Nucleare sì o nucleare no: dove va la strategia energetica della Svizzera?
Con la crisi energetica generata dalla guerra in Ucraina, si torna a parlare di nucleare. A cinque anni dalla decisione di dismettere le centrali nucleari, la Svizzera è ancora indietro rispetto agli obiettivi fissati per la transizione verso le rinnovabili.
Il 21 maggio 2017 il popolo svizzero aveva votato a favore della graduale dismissione degli impianti nucleari esistenti, il divieto di costruirne di nuovi e l’adozione della “Strategia energetica 2050”. Si tratta del piano del governo volto a promuovere il passaggio dal nucleare alle energie rinnovabile e a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili.
Tuttavia, tale transizione non sta avvenendo abbastanza velocemente. Sebbene il 76% dell’energia elettrica consumata in Svizzera provenga da fonti rinnovabili (dato del 2020), non tutta è prodotta a livello nazionale. Il Paese dipende ancora molto dalle importazioni (circa il 72% nel 2020) ed è quindi sensibile alle fluttuazioni dei prezzi sul mercato europeo dell’elettricità.
I quattro reattori nucleari ancora attivi producono quasi il 40% dell’elettricità del Paese. E quasi la metà del gas usato in Svizzera, pari al 15% del consumo energetico complessivo, proviene dalla Russia.
Mix energetico con o senza il nucleare?
La guerra della Russia in Ucraina ha reso ancora più urgente la necessità di aumentare la produzione nazionale di energia e di rendere la fornitura più sicura sul lungo termine. Un modo per farlo sarebbe quello di rafforzare la collaborazione con l’Europa, dalla quale la Svizzera dipende per il trasporto dell’energia importata ma con la quale i rapporti rimangono tesi. Un’altra soluzione sarebbe accelerare la transizione alle energie rinnovabili, come ha affermato anche la ministra dell’ambiente Simonetta Sommaruga.
Accrescere la capacità di stoccaggio del gas – per ora limitata in Svizzera – e fare affidamento su un mix energetico, che permetta di raggiungere un equilibrio tra stabilità energetica, sostenibilità e sovranità, sono altri punti cardine della strategia energetica 2050. Ma è possibile farlo rinunciando al nucleare?
Scienziate e scienziati sono divisi su questo tema. In occasione dei cinque anni dall’approvazione alle urne della Strategia energetica 2050, abbiamo chiesto il parere di due di loro, schierati su fronti opposti: Fabian Lüscher, Responsabile della divisione “Energia nucleare” presso la Fondazione svizzera per l’energia (SES), contrario a un ritorno al nucleare, e Natalia Amosova, ingegnera e consulente energetica, la quale è invece convinta che il nucleare sia la risposta pulita e moderna all’inquinamento causato dalle energie fossili. Potete leggere le loro opinioni qui sotto:
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L’energia nucleare del futuro
Nel frattempo, la Svizzera ospita una serie di progetti volti a reinventare l’energia nucleare. Uno di questi, di cui vi abbiamo parlato, mira a sviluppare un nuovo tipo di reattore alimentato a torio, invece che a uranio. Questa tecnologia potrebbe permettere la produzione di elettricità in modo più sicuro e senza generare scorie radioattive.
C’è poi lo Swiss Plasma Center del politecnico federale di Losanna, uno dei laboratori di ricerca più importanti nel campo dell’energia da fusione nucleare. Si tratta di un processo che permette di generare energia in modo pulito, riproducendo ciò che succede nel nucleo del sole e delle altre stelle. Ma il lavoro dell’istituto è messo a repentaglio dall’impasse tra Berna e Bruxelles, dopo la rottura dei negoziati sull’accordo quadro con l’Unione europea (UE). Da allora la partecipazione elvetica a progetti di ricerca europei è sospesa.
Secondo voi è un errore abbandonare il nucleare o è giusto puntare tutto sulle fonti energetiche rinnovabili? Fatemi sapere cosa ne pensate o partecipate al dibattito qui sotto con il mio collega Luigi Jorio, che si occupa di tecnologie energetiche:
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