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Apre a Ginevra il primo centro europeo per le imprese e i diritti umani

Uno dei progetti iniziali del centro riguarda i diritti umani dei minatori artigianali che estraggono cobalto nella Repubblica democratica del Congo. Keystone / Schalk Van Zuydam

L'Università di Ginevra si è posta l'obiettivo di trasformare la "capitale della pace" in una piattaforma per attività commerciali responsabili, finanziando il primo centro dedicato ai diritti umani in una scuola di economia in Europa. La direttrice del centro parla con swissinfo.ch dei motivi per cui ritiene che profitti e principi possano coesistere e di ciò che serve per tenere sotto controllo le aziende.

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Ginevra è più conosciuta per i colloqui di pace e le trattative diplomatiche che per i grandi affari, ma in realtà le attività industriali in città non sono da sottovalutare. Il Cantone di Ginevra non è solo il luogo di nascita dell’orologeria svizzera, ma ospita centinaia di multinazionali, tra cui grandi commercianti di materie prime come Trafigura e Vitol e giganti dei beni di consumo come Procter & Gamble.

Dorothée Baumann-Pauly è professoressa associata dell’Università di Ginevra e nuova direttrice del Centro per gli affari e i diritti umani nella Scuola di economia e management. Nicolas Spuhler

Questo mix fa di Ginevra il “luogo ovvio per una piattaforma dedicata agli affari e ai diritti umani”, ha spiegato Mike Posner dell’Università di New York lunedì durante l’inaugurazione del centro. Posner ha evocato per la prima volta l’idea cinque anni fa, durante una colazione al World Economic Forum (WEF), in seguito alla creazione di un centro simile, il primo del suo genere, a New York.

Anche se ci sono voluti cinque anni per realizzarlo, la direttrice del centro, Dorothée Baumann-Pauly, preferisce guardare avanti. “In Svizzera le cose possono richiedere molto tempo, ma quando accadono, le persone si impegnano davvero”, ha detto.

Il nuovo centroCollegamento esterno vuole essere un luogo di dialogo e di ricerca sull’applicazione alla pratica commerciale dei principi internazionali relativi ai diritti umani, con particolare attenzione alle aziende rilevanti per la Svizzera. Il centro ha già due progetti in corso, il primo focalizzato sui parametri di riferimento per il settore finanziario e il secondo sull’estrazione artigianale del cobalto, che la cui domanda sta aumentando per la crescente richiesta di batterie da parte dell’industria automobilistica.

swissinfo.ch ha parlato con Baumann-Pauly di alcune questioni controverse relative all’economia responsabile.

swissinfo.ch: Molte persone sono scettiche sull’idea che profitti e principi possano effettivamente coesistere. Perché Lei è convinta del contrario?

Dorothée Baumann-Pauly: Che i diritti umani siano considerati in una logica aziendale non è scontato. Ciò che serve è una prospettiva a lungo termine. Il rispetto dei diritti umani richiede investimenti iniziali, ma rende le aziende più solide nel lungo periodo.

Ad esempio, ho visto come le aziende del settore della moda stiano iniziando a passare da un modello commerciale transazionale a uno che integra gli standard dei diritti umani nelle loro pratiche di acquisto e si concentra sui rapporti a lungo termine con i fornitori. Ciò è positivo per i lavoratori e le manifatture tessili, ma anche per i marchi di abbigliamento, perché quando i lavoratori sono sani, qualificati e pagati in modo equo, migliora anche la produttività e la qualità.

swissinfo.ch: I commercianti di materie prime non godono di buona fama in materia di diritti umani. Ritiene che stiano prendendo più seriamente le questioni relative ai diritti umani?

D.B-P.: Penso che il settore del commercio di materie prime abbia fatto molta strada nell’assunzione di responsabilità in materia di diritti umani. Tuttavia, l’applicazione di misure concrete varia ancora molto all’interno del settore. Questo in parte perché non è ancora chiaro cosa ci si aspetti da un’impresa che commercia in materie prime per quanto riguarda i diritti umani. L’anno scorso sono state elaborate linee guida per il settore, ma molte domande sono rimaste senza risposta.

swissinfo.ch: Una delle parti più controverse dell’iniziativa per imprese reponsabiliCollegamento esterno è quella che riguarda la responsabilità legale delle aziende. Ritiene che le imprese dovrebbero essere ritenute legalmente responsabili per le azioni dei partner commerciali all’estero o sono sufficienti misure volontarie?

D.B-P.: La responsabilità legale è uno dei modi con cui le aziende possono essere tenute a rendere conto della loro condotta in materia di diritti umani. Ma non è l’unico modo né è sufficiente. Soprattutto, abbiamo bisogno di standard chiari e comuni che possano essere utilizzati per misurare i progressi.

Per le aziende, la responsabilità legale è certamente un pungolo potente, ma che finirà per affidare completamente le questioni relative ai diritti umani agli avvocati aziendali, che si concentrano solo sul rispetto delle leggi.

È importante anche che le imprese considerino il rispetto dei diritti umani come un’opportunità economica e questo richiede una presa di coscienza a tutti i livelli aziendali. Indipendentemente dalla responsabilità legale, le aziende devono essere in grado di attuare il loro impegno per i diritti umani.

swissinfo.ch: Alcune imprese svizzere operano in molti Paesi in cui lo stato di diritto è debole e le violazioni dei diritti umani sono molto diffuse. Cosa dovrebbero fare le imprese in queste situazioni?

D.B-P.: Nel mondo in cui viviamo, uno stato di diritto e una governance deboli sono la norma, non l’eccezione. Le aziende che operano in tutto il mondo sono le più attrezzate per colmare queste lacune di governance con standard globali radicati nei diritti umani universali. Si tratta di un approccio di principio, coerente e prevedibile per i partner commerciali.

swissinfo.ch: Alcuni critici sostengono che lavorare o collaborare con le aziende non risolverà i problemi e potrebbe servire solo a migliorare la loro reputazione. Qual è il ruolo della collaborazione rispetto all’attivismo?

D.B-P.: C’è sempre stata un’interazione tra collaborazione e attivismo. Attori diversi assumono ruoli diversi. Il centro di Ginevra vuole lavorare con le aziende per comprendere meglio le questioni più pertinenti in materia di diritti umani e sviluppare soluzioni praticabili. Il nostro approccio si basa su una ricerca rigorosa che può informare le raccomandazioni per le aziende e i responsabili politici, così come i modelli di business che consentono la coesistenza di profitti e principi.

Ci auguriamo inoltre che la nostra ricerca contribuisca allo sviluppo di standard commerciali comuni. Quando tutto questo sarà sviluppato, non sarà più sufficiente avere un impegno simbolico sui diritti umani per migliorare l’immagine di un’azienda.

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Traduzione dall’inglese: Andrea Tognina

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