Banche svizzere ed evasione fiscale USA: a che punto siamo?
La vertenza fiscale tra gli Stati Uniti e le banche svizzere ha superato una nuova tappa. Tutti gli istituti elvetici nella "categoria 2" del programma di regolarizzazione USA hanno risolto il contenzioso, ha comunicato il 26 gennaio il Dipartimento di giustizia (DoJ). swissinfo.ch ripercorre la lunga disputa e valuta quanta strada resta prima che cali definitivamente il sipario.
Il DoJ ha indicato che il programma per gli istituti di “categoria 2” si è concluso con un incasso di 1,36 miliardi di dollari (circa 1,38 miliardi di franchi), versati da 80 banche svizzere. Si tratta di banche che ritengono di avere violato il diritto fiscale degli Stati Uniti.
Come è iniziata la vicenda?
Gli Stati Uniti sospettavano da anni che nelle banche nella Confederazione si nascondessero i soldi di molti evasori fiscali statunitensi. Ma il segreto bancario svizzero impediva alle autorità USA di dimostrarlo.
La situazione è cambiata quando nel 2007 l’ex dipendente dell’UBS Bradley Birkenfeld ha presentato al DoJ ampie prove documentate. L’anno successivo, il DoJ ha aperto un procedimento penale contro l’UBS. La più grande banca svizzera nel 2009 ha così dovuto pagare una multa di 780 milioni di dollari.
Tuttavia, altri istituti elvetici hanno percepito un’opportunità di immunità. Hanno pensato che non essendo operative sul suolo americano sarebbero sfuggite alla giustizia degli Stati Uniti.
Ma il DoJ ha risposto incriminando diverse banche svizzere. Tra queste la Wegelin, ossia la più vecchia banca privata elvetica, che nel 2012 è stata costretta ad abbandonare le attività negli Stati Uniti e vendere i suoi comparti in Svizzera, prima di essere condannata l’anno dopo.
Cosa è esattamente la “categoria 2”?
Il programma del DoJ per risolvere il contenzioso fiscale comprende quattro categorie. La 2 riguarda le banche – sia svizzere, sia estere con una filiale in Svizzera – che hanno gestito conti intestati a presunti evasori fiscali negli Stati Uniti.
Washington e Berna, dopo intensi negoziati diplomatici, avevano raggiunto un’intesa sul programma nell’agosto 2013. Quest’ultimo consente a qualsiasi banca in Svizzera, contro la quale non è già in corso un procedimento penale negli Stati Uniti, di riconoscere le proprie infrazioni al diritto americano e pagare una multa, evitando così potenziali azioni giudiziarie rovinose negli USA. Il compromesso diplomatico era stato concordato quando aleggiava lo spettro di una moltiplicazione di casi come quello della banca Wegelin, che aveva scosso la piazza finanziaria elvetica.
Il programma riguarda conti di clienti americani gestiti dalle banche dal 1° agosto 2008 in poi. Le autorità americane si basano infatti sul presupposto che a partire da tale data, alla luce del procedimento penale contro l’UBS, le banche dovevano ragionevolmente essere consapevoli della posizione degli Stati Uniti in materia di evasione fiscale. Qualsiasi banca che ha continuato ad intrattenere relazioni con potenziali evasori fiscali americani, o peggio ancora ha “recuperato” quelli di altri istituti sotto inchiesta, avrebbe dovuto aspettarsi di finire nel mirino del DoJ.
Nella “categoria 1” rientrano invece le banche contro le quali era stato avviato un procedimento penale già prima che fosse stato raggiungo l’accordo sul “programma banche svizzera”. Nella “categoria 3” sono collocate le banche che hanno dichiarato di gestire conti di clienti americani che sono però in regola con l’erario statunitense. La “categoria 4” è riservata alle banche svizzere che non hanno clienti statunitensi.
Le multe versate dalla “categoria 2” sono un successo per il fisco?
Dipende da come si guarda il risultato. Il DoJ lo ha presentato come un successo fenomenale. Ha sottolineato che gli Stati Uniti hanno anche incassato 8 miliardi di tasse retroattive e multe di clienti delle banche svizzere. Inoltre hanno così raccolto documenti che costituiscono prove sufficienti per procedere contro degli avvocati e altri intermediari.
L’agenzia di stampa Bloomberg ha calcolato che complessivamente le banche della “categoria 2” detenevano 35’096 conti di clienti americani, per un totale di circa 50 miliardi di dollari, tra il 2008 e il 2013. Le multe incassate equivalgono al 2,7% di tali attività. Potrebbero esserci persone negli Stati Uniti a cui questa percentuale sembra magra.
La multa individuale più salata (211 milioni di dollari) è stata sborsata dalla banca privata BSI. La media delle multe versate dalle 80 banche è di 17 milioni di dollari ciascuna. Le banche hanno inoltre dovuto pagare milioni di dollari di spese legali e amministrative.
Ma le cifre da sole non raccontano tutta la storia. Per ogni accordo, il DoJ ha anche pubblicato dettagli scabrosi sulle attività bancarie. Tra i particolari emersi, figurano l’apertura di società di copertura e trust per nascondere le identità e le consegne segrete da parte di dipendenti bancari di contanti e lingotti d’oro ai clienti. Queste informazioni avranno un impatto negativo sulla reputazione degli istituti finanziari in questione.
Altri sviluppi
Accordo con gli USA: gli equilibrismi delle banche
Per finire, lo “Swiss Bank Program” ha avuto un ruolo anche nello smantellamento segreto bancario svizzero. Dal 1° luglio 2014, le banche svizzere sono obbligate a informare le autorità statunitensi circa ogni cittadino americano che apre un conto.
È tutto?
Niente affatto. Ci sono ancora in ballo le categorie 1, 3 e 4. Per definizione, le 26 banche iscritte nelle ultime due categorie, non hanno fatto niente di male. Ma tra le 106 banche che avevano sottoscritto il programma alla fine del 2013, diverse in seguito hanno cambiato statuto. Ciò significa che alcune banche si sono spostate dalla categoria 2 alla 3 o alla 4.
In sé ciò è una buona cosa. Perlomeno lo è se gli Stati Uniti sono d’accordo con la classificazione. Problemi potrebbero però sorgere per qualsiasi banca che si fosse registrata nella categoria sbagliata, rispetto alle definizioni di colpevolezza formulate dal DoJ per ognuna di esse.
Inoltre vi sono ancora undici banche della “categoria 1” che erano sotto inchiesta penale prima che fosse concordato il “Programma banche svizzere” e che lo sono tuttora. Le multe per queste potrebbero essere decisamente più spettacolari.
Basti ricordare che il Credit Suisse è già stato costretto a pagare 2,8 miliardi di dollari nel 2014. È però anche vero che era la più grande banca sotto inchiesta e che non aveva cooperato nel modo più completo come chiesto dal DoJ.
Indicativo per l’ordine di grandezza su cui dovrebbero aggirarsi le multe è quanto annunciato all’inizio di gennaio la banca Julius Bär: l’istituto – che è il più grande ormai rimasto nella “categoria 1” del programma – ha accantonato 550 milioni di dollari in vista della regolarizzazione. Ma per sapere il totale delle multe, si deve ancora pazientare. Probabilmente si potranno tirare le somme quest’anno.
(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)
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