Approvvigionamento energetico: futuro incerto
Le centrali a gas, una valida alternativa a quelle nucleari, per il fabbisogno energetico del futuro?
Il direttore dell’Ufficio federale dell’energia risponde con un sì convinto, ma la questione è molto controversa.
La creazione di una rete di centrali a gas: sarebbe questa la via da percorrere per coprire il fabbisogno energetico con cui sarà confrontata la Svizzera nel corso dei prossimi decenni, quando gli attuali impianti nucleari si fermeranno.
Il gas naturale viene indicato quale alternativa migliore. Potrebbe contribuire a soddisfare i bisogni energetici quando le attuali centrali nucleari giungeranno al termine del loro ciclo, in attesa di nuovi reattori nucleari. In attesa, anche, dello sviluppo delle tecnologie alternative.
Ma le affermazioni del direttore dell’Ufficio federale dell’energia (UFE) Walter Steinmann hanno suscitato vive reazioni. In effetti, la politica energetica della Confederazione ha quali priorità piuttosto la riduzione dei consumi e l’utilizzo di fonti rinnovabili.
Problema imminente
Entrate in funzione all’inizio degli anni Settanta, le centrali nucleari svizzere di Beznau e Mühleberg saranno attive per un lasso di tempo più lungo rispetto alla trentina d’anni inizialmente prevista. Tuttavia, attorno all’anno 2020 i due impianti chiuderanno i battenti per… raggiunti limiti di età.
Considerando che i 5 impianti nucleari svizzeri producono quasi il 40% dell’energia elettrica consumata a livello nazionale, appare evidente il problema di come colmare il fabbisogno energetico. Oltre alla possibilità di importare dall’estero l’energia necessaria, le alternative – secondo Steinmann – sono sostanzialmente due: nuove centrali atomiche oppure a gas.
A partire dal 2030, saranno disponibili nuovi tipi di impianti nucleari, che rispetto a quelli attuali dovrebbero garantire una sicurezza maggiore e produrre meno scorie radioattive. Tuttavia, non si tratterebbe di una reale alternativa a breve termine: «Prima che una nuova centrale atomica possa essere attivata trascorrerebbero al minimo 15 anni», sottolinea Steinmann, ricordando il lungo iter procedurale e i probabili ricorsi.
Nuove prospettive
Secondo l’UFE, le centrali a gas presentano diversi vantaggi: possono essere pianificate, autorizzate e costruite in tempi più brevi rispetto a quelle atomiche. Inoltre, tra tutte le energie fossili il gas naturale è quella con il minor impatto negativo sull’ambiente e le emissioni CO2 potranno essere ulteriormente contenute in futuro, ad esempio introducendo opportune disposizioni legislative.
Ciò non toglie che di fatto le emissioni nocive aumenterebbero del 15-20%, proprio quando dovrebbero diminuire del 10%, come stabilito dal protocollo di Kyoto sottoscritto dalla Svizzera. Inoltre, i cittadini potrebbero opporsi alla creazione di nuovi stabilimenti inquinanti.
A questo proposito, Steinmann sottolinea che la fase di transizione in cui la Svizzera sarà confrontata a un reale problema energetico, successiva alla chiusura delle due centrali nucleari, è comunque inevitabile. Di conseguenza, secondo il direttore dell’UFE, «è necessario uno sforzo per informare la popolazione».
Parallelamente, la Confederazione intende favorire lo sviluppo di fonti di energia alternative: geotermica, solare ed idroelettrica. Infatti, gli esperti considerano che entro il 2050 le tecnologie in questi settori saranno evolute in maniera da renderle più interessanti per la produzione di energia.
C’è chi dice no
Le considerazioni del direttore dell’UFE non sono certo condivise da tutti. Anton Bucher, direttore dell’Associazione delle aziende elettriche svizzere (AES), afferma che «per colmare il fabbisogno energetico, è necessario proseguire sulla via dell’energia nucleare». A suo parere, tra le soluzioni possibili vi è una cooperazione in materia nucleare con la Francia, oppure mantenere gli impianti di Beznau e Mühleberg in funzione più a lungo.
La lobby nucleare sottolinea inoltre che l’opzione gas naturale presenta svantaggi ambientali e mette in pericolo l’autonomia energetica della Svizzera, ponendola in una situazione di dipendenza dall’estero.
Da parte socialista, infine, la scelta della Confederazione viene valutata positivamente se confrontata all’energia atomica. Tuttavia, il partito preferisce incentivare maggiormente l’utilizzo di energie rinnovabili e non ritiene che l’indipendenza energetica del paese debba essere difesa ad ogni costo. Sulla stessa lunghezza d’onda gli ecologisti, secondo cui il reale problema è quello di diminuire i consumi energetici.
Il dibattito è dunque lanciato: un prossimo importante tassello sarà il rapporto dell’UFE sulle prospettive energetiche, che dovrebbe essere pubblicato a inizio 2006.
swissinfo, Andrea Clementi
Riduzione del consumo e promozione delle fonti rinnovabili sono due pilastri della politica energetica svizzera.
Contrariamente alla Svizzera, diversi paesi europei ricorrono a centrali a gas. In Olanda, questa fonte copre il 60% dei bisogni. Per Irlanda, Gran Bretagna e Italia, questa percentuale va dal 35 al 43%.
Il consumo di energia in Svizzera è aumentato nel 2003 del 2,3% rispetto al 2002.
È stato così superato il record di consumo svizzero registrato nel 2001.
Gli impianti nucleari svizzeri sono: Beznau I (1969), Beznau II (1971), Mühleberg (1971), Gösgen (1978) e Leibstadt (1984).
Le 5 centrali nucleari producono quasi il 40% dell’energia elettrica.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.