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Gli svizzeri affondano la grande riforma del sistema previdenziale

Rentenreform
Previdenza per la vecchiaia 2020 era stata approvata di stretta maggioranza dal parlamento, dopo diversi anni di lavori e di dibattiti. Keystone

Niente da fare neppure per l'ennesima proposta di riformare il sistema previdenziale, volta a garantire anche in futuro il finanziamento delle pensioni. I votanti hanno bocciato sia la legge sulla Previdenza per la vecchiaia 2020, che l'aumento dell’Imposta sul valore aggiunto a favore dell’AVS. Nuova cocente sconfitta per il governo.

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Il sistema di previdenza per la vecchiaia rimane una montagna troppo alta da scalare per il governo e il parlamento. Mentre diversi altri paesi europei hanno varato negli ultimi anni nuove leggi per garantire il finanziamento delle pensioni di fronte alle grandi sfide economiche e demografiche, a cominciare dall’invecchiamento della popolazione, in Svizzera l’ultima riforma che ha superato la prova delle urne risale al 1997. 

Da allora, tutti i progetti presentati sono regolarmente naufragati in seguito all’incapacità dei partiti di trovare un compromesso oppure dinnanzi al popolo. Stessa sorte è toccata questa domenica a Previdenza per la vecchiaia 2020, con la quale il governo e la maggioranza delle Camere federali intendevano proporre un’ampia riforma dei due pilastri obbligatori che sorreggono il sistema pensionistico: l’Assicurazione per la vecchiaia e i superstiti (AVS), gestita dallo Stato, e la previdenza professionale, amministrata dalle casse pensioni e dalle assicurazioni private. 

La legge sulla Previdenza per la vecchiaia 2020 è stata bocciata da quasi il 53% dei votanti. La normativa ha ottenuto una maggioranza di schede solo in 8 dei 26 Cantoni, tra cui il Ticino. La proposta di aumentare l’Imposta sul valore aggiunto (IVA) per garantire un ulteriore finanziamento dell’AVS è stata respinta da poco più del 50% dei partecipanti alla votazione e da 16 Cantoni. 

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Nuovo rovescio per il governo

L’esito di questo scrutinio costituisce senza dubbio un altro pesante rovescio per Consiglio federale, già uscito sconfitto lo scorso 12 febbraio in occasione del voto sulla Riforma dell’imposizione delle imprese III, bocciata da oltre il 59% dei votanti. Nel giro di mezz’anno, il governo si vede così sconfessato dal popolo su due delle più importanti revisioni di legge presentate nel corso di questo decennio. Gli elettori hanno invece accolto il 21 maggio scorso un’altra grande riforma elaborata e sostenuta dal Consiglio federale, la nuova Strategia energetica 2050, approvata dal 58% dei partecipanti. 

Secondo il ministro dell’interno Alain Berset, che aveva mostrato un impegno straordinario nella sua campagna politica per promuovere Previdenza 2020, “è ancora troppo presto per trarre una conclusione di questo voto”. Si tratta, a suo avviso di un risultato chiaro, due volte no, ma non schiacciante né per un oggetto né per l’altro, dato che non si è molto lontani da una maggioranza. 

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“Dopo questo scrutinio, il problema del finanziamento e della stabilità del sistema previdenziale rimane. Desidero quindi riunire il più presto possibile tutti gli attori per valutare i prossimi passi da intraprendere”, ha indicato Berset, ricordando poi che, senza una riforma, i deficit dell’AVS si moltiplicheranno ineluttabilmente nei prossimi anni.

Vittoria per le donne 

Il risultato di questa domenica soddisfa chiaramente gli oppositori di Previdenza per la vecchiaia 2020, a cominciare dalle forze più a destra. Secondo Hans-Ulrich Bigler, consigliere nazionale del Partito liberale radicale (PLR) e direttore dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM), “il popolo ha riconosciuto che si trattava di una riforma fittizia. Ora bisogna elaborare una vera riforma, in grado di garantire un finanziamento a lungo termine del sistema pensionistico, separando totalmente le modifiche e le compensazioni da apportare a entrambi i pilastri”. 

Due voti 

L’elettorato svizzero era chiamato a votare due volte sul progetto Previdenza per la vecchiaia 2020. 

Il primo voto concerneva il finanziamento supplementare dell’AVS mediante l’aumento dell’Imposta sul valore aggiunto. Questo progetto doveva essere sottoposto obbligatoriamente al popolo, dato che era necessaria una modifica della Costituzione federale. 

Il secondo voto riguardava la Legge federale della previdenza per la vecchiaia 2020. In questo caso gli elettori erano chiamati alle urne, dato che alcuni sindacati e gruppi di sinistra avevano raccolto le 50’000 firme necessarie per il referendum contro questa legge, approvata in marzo dalla maggioranza del parlamento.

La partecipazione al voto è stata del 46%.

Reazione positiva anche sull’altra sponda, da parte dei gruppi di sinistra e dei sindacati minori che hanno depositato il referendum contro Previdenza per la vecchiaia 2020. “Questo risultato è una vittoria per le donne, che non dovranno lavorare un anno in più, e una vittoria per tutti i lavoratori, che non vedranno diminuire le loro prestazioni della previdenza professionale”, ha dichiarato Alessandro Pelizzari, portavoce del comitato referendario. “Continueremo a combattere qualsiasi pessima riforma. La lotta non si fa solo in parlamento, ma anche per la strada, come abbiamo dimostrato, raccogliendo le 50’000 firme necessarie per questo referendum”. 

Delusione invece tra i partititi di centro e di sinistra che avevano sostenuto il grande pacchetto di riforme: “Si trattava di un buon compromesso che avrebbe garantito le rendite per la popolazione di questo paese”, ha affermato Regula Rytz, presidente del Partito ecologista svizzero (PES), dicendosi “molto preoccupata” per la prossima riforma che potrebbe uscire da una maggioranza di centro destra e di destra del parlamento.

“La paura di perdere qualcosa è stata molto più grande della disponibilità a un cambiamento”, ha rilevato il senatore socialista Paul Rechsteiner, presidente dell’Unione sindacale svizzera (USS). A suo avviso, questo no “cadrà però sui piedi degli oppositori”, anche perché nel caso di grandi riforme del sistema previdenziale vi sono sempre molte ragioni per un “no”, che si accumulano tra di loro.

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Crisi economica e invecchiamento della popolazione

Dopo questo “no”, una vasta riforma del sistema previdenziale svizzero si fa ancora più urgente e rischia di costare ancora di più. Senza correttivi, il sistema previdenziale è destinato a sprofondare nelle cifre rosse già entro pochi anni. In base agli scenari del governo, l’AVS dovrebbe accumulare un disavanzo di 3 miliardi di franchi nel 2025 e di 7 miliardi nel 2030. Anche la previdenza professionale non sarà più in grado di mantenere il livello attuale delle sue prestazioni.  

A pesare sul finanziamento delle pensioni vi è innanzitutto l’evoluzione demografica, mentre mezzo secolo fa la speranza di vita era di 74 anni per le donne e di 68 per gli uomini, oggi è salita rispettivamente a 84 e 80 anni. Il graduale pensionamento della generazione del baby boom incide inoltre sempre più sul rapporto tra persone attive e pensionati: mezzo secolo fa vi erano cinque persone tra 20 e 64 anni per ogni pensionato, mentre oggi poco più di tre.  

Anche a livello economico il sistema previdenziale si trova di fronte a un contesto precario: il moltiplicarsi delle crisi, l’indebolimento della crescita e il lungo periodo di bassi tassi d’interesse pesano sui rendimenti degli istituti di previdenza e minacciano quindi le rendite. Infine, a livello sociale, qualsiasi futura riforma dovrà tener conto dei cambiamenti in corso sul mercato del lavoro e delle crescenti aspirazioni a un pensionamento flessibile.

Se la necessità di una riforma e di un rinasamento delle istituzioni di previdenza è condivisa da tutti i partiti, neppure dopo questo voto risulta chiaro su quali basi si potrà trovare nei prossimi anni una soluzione di compromesso tra destra e sinistra. Mentre quest’ultima continuerà a battersi contro ogni riduzione delle prestazioni, se non sono accompagnate da misure di compensazione, i rappresentanti della destra respingono qualsiasi ampliamento del sistema previdenziale, soprattutto se comporta aumenti dell’imposizione fiscale.

Opposizioni da destra e da sinistra 

Il progetto Previdenza per la vecchiaia 2020 era sostenuto dalle principali forze di centro e di sinistra – Partito popolare democratico, Partito borghese democratico, Verdi liberali, Partito socialista e Partito ecologista svizzero – per i quali si tratta di una riforma equilibrata che permette di assicurare le rendite per oltre una decina d’anni e rafforzare l’AVS.

Si opponevano invece i maggiori partiti più a destra – Partito liberale radicale e Unione democratica di centro – che considerano il progetto iniquo e inadeguato per risolvere i problemi della previdenza per la vecchiaia. Al centro delle loro critiche figura il supplemento di 70 franchi al mese sulle rendite dell’AVS, previsto dal 2019 soltanto per i nuovi pensionati. La riforma era combattuta anche da alcuni sindacati minori e gruppi di sinistra che respingevano l’aumento dell’età di pensionamento per le donne e riduzioni delle prestazioni della previdenza professionale. 

I tre pilastri del sistema previdenziale  

Il primo pilastro corrisponde alla previdenza statale, ossia all’Assicurazione per la vecchiaia e i superstiti (AVS), che mira a coprire almeno i bisogni vitali al momento del pensionamento. Questa assicurazione obbligatoria per (quasi) tutti viene finanziata tramite contributi di dipendenti, indipendenti, datori di lavoro e Confederazione.  

Il secondo pilastro è costituito dalla previdenza professionale, le cui prestazioni dovrebbero permettere, assieme a quelle dell’AVS, di mantenere in buona parte il proprio tenore di vita dopo il pensionamento. Gestita da casse pensioni e assicurazioni, la previdenza professionale è obbligatoria per tutti lavoratori dipendenti ed è finanziata con i loro contribuiti e quelli dei datori di lavoro.  

Il terzo pilastro concerne invece il risparmio volontario individuale, destinato a colmare eventuali lacune previdenziali e a soddisfare desideri individuali. Alcune forme di questa previdenza facoltativa – conti bancari vincolati e proprietà immobiliari – beneficiano di incentivi fiscali.

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