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Verso una maggiore trasparenza nel commercio delle materie prime?

Nigeria, paese ricco di petrolio, ha aderito all'Iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattive (ITIE). Keystone

Trafigura, il gigante del commercio delle materie prime con sede a Ginevra, è l’unica multinazionale attiva in questo settore multimiliardario ad aver promesso di aprire i suoi libri contabili. Le imprese del settore avanzano con lentezza verso una maggior trasparenza.

Per la prima volta nella storia, a dicembre Trafigura pubblicherà un rapporto sulle sue attività, conformemente agli standard previsti dall’Iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattiveCollegamento esterno (ITIE).

Il principale obiettivo dell’ITIE, i cui rappresentati si sono riuniti a Berna il 20 e 21 ottobre, è di rendere più trasparenti i flussi finanziari tra le società estrattive – principalmente multinazionali minerarie ed energetiche – ed i governi dei paesi di estrazione. Attraverso la creazione di una piattaforma globale – che riunisce rappresentanti delle multinazionali, dei governi e della società civile – l’ITIE intende lottare contro la cosiddetta “maledizione delle risorse”, che priva i paesi più poveri dei proventi legati alle risorse naturali.

L’iniziativa è stata lanciata nel 2003, ma è solo due anni fa che l’ITIE ha sollecitato i 48 paesi aderenti ad inserire nei loro rapporti annuali anche le società statali, compagnie petrolifere incluse. Un’informazione essenziale, visto che le multinazionali statali o parastatali controllano l’80% delle riserve petrolifere mondiali. Se tutto andrà come previsto, i vari paesi dovranno pubblicare i dati relativi al commercio, alle licenze d’estrazione e alle condizioni quadro giuridiche e fiscali.

C’è però un problema. L’ITIE esige che anche le società attive nel commercio delle materie prime divulghino le loro informazioni, per una piena trasparenza. La maggior parte però rifiuta di farlo.

Finora Trafigura è l’unica ad aver aderito all’ITIE.

Andrew Gowers, responsabile degli affari societari a Trafigura, assicura che la multinazionale vuole uscire dalla gabbia in un cui si trova, liberarsi dalle pressioni, per cercare soluzioni costruttive per affrontare il problema. “L’lTIE è la soluzione che meglio risponde ai nostri bisogni, ha affermato Gowers.

Stéphane Grabel, segretario generale della Swiss Trading and Shipping Association (STSA, la lobby del settore) afferma che le multinazionali attive nel commercio di materie prime vogliono vedere in che modo i diversi paesi applicheranno gli standard, prima di prendere una decisione.

“Siamo pronti ad offrire all’ITIE la nostra esperienza, ma spetta ai promotori dell’iniziativa e ai diversi paesi aderenti fare il primo passo per l’applicazione di questi standard”.

Pur riconoscendo i vantaggi di una maggior trasparenza, Olle Östensson – consulente indipendente specializzato nel commercio delle materie prime – sottolinea che l’introduzione di così tante regole rischia di mettere in difficoltà le piccole società. Queste faticano infatti a coprire i costi di legati a una maggiore diligenza e ne va della loro competitività.

Nel caso di Trafigura, Andrew Gowers sottolinea che non sarà facile ottenere informazioni in tempo reale sulle compravendite, ma che una divulgazione a posteriori di questi dati non “sarà un problema”.

Reputazione e investimenti

In un settore dalla reputazione opaca, una partecipazione all’ITIE potrebbe avere un effetto positivo anche in termini di immagine, sottolinea Gowers. “La pubblicazione dei rapporti offrirà informazioni chiare e accessibili a chi critica il settore”.

Alexandra Gillies, dell’ONG Natural Resource Governance Institute (membro dell’ITIE), è convinta che una volta aderito all’iniziativa, le multinazionali “si renderanno conto che la trasparenza non danneggerà la relazione coi governi… Al contrario, potrebbe essere un segnale positivo che contribuirà a migliorare la loro reputazione”.

L’ONG è autrice di uno studio che denuncia gli accordi illegali sottoscritti tra il governo nigeriano e i giganti del commercio di materie prime.

Per l’ITIE è chiaro che uno dei grandi meriti di questo nuovo impegno internazionale è proprio la lotta contro queste pratiche illecite e la ridistribuzione degli utili ai paesi d’estrazione.

Reputazione svizzera

All’incontro dell’ITIE a Berna, alcuni partecipanti hanno chiesto se anche la Svizzera non rischia di vedere minacciata la sua reputazione per non aver agito abbastanza in fretta nell’esigere maggior trasparenza nel settore. Il paese è uno dei principali centri internazionali del commercio delle materie prime.

Monica Rubiolo, della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), ha affermato che sono necessarie ulteriori discussioni sul tema in seno all’ITIE e una maggior partecipazione delle multinazionali all’iniziativa.

Ottimismo

Anche se mancano ancora diversi attori chiave tra i sostenitori dell’iniziativa, l’ITIE è fiduciosa che sempre più multinazionali aderiranno al progetto.

“L’idea di rendere pubblici i propri affari preoccupa un po’ le aziende, ma il fatto stesso di mettere il tema sul tavolo fa sì che non cada nell’oblio”, afferma Alexandra Gillies.

“Diversi anni fa abbiamo osservato lo stesso fenomeno: le società minerarie e petrolifere erano riluttanti a dare informazioni, cercavano di ignorare la questione, sperando che fosse solo una cosa passeggera. Ora un certo numero di imprese rivela più informazioni di quanto richiesto”.

Gowers concorda con la visione di Gillies: “Dieci anni fa nessuna compagnia mineraria avrebbe mai accettato di aderire a una simile iniziativa. So che accadrà lo stesso con le aziende attive nel commercio delle materie prime”.

Secondo l’ONG Swissaid, dalla Svizzera avviene il 60 % del commercio mondiale di metalli e il 35 % del commercio mondiale di petrolio. Ginevra è la sede di circa 400 aziende specializzate nel commercio di materie prime.

Tra il 2011 e il 2013, i commercianti svizzeri hanno versato 55 miliardi di dollari a 10 governi africani per attività legate al petrolio, secondo uno studio condotto da tre ONG.

Questo importo rappresenta più del doppio degli aiuti allo sviluppo che questi paesi hanno ricevuto nello stesso periodo.

 


(Traduzione dall’inglese, Stefania Summermatter)

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