L’occhio del Web mi sta guardando
Nel primo racconto di fantascienza della nostra nuova serie, un team di ricercatori che analizzano video deepfake durante la pandemia di Covid-19 segue ciecamente il nuovo capo, ma finisce per scoprire qualcosa di terribile che mette a rischio l’intera operazione… e le persone coinvolte.
Con questa serie di racconti di fantascienza vogliamo aiutarvi a immaginare come le tecnologie attualmente oggetto di ricerca in Svizzera potrebbero plasmare le nostre vite.
Ancora offuscata dal sonno, Reggie allungò la mano a cercare il telefono. Erano le 7:52.
Lavorare da casa non era esattamente il suo sogno, ma lavorare a letto le consentiva di essere pronta in appena otto minuti, esclusa l’occasionale doccia.
Con un bel bricco di caffè fumante a portata di mano, entrò nei vari sistemi di networking da remoto e diede un’occhiata a Slack per le istruzioni della giornata. Annabel le aveva inviato una lunga lista di cose da fare, concludendo con: “Non deludermi!”.
Reggie alzò gli occhi al cielo, ma in realtà ci teneva a fare bella figura. Nei due mesi in cui aveva lavorato per lei si erano sentite di rado su Zoom, ma Annabel era un ottimo modello da seguire: sette lingue, un curriculum di analisi e di intelligence davvero notevole, capo di un team di disinformazione transnazionale a soli 30 anni.
Utopia o distopia? Sogno o realtà? L’odierna rivoluzione tecnologica ci pone di fronte a domande fondamentali sul futuro dell’umanità. Le nuove tecnologie saranno nostre alleate o nostre avversarie? Come cambieranno il nostro ruolo nella società? Siamo destinati a trasformarci in una specie di superuomini o a essere surclassati dalle macchine?
“Le utopie e le distopie del domani” è una serie di brevi racconti fantascientifici creati da SWI swissinfo.ch per rispondere a queste domande in maniera innovativa e visionaria. Grazie alla creatività di un gruppo di scrittori di narrativa e alla collaborazione di ricercatori e professionisti che, in Svizzera, lavorano negli ambiti menzionati nei racconti, cercheremo di immaginare come la tecnologia potrebbe plasmare le nostre vite. Ogni racconto sarà accompagnato da un articolo scritto in collaborazione con importanti scienziati svizzeri, per farvi capire cosa succede in alcuni dei campi di ricerca più avanzati e scatenare la vostra immaginazione!
La prima voce in elenco era un presunto discorso di Orban che stava guadagnando popolarità. Sembrava piuttosto realistico, ma da quando l’uomo forte dell’Ungheria si mostrava ben disposto verso i rifugiati? Bastarono pochi clic per orientarla a un noto collettivo di hacker russi, tuttavia il suo vero lavoro non era capire chi fosse stato, ma perché. Cosa ci guadagnava la Russia da un’Ungheria più liberale o da un Orban furente?
Dando la schiena alla postazione di lavoro, Reggie prese il suo portatile personale ed entrò nel dark web. Aprì una chat room ben protetta e digitò:
Orban liberale/pro-immigrazione in un video deepfake. Chi ci guadagna?
Una rapida occhiata all’orologio le disse che era troppo presto per aspettarsi una risposta, a meno che i suoi amici in Asia orientale non avessero sviluppato un improvviso interesse per l’Ungheria. Meglio darsi da fare con le altre richieste di Annabel: la lotta contro le #fakenews non si fermava mai.
Kate Walker è una giornalista freelance inglese che si occupa di sport motoristici per testate come il Financial Times, il New York Times ed ESPN. Scrive racconti per hobby.
Per l’ora di pranzo Reggie aveva sfatato una mezza dozzina di video falsi, attribuiti a politicanti che invocavano un’ulteriore disgregazione dell’UE, e si era quasi dimenticata della domanda nella chat room. I nerd e gli appassionati a cui aveva fatto appello invece no: il forum del dark web peelthis.onion brulicava di risposte, e ogni hacker detective voleva dire la sua.
L’impronta dei russi sul finto discorso di Orban era stata confermata, con hacker più esperti di lei che facevano a gara per dimostrare la propria abilità. Tuttavia non c’era un’opinione univoca sul perché di quel filmato, e Reggie aveva un lungo elenco di video virali da esaminare.
La chiamata Zoom con Annabel fu più disturbata che mai, con continui glitch, per cui, dopo diversi tentativi infruttuosi, tornarono a comunicare via Slack. Reggie non sarebbe mai riuscita a capire come la dirigente di un’azienda tecnologica potesse sopravvivere in un appartamento con un Wi-Fi così terribile, nonostante la splendida vista sul lago di Zurigo. Annabel però sembrava soddisfatta del suo lavoro, considerato che gliene affidava sempre di più.
D’un tratto le arrivò una notifica. Puoi parlare? Era Simon, il collega con cui avrebbe dovuto dividere la scrivania, se non fossero stati assunti nel bel mezzo della pandemia. Al telefono, dico.
Il cellulare iniziò a vibrare prima ancora che Reggie potesse rispondere. “Simon. Che c’è?”.
“Stai ancora lavorando ai video che ha mandato Annabel?”
“Già! Sembra di non finire mai”.
“Non è che potresti mollare tutto un secondo e analizzare il video che sto per mandarti?”.
“Certo. Cosa devo cercare?”.
“Preferisco non dirtelo. Voglio sapere se vedi anche tu quello che vedo io. Usa i soliti algoritmi di rilevamento e fammi sapere quando hai finito, ok? Ah, mi raccomando, usa Telegram per qualsiasi comunicazione su questa faccenda”.
* * *
Reggie allontanò il viso dallo schermo, la bocca spalancata, e afferrò il telefono. “Simon. È Annabel, vero? Lei non è…”
“Reale? Ho avuto la stessa impressione”.
“Il codice sorgente. Non ha alcun senso. Cosa nasconderà?”.
“È quello che dobbiamo scoprire”.
“Noi? Ma siamo solo dei pivellini!”.
“O siamo delle tali nullità che nessuno farà caso a quel che facciamo? Questa cosa non deve assolutamente arrivare in ufficio”.
Reggie rise: “Quale ufficio? La mia camera da letto?”. Fuori dalla sua finestra, nubi temporalesche si addensavano sopra le montagne a sudest.
“Sto parlando sul serio, Reg. Non sappiamo con chi abbiamo a che fare”.
“Allora cominciamo dall’inizio. Cosa sappiamo di ‘Annabel’? Dell’azienda? Vediamo cosa c’è di certo e partiamo da lì. Siamo o non siamo analisti? Analizziamo la situazione”.
* * *
Reggie percorreva il balcone a grandi passi, cercando disperatamente di trattenersi dall’andare a prendere un pacchetto di sigarette al negozio giù di sotto. Dopo tre giorni ininterrotti di analisi ed elaborazione dati, lei e Simon non avevano fatto grandi progressi su Annabel. Il loro capo non esisteva, su questo non c’erano dubbi, ma non avevano la minima idea di chi l’avesse creata o perché.
L’unica cosa che sapevano era che si trattava di una faccenda che andava avanti da parecchio tempo: ‘Annabel’ aveva una traccia online lunga più di dieci anni. Ecco perché Reggie aveva deciso di fare ricorso all’artiglieria pesante, che Simon fosse d’accordo o meno.
Il trillo del citofono non interruppe le sue fantasticherie. Il suo cervello, però, registrò nel suono un’eco di codice morse, un S.O.S. che la attirò verso l’ingresso. Sullo schermo si vedeva un uomo in occhiali da sole e mascherina, i cui tratti distintivi erano stati obliterati dalla pandemia.
“Sì?”.
“Signorina Neubauer, sono dei servizi segreti. Può concedermi un attimo del suo tempo?”.
“I servizi segreti?”.
“È per il suo forum. Mi farebbe salire?”.
* * *
Reggie chiuse la porta alle spalle dell’agente che usciva e, per la prima volta da quando viveva in quell’appartamento, sprangò tutte e tre le serrature. Non fu comunque sufficiente a farla sentire al sicuro.
Il signor Brunner (sempre che fosse il suo vero nome) aveva blaterato a lungo sulla neutralità svizzera prima di arrivare al punto. Reggie non aveva ancora capito se gli svizzeri fossero davvero neutrali o solo infastiditi all’idea di non far parte dell’alleanza dei Cinque Occhi. Sapeva solo di aver scatenato un vespaio.
“Le sue attività online”, aveva detto Brunner, “sono giunte alla mia attenzione perché potrebbero andare a sovrapporsi a una delle mie aree di interesse. Lei si occupa di analizzare deepfake, giusto?”.
“Giusto”.
“E le sue attività sul dark web non sono approvate dall’azienda, o sbaglio?”.
“Dark web?”.
“Non mi prenda per stupido. Si è messa a fare domande in giro, no?”. La fissò con i suoi pallidi occhi azzurri. “Le consiglio di lasciar perdere”.
Reggie ripensò a ogni istante della loro conversazione, scorrendo il forum alla ricerca di indizi tra tutte le tesi complottiste che aveva precedentemente scartato. Seguendo ogni mormorio con il fervore di membri del QAnon, i suoi contatti avevano compilato vari dossier di ricerca. Persino l’azienda per cui lavorava era stata fondata da società di comodo su società di comodo in mercati offshore, con l’appoggio delle agenzie di intelligence anglo-statunitensi. Reggie digitò:
C’è niente sui deepfake che i servizi segreti non vorrebbero farci sapere?
Fu subito sommersa di risposte, ma solo una attrasse la sua attenzione.
BrunBear: Vedo che non ha l’abitudine di ascoltare i buoni consigli. Le avevo detto di lasciar perdere…
Dietro di lei, un fracasso di legno in frantumi e urla di non muoversi.
Quanto è realistica la storia che avete appena letto? Due esperti svizzeri di deepfake spiegano perché sta diventando sempre più facile ingannare l’occhio umano e diffondere la disinformazione tramite video falsi:
Altri sviluppi
Vedere per credere? Come i deepfake stanno modificando la nostra visione della realtà
Traduzione dall’inglese: Camilla Pieretti
Traduzione dall’inglese: Camilla Pieretti
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