Apre a Ginevra il primo centro europeo per le imprese e i diritti umani
L'Università di Ginevra si è posta l'obiettivo di trasformare la "capitale della pace" in una piattaforma per attività commerciali responsabili, finanziando il primo centro dedicato ai diritti umani in una scuola di economia in Europa. La direttrice del centro parla con swissinfo.ch dei motivi per cui ritiene che profitti e principi possano coesistere e di ciò che serve per tenere sotto controllo le aziende.
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Jessica scrive del buono, del brutto e del cattivo quando si tratta di multinazionali e del loro impatto in Svizzera e all'estero. È sempre alla ricerca del legame svizzero con la sua nativa San Francisco e discute volentieri di come la sua città d'origine ha prodotto alcune delle più grandi innovazioni, ma sembra non riuscire a risolvere la crisi degli alloggi.
Ginevra è più conosciuta per i colloqui di pace e le trattative diplomatiche che per i grandi affari, ma in realtà le attività industriali in città non sono da sottovalutare. Il Cantone di Ginevra non è solo il luogo di nascita dell’orologeria svizzera, ma ospita centinaia di multinazionali, tra cui grandi commercianti di materie prime come Trafigura e Vitol e giganti dei beni di consumo come Procter & Gamble.
Questo mix fa di Ginevra il “luogo ovvio per una piattaforma dedicata agli affari e ai diritti umani”, ha spiegato Mike Posner dell’Università di New York lunedì durante l’inaugurazione del centro. Posner ha evocato per la prima volta l’idea cinque anni fa, durante una colazione al World Economic Forum (WEF), in seguito alla creazione di un centro simile, il primo del suo genere, a New York.
Anche se ci sono voluti cinque anni per realizzarlo, la direttrice del centro, Dorothée Baumann-Pauly, preferisce guardare avanti. “In Svizzera le cose possono richiedere molto tempo, ma quando accadono, le persone si impegnano davvero”, ha detto.
Il nuovo centroCollegamento esterno vuole essere un luogo di dialogo e di ricerca sull’applicazione alla pratica commerciale dei principi internazionali relativi ai diritti umani, con particolare attenzione alle aziende rilevanti per la Svizzera. Il centro ha già due progetti in corso, il primo focalizzato sui parametri di riferimento per il settore finanziario e il secondo sull’estrazione artigianale del cobalto, che la cui domanda sta aumentando per la crescente richiesta di batterie da parte dell’industria automobilistica.
swissinfo.ch ha parlato con Baumann-Pauly di alcune questioni controverse relative all’economia responsabile.
swissinfo.ch: Molte persone sono scettiche sull’idea che profitti e principi possano effettivamente coesistere. Perché Lei è convinta del contrario?
Dorothée Baumann-Pauly: Che i diritti umani siano considerati in una logica aziendale non è scontato. Ciò che serve è una prospettiva a lungo termine. Il rispetto dei diritti umani richiede investimenti iniziali, ma rende le aziende più solide nel lungo periodo.
Ad esempio, ho visto come le aziende del settore della moda stiano iniziando a passare da un modello commerciale transazionale a uno che integra gli standard dei diritti umani nelle loro pratiche di acquisto e si concentra sui rapporti a lungo termine con i fornitori. Ciò è positivo per i lavoratori e le manifatture tessili, ma anche per i marchi di abbigliamento, perché quando i lavoratori sono sani, qualificati e pagati in modo equo, migliora anche la produttività e la qualità.
swissinfo.ch: I commercianti di materie prime non godono di buona fama in materia di diritti umani. Ritiene che stiano prendendo più seriamente le questioni relative ai diritti umani?
D.B-P.: Penso che il settore del commercio di materie prime abbia fatto molta strada nell’assunzione di responsabilità in materia di diritti umani. Tuttavia, l’applicazione di misure concrete varia ancora molto all’interno del settore. Questo in parte perché non è ancora chiaro cosa ci si aspetti da un’impresa che commercia in materie prime per quanto riguarda i diritti umani. L’anno scorso sono state elaborate linee guida per il settore, ma molte domande sono rimaste senza risposta.
swissinfo.ch: Una delle parti più controverse dell’iniziativa per imprese reponsabiliCollegamento esterno è quella che riguarda la responsabilità legale delle aziende. Ritiene che le imprese dovrebbero essere ritenute legalmente responsabili per le azioni dei partner commerciali all’estero o sono sufficienti misure volontarie?
D.B-P.: La responsabilità legale è uno dei modi con cui le aziende possono essere tenute a rendere conto della loro condotta in materia di diritti umani. Ma non è l’unico modo né è sufficiente. Soprattutto, abbiamo bisogno di standard chiari e comuni che possano essere utilizzati per misurare i progressi.
Per le aziende, la responsabilità legale è certamente un pungolo potente, ma che finirà per affidare completamente le questioni relative ai diritti umani agli avvocati aziendali, che si concentrano solo sul rispetto delle leggi.
È importante anche che le imprese considerino il rispetto dei diritti umani come un’opportunità economica e questo richiede una presa di coscienza a tutti i livelli aziendali. Indipendentemente dalla responsabilità legale, le aziende devono essere in grado di attuare il loro impegno per i diritti umani.
swissinfo.ch: Alcune imprese svizzere operano in molti Paesi in cui lo stato di diritto è debole e le violazioni dei diritti umani sono molto diffuse. Cosa dovrebbero fare le imprese in queste situazioni?
D.B-P.: Nel mondo in cui viviamo, uno stato di diritto e una governance deboli sono la norma, non l’eccezione. Le aziende che operano in tutto il mondo sono le più attrezzate per colmare queste lacune di governance con standard globali radicati nei diritti umani universali. Si tratta di un approccio di principio, coerente e prevedibile per i partner commerciali.
swissinfo.ch: Alcuni critici sostengono che lavorare o collaborare con le aziende non risolverà i problemi e potrebbe servire solo a migliorare la loro reputazione. Qual è il ruolo della collaborazione rispetto all’attivismo?
D.B-P.: C’è sempre stata un’interazione tra collaborazione e attivismo. Attori diversi assumono ruoli diversi. Il centro di Ginevra vuole lavorare con le aziende per comprendere meglio le questioni più pertinenti in materia di diritti umani e sviluppare soluzioni praticabili. Il nostro approccio si basa su una ricerca rigorosa che può informare le raccomandazioni per le aziende e i responsabili politici, così come i modelli di business che consentono la coesistenza di profitti e principi.
Ci auguriamo inoltre che la nostra ricerca contribuisca allo sviluppo di standard commerciali comuni. Quando tutto questo sarà sviluppato, non sarà più sufficiente avere un impegno simbolico sui diritti umani per migliorare l’immagine di un’azienda.
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Traduzione dall’inglese: Andrea Tognina
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La città ospita oggi la sede europea delle Nazioni Unite (UNOG), 36 organizzazioni internazionali come l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), quasi 700 organizzazioni non governative (ONG) e 179 missioni diplomatiche. E il numero di istituzioni – in particolare di ONG – e di impiegati non smette di crescere. Secondo le cifre relative a marzo 2019, quasi 34'000 persone lavorano nella Ginevra internazionale, vale a dire 26'645 funzionari, 4203 diplomatici e 3109 impiegati di ONG.
Le autorità dicono Ginevra è anche il più grande centro al mondo per conferenze internazionali e un luogo chiave per le trattative di pace, le più recenti delle quali hanno riguardato Cipro, lo Yemen e la Siria. L'anno scorso in città hanno avuto luogo 3236 conferenze e riunioni, seguite da 207'147 persone.
Anche numerose aziende multinazionali sono basate a Ginevra, dove offrono 76'000 posti di lavoro.
Su che ambiti si concentra la Ginevra internazionale?Dall'epoca del suo debutto umanitario, l'elenco degli ambiti in cui sono attive le organizzazioni presenti a Ginevra si è allargato, includendo tra gli altri i diritti umani, la migrazione, i rifugiati, la salute, il commercio, la proprietà intellettuale, le telecomunicazioni, le norme e la meteorologia.
Perché la Ginevra internazionale è così importante per la Svizzera? Le autorità svizzere sono convinte dei numerosi vantaggi che la Ginevra internazionale comporta per il paese. L'ambasciatore svizzero presso le Nazioni Unite Valentin Zellweger afferma: "Ginevra è una risorsa importante per la politica estera svizzera. Il ruolo dello Stato ospite è saldamente radicato nella nostra tradizione e nella nostra politica dei buoni uffici. Offrendo neutralità, stabilità e ospitalità al mondo, la Svizzera trae beneficio dalla Ginevra internazionale grazie alla sua visibilità diplomatica e mediatica. Inoltre Ginevra serve gli interessi della Svizzera, in quanto strumento e piattaforma per la promozione dei suoi valori fondamentali, la pace e la sicurezza umana."
Il ministero degli affari esteri svizzero nota che "la Ginevra internazionale conferisce alla Svizzera un peso politico maggiore di quanto ci si aspetterebbe dalle sue dimensioni" sulla scena mondiale.
Ginevra beneficia anche finanziariamente della presenza di tutte queste organizzazioni e dei loro collaboratori. La Svizzera investe 122 milioni di franchi nella sua nuova politica dello Stato ospite per il periodo 2020-2023, approvata quest'anno dal Parlamento. Nei prossimi dieci anni, oltre 2,5 miliardi di franchi saranno investiti anche in grandi ristrutturazioni, nuovi edifici e progetti di mobilità nel quartiere internazionale.
Nel frattempo, gli importi spesi o investiti dalle agenzie internazionali a Ginevra continuano a battere i record. L'anno scorso hanno raggiunto i 6,3 miliardi di franchi. Più della metà di questo importo - soprattutto stipendi e prestazioni assicurative e previdenziali - è stata spesa o investita in Svizzera. Ciò rappresenta l'11,3% del prodotto interno lordo (PIL) del cantone di Ginevra. La Svizzera è diventata anche uno dei maggiori fornitori di beni e servizi del sistema delle Nazioni Unite.
Quali sono le sue sfide maggiori?Ce ne sono molte. Quest'anno le autorità svizzere hanno riaffermato simbolicamente il loro impegno nei confronti della Ginevra internazionale e del sistema multilaterale, che festeggia il centenario. Tuttavia, varie minacce gravano sul sistema e sulle sue istituzioni, che devono affrontare una triplice crisi: di potere, rilevanza e legittimità.
Sul piano finanziario, la Ginevra internazionale è stata ampiamente risparmiata dalla pressione americana sugli aiuti esteri. Ma quest'anno, l'ONU sta affrontando una grave crisi di liquidità, con decine di paesi che non hanno pagato i loro contributi annuali - compresi gli Stati Uniti, il maggiore donatore dell'organizzazione.
Nel frattempo, nel mondo della diplomazia internazionale la competizione tra le città che vorrebbero prendersi una fetta della torta di Ginevra è diventata rude, come ha recentemente ammesso il ministero degli affari esteri.
E a livello svizzero, anche se il paese investe milioni nella Ginevra internazionale, molte persone, soprattutto nella Svizzera tedesca, non sono semplicemente consapevoli di ciò che sta accadendo, come ha recentemente sottolineato il think tank Foraus.
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