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Un segreto di cui approfittano i quadri superiori

Per l'economista Samuel Bendahan, la mancanza di trasparenza è uno dei principali motivi delle attuali disparità nella ripartizione dei salari rts.ch

Il salario è ancora uno dei segreti meglio custoditi dagli svizzeri. Secondo Samuel Bendahan, un economista di sinistra vodese, rompere l’omertà andrebbe a vantaggio sia delle aziende sia di tutta la società.

A soli 32 anni, Samuel Bendahan è un economista che si è già fatto un nome nei media e dell’opinione pubblica nella Svizzera francofona. Ricercatore e docente presso il Braind Mind Institute del Politecnico federale di Losanna (EPFL), è anche membro del Partito socialista vodese. Intervistato da swissinfo, parla di uno dei tabù più saldamente ancorati nelle imprese e nella cultura elvetiche.

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swissinfo.ch: Perché nel 2013 è ancora quasi impossibile parlare apertamente del proprio stipendio in Svizzera?

Samuel Bendahan: Occorre naturalmente non sottovalutare le ragioni storiche e culturali che in parte spiegano il velo opaco che circonda la questione dei salari in Svizzera. Ma credo che ci sia soprattutto la volontà, da parte di coloro che beneficiano di questo sistema, di mantenerlo così com’è.

Questo piccolo gruppo influente, con i suoi sostenitori nel mondo politico, pretende ostinatamente da decenni che il salario dovrebbe restare segreto, alla stessa stregua della salute o dei problemi personali. Per fortuna le cose stanno iniziando a muoversi, come dimostra l’iniziativa Minder sulle retribuzioni abusive, accettata dal 68% dei votanti svizzeri.

Dal 1992, la società zurighese Ergon SA pratica una politica salariale di totale trasparenza interna. All’inizio di ogni anno, gli stipendi dei circa 170 dipendenti e sono pubblicati sulla rete Intranet.

La struttura salariale si basa principalmente sugli anni di esperienza dei dipendenti, per lo più ingegneri informatici, spiega a swissinfo.ch Gabriela Keller, responsabile delle risorse umane.

La trasparenza va ben oltre, in quanto i dipendenti determinano insieme il bonus assegnato nei vari gruppi di progetto e sono coinvolti in tutte le decisioni della società.

“Questa particolare cultura aziendale funziona perché i dipendenti sono presi sul serio e si sentono coinvolti. Ciò mantiene la motivazione ad alto livello”, afferma Gabriela Keller.

Nel corso degli ultimi 10 anni, la Ergon ha avuto una fluttuazione media del personale del 4%. “La gente rimane a lungo nell’azienda. Ciò è molto importante per la trasmissione di know-how ai nostri clienti”.

Le discussioni sono a volte emotive e il processo decisionale che deriva da questa democrazia di base richiede tempo, ammette Gabriela Keller. “Ma non c’è spazio per la gelosia, perché tutti i dipendenti sanno di essere trattati alla stessa stregua”.

Questo modello aziendale è anche un bel biglietto da visita per la Ergon SA, che l’anno scorso è stata nominata miglior datore di lavoro della Svizzera nell’ambito degli Swiss Arbeitgeber Award.

swissinfo.ch: Lo stipendio non dovrebbe rimanere circoscritto alla sfera privata?

S. B.: No, penso che sia importante sapere che un professore universitario guadagna 150’000 franchi all’anno e un operaio della nettezza urbana 50’000 franchi. Ciò permette a tutti di determinare se trova giusto o ingiusto il modo in cui sono attribuite le risorse nella nostra società.

Naturalmente, conoscere il reddito del vicino non è necessariamente una priorità, ma è indispensabile sapere che retribuzione è associata a ogni posto in un’organizzazione. Invece, quello che si fa con il proprio stipendio, ovviamente, fa parte della sfera privata.

swissinfo.ch: Bisogna esigere, come fanno alcuni politici a livello federale, maggiore trasparenza salariale nelle aziende svizzere?

S. B.: Sì, perché la mancanza di trasparenza è uno dei motivi principali che spiegano l’attuale distribuzione ingiusta e disuguale dei salari. In un’azienda è molto difficile sapere quanto guadagnano i colleghi. Di conseguenza, alcuni dipendenti a volte sono sottopagati senza neanche rendersene conto.

Molti meccanismi salariali sono completamente arbitrari, ma, siccome nessuno lo sa, non cambia nulla. Aumentare la trasparenza costringerà le aziende ad attuare un meccanismo retributivo più giusto, altrimenti si troveranno nel mirino delle critiche interne.

swissinfo.ch: Le aziende hanno realmente interesse ad essere più trasparenti?

S. B.: Assolutamente! Numerosi studi hanno dimostrato a che punto le disparità salariali siano fonte di demotivazione in una società. Quando un dipendente viene a sapere che è stato versato uno stipendio molto elevato o un bonus consistente, tende ad abbassare le braccia, considerando che il suo lavoro non è apprezzato al suo giusto valore. Questo rappresenta un costo enorme per le imprese. Invece, se la società è trasparente e si impegna a condurre una politica salariale più giusta, l’impatto in termini di motivazione sarà enorme.

swissinfo.ch: Perché dunque non lo fanno?

S. B.: Perché la mancanza di trasparenza va a vantaggio di qualche persona. Soprattutto ai quadri superiori, che fanno la parte del leone nella ripartizione dei salari, ma anche ai dipendenti che sono riusciti, tramite abili giochi politici, ad ottenere rimunerazioni che non hanno alcun rapporto con la loro prestazione. Nel complesso, anche gli uomini ne approfittano, perché beneficiano senza alcuna giustificazione di salari in media superiori del 20% rispetto alle donne.

swissinfo.ch: La sua visione sembra alquanto idilliaca. Ma una società che decide di praticare la trasparenza non rischierebbe di suscitare gelosie e conflitti tra i dipendenti?

S. B.: Certamente esiste questo rischio. Ma si manifesterà principalmente in aziende che praticano una politica salariale illegittima. Questo è il caso, ad esempio, quando una donna guadagna meno di un uomo per lo stesso lavoro o certi posti sono strapagati rispetto a ciò che portano all’organizzazione.

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swissinfo.ch: Nelle sue parole, si sente l’attivista socialista che parla. Ma se ci si attiene agli argomenti scientifici, una maggiore uguaglianza salariale è davvero auspicabile?

S. B.: Sì, empiricamente e da un punto di vista puramente economico, è stato dimostrato che una maggiore equità salariale ha senso. Le persone che hanno alti salari tendono a consumare meno in proporzione al loro reddito. Con una migliore ripartizione dei salari, si potrebbero aumentare i consumi e rilanciare un sistema economico che non va molto bene.

Inoltre, negli ultimi anni sono stati realizzati molti studi sul rapporto tra denaro e felicità. È stato dimostrato che al di là di un reddito annuo di 100’000 franchi, il denaro non fornisce alcuna soddisfazione supplementare. Mentre il reddito supplementare ricevuto nella fascia inferiore influenza fortemente la felicità.

In termini di benessere sociale, è dunque più opportuno disporre di una popolazione che guadagna da vivere in modo decente piuttosto che poche persone che guadagnano molto.

swissinfo.ch: Maggiore trasparenza porta forzatamente a maggiore uguaglianza?

S. B.: Non necessariamente. La società nordamericana è molto trasparente, in termini di salari, ma le disuguaglianze sono ancora molto forti. Senza trasparenza, l’uguaglianza è impossibile, ma la trasparenza da sola non conduce alla parità. Occorre che l’azienda decida di attuare politiche più eque, ma soprattutto che la trasparenza vada di pari passo con normative più forti. È infatti necessario definire norme comuni sulla base di quello che la società considera un sistema salariale giusto.

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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