Swisscontact.
David spiega che l’impresa di 14 persone ha realizzato finora poco meno di 8’900 dollari, ma si aspetta di triplicare i guadagni entro la fine del secondo ciclo di produzione. L’azienda ha in progetto di tagliare i costi producendo da sé il cibo per l’allevamento e di espandere il business con la lavorazione e l’esportazione di pesce.
Da dove vengono i soldi di Swisscontact
Un obiettivo di lunga data delle Nazioni Unite è che i paesi in via di sviluppo destinino lo 0,7% del loro prodotto interno lordo all’aiuto pubblico allo sviluppo. Come si può vedere nel grafico qui sotto, la maggior parte dei fondi di Swisscontact (65%) proviene da mandati della Confederazione. Si tratta di progetti realizzati per conto della SECO o della Direzione dello sviluppo e della cooperazioneCollegamento esterno (DSC).
Un altro 20% proviene da mandati conferiti da uffici di altri Stati -ad esempio, il britannico Department of international development (DFID) e il suo equivalente svedese, il SIDA- e da organizzazioni multilaterali come la Banca Mondiale. Le donazioni e i contributi da fondazioni e compagnie private elencate nel rapporto annuale di SwisscontactCollegamento esterno costituiscono un ulteriore 10%.
La generosità delle aziende
Le società che donano denaro a organizzazioni no profit riconosciute possono detrarre dalle tasse fino al 20% dei loro ricavi. Ma non è principalmente per questo che fanno beneficienza. Katrin Schnellmann di Swisscontact spiega che la filantropia è parte della cosiddetta ‘corporate social responsibility’ (CSR), un modello di business che aiuta le imprese a rimanere socialmente responsabili nei confronti di se stesse e dei portatori di interesse.
La multinazionale farmaceutica svizzera Novartis è tra i donatori privati di Swisscontact. Il portavoce Satoshi Jean-Paul Sugimoto ritiene che la filantropia faccia crescere il rispetto per l’azienda e perciò rafforzi la lealtà dei dipendenti, attirando inoltre personale migliore verso la compagnia. “Crediamo ci sia una correlazione tra la capacità di attrarre e fidelizzare collaboratori di talento e l’essere una società che si comporta bene. È ormai chiaro che i millennials, che in molti paesi costituiscono oltre metà della forza lavoro, tendono ad avere grandi aspettative sulla responsabilità aziendale”.
Ma le donazioni alle ONG sono solo una piccola parte dell’attrattiva dell’impresa, secondo Georg von Schnurbein, direttore del Centro di studi sulla filantropia dell’Università di Basilea. “Molto più importanti sono le attività in ambito ambientale, sociale e, in anni più recenti, politico”.
Novartis tende a sostenere progetti strettamente legati alla sua attività principale e alle sue competenze, che siano al contempo sostenibili. “I nostri sforzi”, conferma Sugimoto, “si concentrano sui nostri farmaci e la nostra conoscenza scientifica per aiutare i sistemi sanitari a raggiungere i loro obiettivi più rapido ed efficace. Ad esempio, Novartis finanzia un progettoCollegamento esterno di Swisscontact che riguarda la formazione di personale paramedico nelle aree rurali del Bangladesh.
C’è chi insinua che le grandi aziende capitalizzino la loro attività caritatevole per controbilanciare una qualche futura pubblicità negativa. Von Schnurbein non è d’accordo, e porta l’esempio dei costruttori di automobili che hanno alterato i test sulle emissioni con dispositivi illegali: “Nessuno, in Germania, dice a proposito di Volkswagen che sì, hanno imbrogliato, però guarda quante donazioni fanno”.
I risultati delle start-up di Swisscontact
Con un budget di oltre 100 milioni di franchi nel 2017, proveniente in gran parte dalle tasche dei contribuenti, la pressione per avere successo è alta. Tuttavia, osserva Katrin Schnellmann, il risultato “deve essere valutato caso per caso. Una start-up supportata da Swisscontact può cessare di esistere ma l’imprenditore potrebbe avere, nel frattempo, avviato un’altra azienda di successo”.
Spesso, Swisscontact non è l’unica entità che offre aiuto. David e il suo allevamento in Uganda, ad esempio, hanno ricevuto anche fondi pubblici. Le start-up fondate da David Olyabo e Erna Šoševic non solo sopravvivono: si stanno espandendo. Nondimeno, David cresce anche delle galline e non punta tutto sulla stessa attività. “Se l’allevamento di pesci fallisce”, dice, “posso guadagnare qualche soldo con la pollicoltura”.
Traduzione dall’inglese di Rino Scarcelli
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