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Nel 1970 fu aperto il primo centro commerciale della Svizzera

veduta aerea sul centro commerciale.
La gita al centro commerciale è diventata uno svago per tutta la famiglia, anche la domenica, quando i negozi erano chiusi: la gente andava a guardare le vetrine. Jules Vogt / ETH-Bibliothek Zürich

Prometteva di diventare un "paradiso" alla periferia di Zurigo: 50 anni fa, apriva le porte il primo complesso commerciale della Svizzera. Sorgeva a Spreitenbach, nel cantone di Argovia.

Nella seconda metà del XX secolo vi fu una accelerazione senza precedenti della vita quotidiana delle persone. Con il telefono, la comunicazione superava grandi distanze in frazioni di secondo e con l’automobile i privati raggiungevano ormai velocità in precedenza sperimentate solo in treno. Nella Confederazione nel 1950 erano ancora immatricolate solo 147’000 auto, mentre nel 1970 si era già raggiunta la soglia di mezzo milione. La Svizzera divenne uno dei paesi più motorizzati d’Europa, la rete stradale fu ampliata e furono costruite autostrade.

Sugli assi autostradali si insediarono presto i ristoranti “Moevenpick” e “Silberkugel”, i primi dove non si doveva più obbligatoriamente mangiare ai tavoli, ma si potevano anche comperare vivande da asporto. Il fast food era sbarcato in Svizzera!

Non più dover aspettare

Nel moto di accelerazione erano finiti anche consumi: nel 1948 la cooperativa di consumatori Migros aveva introdotto il principio americano del self-service: la clientela non doveva più leggere le liste della spesa al personale di vendita dietro il bancone e aspettare che le fosse porta la merce richiesta, ma semplicemente prendere direttamente dagli scaffali la merce che desiderava.

Ma l’accelerazione del mondo svalutò i centri urbani. Con il traffico motorizzato privato, i centri delle città divennero meno attrattivi e i villaggi periferici più accessibili. All’inizio degli anni Sessanta, si reagì all’esodo rurale con la progettazione di nuovi centri: quelli commerciali.

Il primo centro commerciale della Svizzera fu inaugurato il 12 marzo 1970. Lo “Shoppi” di Spreitenbach, lanciato dalla catena di discount Denner, aveva vinto la corsa contro il tempo. Un secondo complesso commerciale, a Zurigo, che era già stato progettato si dall’inizio degli anni Sessanta dalla Migros, poté essere aperto solo cinque anni dopo.

Altri sviluppi

Il centro commerciale è un oggetto da ping-pong culturale: inventato da un austriaco, Victor Gruen, fuggito dai nazisti, tornò in Europa negli anni Sessanta. La sua competizione con le città non è priva di una certa ironia. Gruen, che odiava le auto, con il suo concetto ambiva a ricreare il sentimento dei centri urbani europei nelle periferie americane. Ma quando i centri commerciali furono trapiantati in Europa, si ritrovarono in competizione proprio con quegli stessi centri urbani.

Finiti i tempi d’oro

Dal punto di vista odierno, sul lungo termine quella competizione è stata vinta dai centri urbani. Uno studio del Credit SuisseCollegamento esterno ha previsto la scomparsa dei centri commerciali negli Stati Uniti. Un destino che potrebbe attenderli anche in Svizzera? Dallo studio degli esperti della grande banca elvetica è emerso che i centri commerciali in Svizzera non stanno andando male, secondo gli standard internazionali, ma ci sono già segnali di mutamenti.

Ma nel 1970, con l’apertura del primo centro commerciale della Svizzera, le coordinate sembravano spostarsi: L’opuscolo che pubblicizzava l’apertura dello “Shoppi Spreitenbach” all’epoca mostrava il piccolo villaggio argoviese al centro di una cartina: la città di Zurigo era ai margini. Il centro commerciale metteva a disposizione della clientela 1500 posti di parcheggio per le auto, si sottolineava.

L’atmosfera dei mercati italiani

I giganti della vendita al dettaglio erano stati collocati ad entrambe le estremità del complesso commerciale, per garantire la circolazione interna dei clienti di passaggio, di cui beneficiavano anche i piccoli negozi. Il centro commerciale completamente climatizzato offriva tutti i tipi di altri servizi: ristoranti, una piscina coperta e, non da ultimo, un “paradiso per i bambini” dove i genitori potevano lasciare in accudimento i figli. Questo in un Paese dove le infrastrutture per l’accudimento extra familiare di bambini piccoli sarebbero rimaste rare ancora per decenni. Questa “comodità” era stata oculatamente calcolata: senza bambini che si lamentano, gli adulti fanno shopping più a lungo…

Il complesso commerciale non era inteso solo come un luogo per lo shopping veloce, ma anche come un “paradiso” per gli adulti. Un testo dell’associazione degli inquilini dell’epoca diceva: “Qui si crea quell’atmosfera stimolante che altrimenti si trova solo nei mercati italiani, spagnoli e orientali e che è in gran parte andata persa nelle nostre città, dominate dal trambusto degli affari e del traffico frenetico.

Lo shopping come divertimento

Mentre affari, traffico e consumi si mescolavano per le strade delle grandi città svizzere, il centro commerciale di Spreitenbach era un luogo dedicato solo allo shopping. Lo shopping inteso come piacere. “Shopping for fun”, si diceva in America. Ed era esattamente quello che si leggeva in una pubblicità del 1970 del centro di Spreitenbach: “Fare acquisti per divertimento”.

La prosperità in Svizzera era cresciuta nettamente dopo la Seconda guerra mondiale. Essa fu accompagnata da quella che uno specialista americano di marketing definì “rieducazione a un tenore di vita più elevato”: la gente abbandonò l’idea, secondo cui comprare qualcosa dovesse sempre essere un atto di necessità. Nel centro commerciale, il signore e la signora “Schweizer” potevano finalmente anche godersi il consumo.

(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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