Battaglia fiscale tra Svizzera e UE
Le agevolazioni fiscali accordate a certe società da parte di alcuni cantoni svizzeri stanno avvelenando i rapporti tra Berna e Bruxelles.
Finora le autorità svizzere hanno rifiutato di entrare in materia, ma la Commissione europea non sembra disposta a cedere.
I due dossier non sono mai stati associati, ma in Svizzera la neppure troppo segreta speranza era che dicendo sì il 26 novembre al miliardo di coesione a favore dei nuovi Stati membri dell’Unione Europea, Bruxelles avrebbe osservato una tregua sul fronte della fiscalità dei cantoni.
Le aspettative si sono subito infrante: all’indomani della votazione, il direttore generale delle Relazioni esterne della Commissione Europea, lo spagnolo Eneko Ladaburu, ha ribadito che Bruxelles intende denunciare delle pratiche fiscali che giudica contrarie all’accordo di libero scambio Svizzera – UE concluso nel 1972.
La posizione di Bruxelles non è una novità. Con le sue dichiarazioni, Ladaburu ha però confermato una cosa: la Commissione Europea non è assolutamente disposta ad allentare la pressione. Tanto più che lo stesso giorno in cui gli svizzeri hanno detto sì al miliardo di coesione, i cittadini dei cantoni di Zugo, Argovia e Uri hanno accettato una riduzione delle imposte per le imprese e le famiglie.
Divergenze insanabili
Lo scontro rischia di essere frontale: né da Bruxelles né da Berna sono giunti per il momento segnali concilianti.
“La posizione della Svizzera è chiara: dal nostro punto di vista non vi è nulla da negoziare sulla base dell’accordo di libero scambio”, spiega Hanspeter Mock, portavoce della Missione svizzera a Bruxelles. A più riprese, i responsabili politici elvetici hanno sottolineato inoltre che il principio dell’autonomia fiscale dei cantoni è sacro.
Bruxelles non ha nulla contro la concorrenza fiscale – sostiene dal canto suo la commissaria europea per le relazioni estere Benita Ferrero-Waldner – ma essa deve avvenire in modo equo e non discriminante. Diversi paesi dell’Unione, in particolare l’Irlanda e i nuovi Stati membri, hanno giocato e giocano la carta fiscale, ma hanno siglato un codice di condotta per evitare una concorrenza nefasta.
Aiuto statale?
Secondo la Commissione Europea, gli sgravi fiscali accordati da alcuni cantoni elvetici – in particolare Zugo, Obvaldo e Uri – alle società che in Svizzera non svolgono nessuna attività commerciale o solo un’attività commerciale accessoria (holding, società amministrative o società miste) equivalgono a un aiuto statale e sono discriminatori poiché favoriscono certe imprese a scapito di altre.
Per Hanspeter Mock, “la Commissione europea non ha però apportato nessun elemento probante a sostegno delle tesi che presenta”.
“A nostro avviso – prosegue il portavoce della Missione svizzera a Bruxelles – non è stato dimostrato in che modo le pratiche fiscali in vigore in alcuni cantoni hanno a che vedere con l’accordo e a fortiori perché violano l’accordo”.
Stallo
L’organo che in teoria dovrebbe dirimere la controversia è il comitato misto Svizzera-UE sull’accordo di libero scambio. Dal momento in cui Berna stima però che i regimi fiscali “incriminati” non rientrano nel campo d’applicazione dell’accordo, il comitato non può far nulla.
“Il dibattito giuridico è finito; il problema è ormai diventato politico”, spiega Jean Russotto, influente avvocato svizzero a Bruxelles. “Verosimilmente in gennaio o in febbraio, la Commissione europea deciderà unilateralmente di constatare l’incompatibilità delle pratiche fiscali svizzere con l’accordo di libero scambio”.
Una simile decisione permetterebbe alla Commissione di adottare – tramite il Consiglio dei ministri – delle misure di protezione, ad esempio di tassare le riesportazioni o di reintrodurre tariffe doganali.
Secondo Jean Russotto, l’ipotesi di una guerra commerciale è però assai remota. La Commissione sceglierà probabilmente un’altra strada. All’orizzonte, si profilano diverse trattative bilaterali, ad esempio sull’agricoltura o sull’apertura del mercato elettrico.
Altri sviluppi
Accordi bilaterali
Bilateralismo a rischio
“La Commissione potrebbe prendere delle misure che avranno quale effetto di bloccare i negoziati su questi nuovi dossier o di rallentare certi aspetti del bilateralismo”, spiega Russotto. Non bisogna dimenticare, infatti, che gli accordi bilaterali siglati sin qui tra la Svizzera e l’Unione Europea non sono qualcosa di statico. I comitati misti Svizzera-UE creati per gestire questi accordi, ad esempio, si riuniscono di frequente.
“Rallentare questo processo significherebbe attaccarsi alle fondamenta stessa del bilateralismo; la macchina potrebbe cominciare a grippare”, osserva Russotto.
Rimane un terzo scenario: Bruxelles potrebbe anche decidere di lasciare un po’ da parte questo dossier e iniziare comunque dei negoziati sugli altri temi in sospeso. Uno scenario che secondo Jean Russotto non è però molto “realista”.
“La Commissione Europea ha cominciato ad interessarsi della fiscalità dei cantoni svizzeri anche a causa della pressione di alcuni Stati membri, in particolare Francia e Germania, che si considerano minacciati da regimi fiscali come quello elvetico – spiega Russotto. E proprio la Germania da gennaio sarà il prossimo presidente di turno dell’UE”.
swissinfo, Daniele Mariani
L’Accordo di libero scambio tra la Svizzera e la Comunità europea è uno dei pilastri delle relazioni economiche tra Berna e Bruxelles.
Adottato il 3 dicembre 1972, è un sottoprodotto politico del passaggio della Gran Bretagna e della Danimarca dall’Associazione europea di libero scambio ad un’unione doganale più ampia, l’allora Comunità economica europea.
Il campo di applicazione dell’accordo si estende soltanto ai prodotti industriali. I prodotti agricoli sono esclusi.
Secondo diversi studi comparativi, la Svizzera è uno dei paesi più attrattivi in materia di competitività fiscale, assieme ad alcuni paesi dell’est e all’Irlanda.
I cantoni e i comuni sono autonomi in materia fiscale. Le imposte possono quindi variare in maniera molto marcata da un luogo di residenza all’altro.
Zugo è il cantone dove si pagano meno tasse: nel 2005, l’indice era di 55,8 per le società (per l’insieme della Svizzera 100).
Alcuni cantoni (Uri, Lucerna, Obvaldo, Zugo, Svitto…) applicano tassi particolarmente bassi per alcuni tipi di società, ad esempio le holding, che in Svizzera hanno solo delle attività amministrative.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.