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Vecchi temi per nuove votazioni

Busta di voto
© Keystone / Salvatore Di Nolfi

Il popolo svizzero è chiamato alle urne il 18 giugno. In programma, due temi ben noti che ritornano d'attualità, ma sotto una forma un po' diversa: la legge sul clima e la legge Covid-19. Il terzo e ultimo oggetto riguarda la fiscalità delle grandi imprese internazionali.

In seguito alla crisi finanziaria e poi economica del 2008, gli Stati hanno avuto bisogno di moltissimo denaro per impedire al sistema di crollare. In tale contesto, non si potevano più chiudere gli occhi sul fatto che imprese multimiliardarie – in primo luogo le famose GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) – riuscissero a sfuggire a buona parte delle imposte ricorrendo alle opportunità offerte dai “paradisi fiscali”. È la ragione per cui, al termine di lunghi negoziati, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) è riuscita a lanciare una riforma su scala planetaria che esige un tasso di imposizione minimo del 15% per le multinazionali la cui cifra d’affari supera i 750 milioni di euro all’anno.

Paesi come il Lussemburgo, l’Irlanda o la Svizzera attirano da tempo grandi multinazionali grazie anche a una fiscalità attrattiva. Ma  hanno dovuto allinearsi alla decisione dell’OCSE per evitare misure di ritorsione. La particolarità elvetica è quella di sottoporre la decisione al voto popolare, dato che il testo prevede una modifica costituzionale, che sottostà a un referendum obbligatorio.

Il Governo e la maggioranza del Parlamento raccomandano di accettare questa imposta minima. Stranamente, la sola opposizione di peso arriva dal Partito socialista, che tradizionalmente si batte per un più forte tassazione delle grandi imprese.

La questione di fondo, ovvero l’imposizione minima al 15%, non è contestata. La sinistra non è però d’accordo con il metodo di ripartizione dei fondi supplementari generati da questo cambiamento nella fiscalità delle imprese. Il progetto sottoposto al giudizio popolare prevede che tre quarti delle entrate supplementari vadano ai Cantoni e un quarto alla Confederazione. La sinistra preferirebbe una ripartizione in parti uguali, poiché secondo lei la Confederazione è più propensa a meglio ripartire i fondi a beneficio dell’insieme della popolazione.

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Nuovo tentativo per la legge sul clima

La Svizzera punta a raggiungere un saldo netto delle emissioni di gas a effetto sera pari a zero (neutralità climatica) entro il 2050. Una legge deve fornire un quadro giuridico per arrivare a questo traguardo.

Nel giugno del 2021, una nuova legge sul CO2 era stata respinta in modo risicato (51,6%) dal popolo. Questo primo progetto è fallito a causa delle nuove tasse che prevedeva. Il Governo e il Parlamento si sono dunque rimessi al lavoro e hanno preparato una nuova versione della legge. Quest’ultima funge da controprogetto all’iniziativa “per i ghiacciai” che nel frattempo è stata ritirata.

Il nuovo progetto riprende l’obiettivo di zero emissioni dell’iniziativa e prevede lo stanziamento di una somma di due miliardi di franchi su dieci anni per rimpiazzare i sistemi di riscaldamento alimentati da energie fossili con soluzioni più rispettose dell’ambiente. Non sono invece contemplate nuove tasse. Anche il divieto di combustibili e carburanti fossili, chiesto dall’iniziativa, non è esplicitamente menzionato.

La nuova legge sul clima è considerata una soluzione di compromesso che gode di ampio sostegno di gran parte dello scacchiere politico. Non ha però convinto l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) che è riuscita a raccogliere le 50’000 firme necessarie per sottoporre il testo al giudizio delle urne. Il primo partito del Paese ritiene che la neutralità climatica dovrà passare obbligatoriamente dal divieto delle energie fossili, il che provocherà una penuria di elettricità che costerà molto cara alle economie domestiche e alle aziende.

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Ter repetita placent

Una famosa locuzione latina (bis repetita placent) indica che le cose ripetute spesso sono gradite. Il minimo che si possa dire è che la politica svizzera ha fatto sua questa massima poiché, il 18 giugno, sarà la terza volta in qualche mese che il popolo si esprimerà sulla base legale delle misure di lotta alla pandemia.

Il tema approda nuovamente alle urne poiché due movimenti cittadini contrari alle misure sanitarie hanno lanciato un referendum. Sono prese di mira, in particolare, le norme che permettono l’istituzione del certificato Covid e quelle che regolano l’app di tracciamento SwissCovid.

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Il dado è (quasi) tratto

Le due precedenti votazioni sono sfociate in un’ampia accettazione (oltre al 60%) della politica governativa nell’ambito della pandemia. Sembra dunque poco probabile che il 18 giugno le cose andranno in modo diverso ora che lo spettro del coronavirus è un ricordo sempre più lontano e che gli animi si sono calmati.

I sondaggi mostrano che la legge Covid-19 dovrebbe facilmente superare lo scoglio delle urne. Lo stesso vale per la modifica della fiscalità delle multinazionali, che gode di molto sostegno.

Se dovesse esserci una sorpresa domenica arriverebbe probabilmente dalla legge sul clima. All’inizio di giugno, il 63% di chi ha risposto al sondaggio della SSR dichiarava di voler votare “sì”, ma si tratta comunque di un dato in calo di ben 9 punti percentuali rispetto al precedente rilevamento. Il sostegno si sta erodendo tra tutti i gruppi della popolazione, con l’eccezione di chi vota sinistra. Ciononostante, i politologi e le politologhe dell’istituto gfs.bern non si aspettano che il testo sarà respinto.

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Il sostegno alla legge sul clima sta diminuendo

Questo contenuto è stato pubblicato al La legge sul clima dovrebbe superare lo scoglio delle urne, anche se il campo del “sì” ha perso terreno, stando al secondo sondaggio SSR.

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Le informazioni ufficiali della Confederazione sulle votazioni federali del 18 giugno 2023Collegamento esterno

Traduzione: Zeno Zoccatelli

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