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Svizzera, ventilata la Green Investment Bank statale

Pannelli solari
Puntare in rischiosi progetti di sostenibilità: c'è ancora scetticismo tra chi investe. © Keystone/ Valentin Flauraud

Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, la Svizzera avrà bisogno di quasi 13 miliardi di franchi all’anno. Conta anche di investire 600 milioni di franchi su base annuale in opere sostenibili nei Paesi in via di sviluppo. L'apertura di una banca di finanza etica e sostenibile (o Green Investment Bank) statale aiuterebbe la Confederazione a raggiungere tali obiettivi?

Sulla carta, sembra tutto piuttosto semplice: basterebbe istituire una nuova banca controllata dallo Stato che, nei prossimi dieci anni, investa dieci miliardi di franchi in progetti ecosostenibili.

La partecipazione statale accelererebbe la transizione verso la sostenibilità e rassicurerebbe gli investitori commerciali sui rischi, oltre a spronarli a contribuire; inoltre, garantirebbe investimenti più rapidi nelle innovazioni del comparto dell’energia solare e della cattura e della rimozione della CO2, per citare un esempio.

Per non parlare del fatto che una tale banca raggrupperebbe conoscenze e dati da distribuire agli altri attori del settore finanziario.

L’idea, avanzata dal think tank svizzero Foraus a inizio anno, ha già ricevuto l’approvazione di svariati parlamentari elvetici. Non mancano però i detrattori, secondo i quali un ente del genere non conseguirebbe gli scopi prefissati. Anzi, rischierebbe di falsare la concorrenza nel settore delle banche commerciali.

A maggio, cinque parlamentari svizzeri provenienti da vari partiti hanno presentato una mozione per richiedere l’istituzione di una Green Investment Bank (GIB) in Svizzera. Nella mozione, appoggiata da oltre 80 parlamentari, si legge che “al momento i capitali privati faticano a essere convogliati, su larga scala e con le tempistiche necessarie, in progetti con elevati requisiti d’investimento e maggiori rischi”.

A titolo esemplificativo, la Svizzera è una delle grandi economie che, nel loro complesso, intendono destinare 100 miliardi di dollari all’anno alla lotta al riscaldamento globale nei Paesi in via di sviluppo. Stando ai calcoli, dovrebbe sborsare 600 milioni di franchi all’anno, ma per ora la Confederazione elvetica si è rivolta al settore privato per mettere insieme i 150 milioni di franchi che le mancano per raggiungere la quota.

L’istituzione di banche o fondi con cui convogliare le finanze dei contribuenti in opere sostenibili è un’idea già concretizzata in altre parti del mondo (cfr. riquadro sottostante). Ad esempio, nel Regno Unito, in Germania, Australia, Malesia, Giappone, Emirati Arabi Uniti e in svariati Stati degli USA.

Sebbene in Svizzera esistano due fondi d’investimento statali, al momento nessuna banca regolamentata si dedica esclusivamente a questo tipo di attività.

Il timore della concorrenza

Stando a Foraus, che segue da vicino la politica estera della Svizzera, una banca di finanza etica e sostenibile sarebbe la soluzione ideale alla carenza attuale di finanziamenti sostenibili. Sébastien Chahidi, il co-ideatore della proposta avanzata da Foraus, afferma a SWI swissinfo che il fine ultimo è “farsi ispirare da questi esempi di successo a livello mondiale e applicarli alla realtà svizzera”. L’appoggio statale è di fondamentale importanza. “Tramite l’investimento in un progetto, la GIB mette in chiaro agli investitori privati che si tratta di un’operazione sicura”.

L’ecologizzazione della Svizzera, però, avrà dei costi. L’associazione di categoria dei banchieri svizzeri (ASB) stima che serviranno investimenti sostenibili pari a 387 miliardi di franchi nei prossimi trent’anni per raggiungere gli obiettivi climatici del Paese entro il 2050. In altre parole, 12,9 miliardi di franchi all’anno.

“A impedire l’accelerata del ritmo della sostenibilità non è certo la mancanza di finanziamenti, quanto procedure immensamente complesse e lunghe per ottenere le licenze.”

Sabine Döbeli, Swiss Sustainable Finance

L’ASB ritiene che, in virtù del suo centro finanziario nazionale, la Svizzera abbia già tutte le carte in regola per destreggiarsi alla perfezione e non vede di buon occhio la creazione una nuova banca statale capace di pestare i piedi al sistema bancario privato.

Anche Swiss Sustainable Finance (SSF), un ente che raggruppa 190 istituti finanziari, attori del mondo accademico e del settore pubblico, e che desidera trasformare la Svizzera in un importante polo della finanza sostenibile, è titubante all’idea di una GIB.

Sabine Döbeli, l’amministratrice delegata di SSF, afferma che il problema principale è che l’attuale quadro normativo è in contrasto con i piani di investimento sostenibili. È necessario un quadro migliore per consentire la realizzazione di progetti più sostenibili, piuttosto che istituire una nuova banca che fa concorrenza agli investitori privati, aggiunge.

A SWI swissinfo rivela che “a impedire l’accelerata del ritmo della sostenibilità non è certo la mancanza di finanziamenti, quanto procedure immensamente complesse e lunghe per ottenere le licenze”.

“Molti progetti energetici sono finanziati dalle aziende di erogazione statali, che sono sempre alla ricerca di nuovi progetti in cui investire. Il problema spesso è ottenere le licenze necessarie a farli partire”.

La Svizzera vanta già due fondi statali per finanziare le opere sostenibili con risorse pubbliche. Il primo è il fondo per la tecnologia, quotato a 500 milioni di franchi e incentrato sulla dimensione nazionale, che finora ha fornito garanzie bancarie per un valore di 220 milioni di franchi sui prestiti necessari ad avviare progetti climatici svizzeri; il secondo è SIFEM, il fondo d’investimento svizzero per i mercati emergenti, che ha investito oltre 1 miliardo di franchi nei Paesi in via di sviluppo.

Gli investimenti esteri

Foraus e i parlamentari a favore di una GIB ritengono che una nuova banca d’investimento avrebbe un impatto più preponderante sui finanziamenti delle opere sostenibili all’estero.

La creazione di una banca d’investimento interamente regolamentata, infatti, eleverebbe gli standard applicati a tali attività; inoltre, garantirebbe alle start-up un accesso completo ai mercati del debito per reperire nuovi fondi oppure, eventualmente, potrebbe fornire consulenza in materia di acquisizioni e aiutare le imprese a quotarsi in borsa.

Stando a Sébastien Chahidi di Foraus, “le banche incentivano gli investimenti grazie a un ampio ventaglio di strumenti finanziari che i fondi si possono soltanto sognare”.

“Per istituire una nuova banca di finanza etica e sostenibile occorrerebbero dai cinque ai dieci anni, che sarebbero buttati via e non investiti nelle azioni a favore del clima.”

Martin Stadelmann, South Pole

Eppure, non tutti sono d’accordo sulla necessità di tale banca. Tra questi, Martin Stadelmann, responsabile degli investimenti sul clima e della finanza sostenibile presso South Pole, una società di consulenza che collabora alla gestione del fondo svizzero per la tecnologia.

A SWI afferma che “per istituire una nuova banca di finanza etica e sostenibile occorrerebbero dai cinque ai dieci anni, che sarebbero buttati via e non investiti nelle azioni a favore del clima. Una riforma delle istituzioni esistenti sarebbe molto più rapida e avrebbe un’incidenza molto maggiore”.

“L’opzione più saggia sarebbe ampliare il mandato di SIFEM per conferire al fondo un’autorità inequivocabile in ambito climatico e fare in modo che possa assumersi più rischi grazie a svariati strumenti finanziari, quali capitale in fase d’avvio e strumenti di debito flessibili, oltre a fornire assistenza tecnica. Vedo solo vantaggi nell’ampliare il mandato del fondo per la tecnologia per farvi rientrare i mercati emergenti con garanzie sui prestiti”.

Insomma, la banca di finanza etica e sostenibile potrebbe non venire mai alla luce in Svizzera. Prima di essere approvata, infatti, la mozione parlamentare presentata a giugno per promuovere l’istituzione di questo ente prevede uno studio tecnico molto particolareggiato, oltre al dibattito in entrambe le camere del Parlamento. Potrebbero volerci mesi, pertanto, anche solo per arrivare a una decisione.

Le GIB nel mondo

Al mondo esistono varie banche stataliCollegamento esterno che investono i fondi dei contribuenti in finanza etica e sostenibile.

La Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW) tedesca è stata istituita nel 1948 per convogliare i fondi erogati dal Piano Marshall nella ricostruzione del Paese, dilaniato dalla guerra. In seguito, è stata utilizzata per il salvataggio delle banche commerciali durante la crisi finanziaria del 2008.

Inoltre, KfW è attiva nella finanza sostenibile e nel mercato di scambio dei diritti di emissione; in aggiunta, investe in progetti ecocompatibili tramite le filiali.

La Green Investment Bank britannica, invece, istituita nel 2012 per aiutare il governo a rispettare gli impegni fissati in materia di cambiamenti climatici, è stata venduta al settore privato in un secondo momento. Ciononostante, la classe politica britannica ha ventilato la possibilità che in futuro sia creata una nuova banca di finanza etica e sostenibile statale.

La National Investment Bank scozzese investe in svariati progetti infrastrutturali di primaria importanza, soprattutto nelle rinnovabili.

Molti Stati degli USA si servono delle banche di finanza etica e sostenibile per finanziare le opere sostenibili con le finanze pubbliche. Ad esempio, la New York Green Bank, la New Jersey Green Resilience Bank e la Connecticut Green Bank.

Tra gli altri esempi di enti che finanziano la sostenibilità si annoverano la Clean Energy Finance Corporation australiana, la Green Technology and Climate Change Corporation della Malesia e il Green Fund giapponese.

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