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«Evito i luoghi dove il niqab è vietato»

Nelle vie commerciali di Ginevra, capita abbastanza spesso di incrociare donne che indossano il velo integrale. Keystone

L’iniziativa contro il velo integrale divide il mondo politico svizzero. Le turiste col velo integrale incontrate durante le Feste di Ginevra sono unanimi: se il niqab o il burqa venissero vietati in tutta la Svizzera, privilegerebbero altre destinazioni turistiche.

Dopo Francia, Belgio, alcuni luoghi nei Paesi Bassi, diverse città italiane e, ultimamente, anche il cantone Ticino, la Svizzera potrebbe essere il prossimo paese europeo a vietare di coprirsi il volto nei luoghi pubblici. Il popolo dovrà in effetti pronunciarsi negli anni a venire sull’iniziativa denominata «Sì al divieto di dissimulare il proprio viso», lanciata nel marzo scorso e le cui probabilità di successo sono considerate molto elevate.

Lunedì, la camera bassa del parlamento svizzero ha pure fatto un passo in direzione di un divieto, accettando a stretta maggioranza un’iniziativa parlamentare del deputato della destra conservatrice Walter Wobmann, il cui testo ricalca alla lettera quello dell’iniziativa cantonale ticinese.

Le turiste provenienti dai paesi arabi, in particolare dai paesi del Golfo, sono in costante aumento, soprattutto a Ginevra. E sono queste stesse turiste a spendere di più, con una media quotidiana di 500 franchi. Presenti regolarmente e numerose, soprattutto negli alberghi di lusso, in cui soggiornano più a lungo degli altri clienti, le turiste del Golfo rappresentano una fonte di entrate importanti per la Svizzera in generale e per Ginevra in particolare.

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La storia, la cultura o le attrazioni turistiche non sono di certo le uniche ragioni che le attirano nella città di Calvino. Sanno infatti che Ginevra offre loro delle zone turistiche adattate alle loro abitudini alimentari, ai loro bisogni e al loro modo di vita.

Tutto ciò potrebbe però cambiare se i cittadini svizzeri dovessero approvare l’iniziativa «Sì al divieto di dissimulare il proprio viso», lanciata dal Comitato di Egerkingen, i cui membri fanno parte della destra conservatrice e dell’estrema destra. Questa iniziativa chiede un divieto generale di dissimulare il viso in Svizzera, come già avviene in Ticino, dove la legge è entrata in vigore il primo luglio 2016.

Durante le Feste di Ginevra, che si svolgono ogni estate sulle rive del lago Lemano, è impossibile non notare tra la folla, numerosi turisti provenienti dal Golfo. La maggior parte delle donne indossa il velo e alcune (un’infima minoranza) sono interamente ricoperte di tessuto nero, che lascia intravvedere solo gli occhi.

Cosa pensano di questa possibilità di vietare il velo integrale? swissinfo.ch le ha incontrate.

«Quando abbiamo sentito parlare di questa nuova legge, abbiamo esitato a ritornare, poiché pensavamo che concernesse tutta la Svizzera. Prevediamo di visitare altri luoghi del paese, ma non il Ticino» Una turista del Golfo

Libertà individuale

Una saudita accompagnata dal marito sorveglia i quattro figli in un parco d’attrazioni. La famiglia ha saputo della nuova legge ticinese. Ciò non l’ha dissuasa dal venire a Ginevra. «È chiaro però che cambieremmo destinazione se il divieto del niqab fosse applicato in tutta la Svizzera», afferma categorica la donna, che ha una formazione di livello secondario.

Un po’ più lontano, vicino a una bancarella che propone cucina libanese, un’altra saudita, suo marito e i loro tre figli, gustano degli shawarmas, discutendo del loro prossimo viaggio. La donna ammette di aver provato un certo disagio quando è venuta a conoscenza della legge ticinese: «L’anno scorso siamo venuti a Ginevra. Quando però abbiamo sentito parlare di questa nuova legge, abbiamo esitato a ritornare, poiché pensavamo che concernesse tutta la Svizzera. Prevediamo di visitare altri luoghi del paese, ma non il Ticino».

Detentrice di un master in immunologia, aggiunge che non verrà più in Svizzera se l’iniziativa sarà adottata a livello nazionale. Si dice inoltre sorpresa da questo progetto: «La Svizzera è un paese turistico e una parte importante della sua economia dipende da questo settore; la sua popolazione è accogliente e diversa da quella di altri paesi. Siamo molto sorpresi che una simile iniziativa possa emanare da questo popolo».

«Se il niqab e il burqa verranno vietati, più nessuna persona del Golfo verrà qui», rincara un’altra donna, anche lei originaria dell’Arabia Saudita. Si dice assolutamente convinta che il popolo svizzero respingerà questa iniziativa che «nuocerebbe all’economia del paese».

Anche se le donne che indossano il velo integrale rappresentano un’infima proporzione delle turiste del Golfo, quest’ultima, che sta seguendo un master in informatica, è categorica: «L’Islam è in piena espansione. Di conseguenza, il numero di donne velate aumenta dappertutto. Il giorno in cui il niqab sarà vietato in Svizzera, non saranno solo le famiglie del Golfo che rinunceranno a venire, ma anche quelle di molti altri paesi del mondo», preferendo magari l’Austria.

Una donna proveniente dagli Emirati Arabi Uniti afferma dal canto suo di non essere toccata dalla legge ticinese, perché non si reca mai «nei luoghi in cui il niqab è vietato».

disegni di un burqa, un niqab e una hijab
swissinfo.ch

In un noto centro commerciale di Ginevra, una qatariota, anche lei universitaria, riempie il carrello della spesa di cioccolata: «Ho rinunciato a recarmi in Francia dopo la promulgazione del divieto di indossare il velo integrale nel 2010. Quest’anno non vado a Lugano per la stessa ragione. Ritengo che il velo rientri nel campo della libertà individuale e non accetto nessuna imposizione al riguardo».

«Donne come le altre»

Il marito della saudita con un certificato di studi secondari spiega così questa ondata di divieti in Europa: «Secondo me si tratta di una guerra contro l’Islam e di un modo di fare pressione sui musulmani. O si vuole impedire loro di applicare la sharia e rinunciare al velo, o si vuole dissuaderli dal venire in Svizzera». Sua moglie aggiunge: «La Svizzera è un paese libero, questa pratica non dovrebbe essere vietata».

La diplomata in immunologia vede dal canto suo in questa iniziativa uno strumento in mano «ai partiti estremisti per cercare profitti politici».

L’informatica si dice anche sorpresa che il Ticino abbia vietato il niqab. Secondo lei, questa iniziativa rivela «forse un sentimento di paura degli svizzeri nei confronti delle donne velata, in seguito agli attentati perpetrati ultimamente in nome dell’Islam in diverse capitale europee. Bisogna però ricordare che sono donne normali, non sono differenti delle altre».

Un punto di vista condiviso da tutte le turiste velate venute dagli Emirati o dal Qatar che abbiamo incontrato.

«Comandamento divino»

Tuttavia le straniere che accompagnano i mariti o che si trovano loro stesse in Arabia Saudita per lavorare devono indossare l’abbaya (mantello integrale nero) in nome del rispetto dei costumi e delle tradizioni del paese. Perché le donne velate non dovrebbero pure rispettare una legge che vieta il niqab o il burqa, conformemente alle tradizioni e ai costumi svizzeri?

«In Arabia Saudita vige la sharia. L’obbligo di coprirsi il viso viene da un comandamento divino che non si applica solo in Arabia Saudita, ma anche altrove, poiché Dio è onnipresente. Coprendosi il viso, le donne obbediscono all’appello di Dio ovunque sia nel mondo», dichiara una delle nostre interlocutrici.

Per la specialista in immunologia, «il velo è una questione religiosa che non ha nulla a che vedere coi costumi o le tradizioni».

Gli albergatori preferiscono rimanere discreti

Contattato da swissinfo.ch, l’Ufficio del turismo di Ginevra non ha voluto commentare la spinosa questione del burqa. Barbara Gisi, direttrice della Federazione svizzera del turismo, ha dal canto suo indicato in una breve risposta: «L’ufficio del turismo e l’ufficio dei congressi di Ginevra sono delle istituzioni private senza nessuna affiliazione politica. Non penso quindi che vi sarà una dichiarazione ufficiale in merito a questa iniziativa di carattere nazionale».

Stesso riserbo da parte dell’Associazione degli albergatori di Ginevra, che preferisce non rilasciare nessun commento su questioni di ordine politico.

Nell’ottobre 2015, la Federazione svizzera del turismo aveva nondimeno preso posizione contro l’iniziativa: «Abbiamo espresso il nostro disaccordo sul fatto che a degli individui sia imposto un divieto nazionale di coprirsi il viso, poiché la reputazione di una Svizzera tollerante e aperta ci sta a cuore. Tanto più che possiamo supporre che le turiste passano manifestamente poco tempo in Svizzera», aveva dichiarato a swissinfo.ch Mark Fessler, collaboratore scientifico della federazione.

Per quanto riguarda le ripercussioni che potrebbe avere un tale divieto, Fessler stima che è difficile oggi fare delle previsioni.

«Le esperienze nel cantone Ticino mostrano che in realtà i problemi sono quasi inesistenti. Gli alberghi, dal canto loro, spiegano la nuova legislazione ai clienti arabi, che sembrano rispettarla».

Traduzione dall’arabo: Carole Vann

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