Chi decide in seno all’OMC?
L'OMC sostiene di mettere a disposizione del commercio mondiale un regolamento democratico. Ma, secondo un'attuale studio, non sarebbe del tutto vero.
Anzi, l’OMC sarebbe «una delle organizzazioni meno democratiche», affermano alcuni delegati di paesi in via di sviluppo.
L’ex direttore generale dell’OMC, Mike Moore, sosteneva che i regolamenti dell’organizzazione si basano sul rispetto dell’uguaglianza tra le nazioni. «Ogni regola è stata negoziata da tutti gli stati membri e accettata consensualmente», ha dichiarato Moore, in occasione della Conferenza sulla democrazia e il libero mercato tenuta lo scorso anno nel Qatar.
Aileen Kwa, autrice dello studio «Power Politics in the WTO» è però giunta a un’altra conclusione: «Prima gli USA e l’UE cercano una posizione comune, poi allargano la cerchia a Giappone e Canada».
Seguono poi altri stati industrializzati, e insieme con loro alcuni paesi in via di sviluppo vicini alle posizioni del mondo industrializzato. E non si possono ignorare grandi paesi come la Cina, l’India e la Malaysia. «I rappresentanti degli stati più poveri, invece, non vengono invitati e, spesso, nemmeno informati.»
Ricattati i paesi in via di sviluppo
Così, in occasione dell’ultima conferenza ministeriale, sono state varate ulteriori misure di liberalizzazione, sebbene un’ottantina di paesi poveri fossero contrari. Nel suo studio, Aileen Kwa cita un delegato africano: «Il nostro paese gode di condizioni preferenziali presso l’UE per la carne di manzo e lo zucchero. Se non avessimo accettato le misure, avremmo perso queste condizioni preferenziali.»
E ci sono pure state minacce di troncare ogni sostegno finanziario e di boicottare gli investimenti. «Per alcuni paesi, gli aiuti finanziari rappresentano fino al 50 percento del loro budget. Erano quindi minacce terribilmente pericolose», sostiene un altro delegato africano citato nello studio, che come gli altri ha voluto mantenere l’anonimato.
Per Urs Saxer, specialista di diritto internazionale e docente all’Università di Zurigo, pratiche di questo genere equivalgono a dei ricatti inaccettabili.
Nello studio si afferma pure che, dopo l’11 settembre 2001, Stati Uniti e Unione Europea hanno adottato altre misure di pressione. Per esempio, i governi di paesi particolarmente insubordinati sono stati invitati a sostituire i loro delegati a Ginevra, apparentemente contrari al sistema multilaterale, che non avrebbero sostenuto gli sforzi di pace. Conseguenza: tutti i delegati in questione sono stati richiamati.
Gli accordi agricoli danneggiano i paesi in via di sviluppo
In fondo, tutti dovrebbero poter approfittare del benessere, derivante dall’abolizione delle barriere doganali.
Ma secondo le organizzazioni caritative svizzere, il bilancio di otto anni di accordi commerciali è particolarmente negativo per gli stati più poveri. «Non hanno portato i risultati promessi», è la conclusione espressa dalla Comunità di lavoro, che raggruppa Swissaid, Sacrificio quaresimale, Pane per i fratelli, Helvetas, Caritas e Aiuto protestante svizzero.
In molti paesi in via di sviluppo, i prezzi pagati sul mercato mondiale non bastano a coprire le spese di produzione. Per cui, invece di approfittare dell’accesso al mercato, molti paesi devono continuare a importare sempre più generi alimentari, per nutrire la popolazione.
Per di più, gli accordi dell’OMC impedirebbero agli stati di proteggere i propri contadini, attraverso una propria politica agricola. Nuovi dazi sono vietati e, contrariamente ai paesi industrializzati, quelli in via di sviluppo non hanno i mezzi finanziari per compensare gli introiti dei contadini con pagamenti diretti.
L’OMC fisserebbe delle false priorità, impegnandosi totalmente per le esportazioni agricole, invece che sui beni alimentari per i propri bisogni. E sebbene solo il 10 percento della produzione mondiale venga commercializzata a livello internazionale, basta per determinare i prezzi su tutti i mercati nazionali.
swissinfo, Elvira Wiegers
(traduzione: Fabio Mariani)
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