Corso minimo a 1,40: accattivante, ma rischioso
La forza del franco metterebbe in pericolo 40'000 posti di lavoro in Svizzera. Per sindacati ed economia d'esportazione è tempo di correre ai ripari aumentando il tasso minimo del franco. È un'idea che non convince l'esperto in questioni finanziarie Manuel Ammann.
Crisi del debito, pacchetti salva-stati, recessione in agguato: i governi europei, americani e asiatici sono chiamati a risollevare le sorti di un’economia mondiale alla deriva.
«Ci attendono tempi difficili», ha predetto il ministro dell’economia Schneider-Amman la settimana scorsa. Egli teme che in Svizzera potrebbero sparire nel 2012 fino a 40’000 posti di lavoro a causa della persistente forza del franco nei confronti dell’euro. La Segreteria di Stato dell’economia parla di un possibile aumento del tasso di disoccupazione, che passerebbe dall’attuale 2,9% al 3,7% entro la fine dell’anno prossimo.
All’inizio di settembre, la Banca nazionale svizzera (BNS) ha giocato un’ultima carta per frenare il rafforzamento del franco, fissando un corso minimo di 1,20 franchi per un euro. È stato un passo coraggioso, che in molti hanno elogiato e che ha sortito l’effetto sperato.
Successo spiegabile
Il successo può forse sorprendere i profani, ma certo non gli esperti di questioni finanziarie. «La BNS può in linea di massima mantenere qualsiasi corso del cambio, poiché in teoria può emettere moneta in quantità illimitata», illustra a swissinfo.ch Manuel Ammann, direttore dell’Istituto per le banche e la finanza dell’università di San Gallo.
Dello stesso avviso è anche Daniel Lampart, capo economista presso l’Unione sindacale svizzera (USS): «La BNS è la padrona del franco e teoricamente può mettere in circolazione quanta valuta vuole». È uno scenario che serve da spauracchio per chi intende arricchirsi con i corsi del cambio.
L’intervento della Banca nazionale svizzera non sembra tuttavia aver soddisfatto tutti. Infatti, sono sempre più numerose le voci di coloro che vorrebbero aumentare ulteriormente il corso minimo. La Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio nazionale ritiene che la BNS dovrebbe garantire un tasso di cambio di 1,30 franchi per un euro. L’USS propone un cambio di almeno 1,40 franchi.
«Anche con 1,40, il franco sarebbe sopravvalutato. Tuttavia, paragonato all’attuale 1,20 un corso simile sgraverebbe notevolmente l’economia elvetica», indica a swissinfo.ch Lampart. Il capo economista dell’USS ricorda inoltre che 1,50 franchi per un euro alla fine del 2009 erano corretti in un confronto storico con la Germania.
Nella buona e cattiva sorte
Aumentare il corso minimo del franco non è tuttavia privo di rischi. Lo specialista in questioni finanziarie Manuel Ammann evidenzia il pericolo di un’inflazione importata e la perdita di autonomia nella gestione della propria politica monetaria.
In teoria, la BNS potrebbe fissare un tasso minimo di 1,60 franchi, ma «più elevato è il corso minimo di cambio, maggiore è la probabilità per la banca centrale di finire in un vicolo cieco», sottolinea ancora Ammann.
Secondo il professore dell’università di San Gallo, ‘agganciare’ in modo permanente il franco all’euro metterebbe la Svizzera nella spiacevole condizione di dover seguire nella buona e nella cattiva sorte la Banca centrale europea. Se questa, così come viene richiesto da più parti, dovesse sobbarcarsi i debiti di Stato con l’emissione di valuta, coinvolgerebbe nel pagamento dei debiti anche la Svizzera a causa della conseguente inflazione.
Ma qual è il corso ideale?
Nessuno possiede la sfera di cristallo, nemmeno la BNS. Potrebbe succedere che un tasso di cambio ritenuto troppo basso oggi, si riveli troppo elevato tra qualche anno. Non è quindi privo di rischi il tentativo di forzare un corso minimo “ideale” del franco. Infatti, gli interventi della BNS non sono gratuiti e non generano solo vincitori, come invece si è sostenuto finora nel dibattito pubblico, sottolinea Amman.
«Una svalutazione della propria valuta cambia le carte in tavola», continua Amman. Da una parte le ditte d’esportazione sono felici per i vantaggi rispetto alla concorrenza, per i risparmiatori e i pensionanti un deprezzamento significa invece la perdita di potere d’acquisto.
Di tutt’altro avviso è Daniel Lampart dell’USS. Egli sostiene infatti che sono stati proprio i risparmiatori e pensionati a soffrire a causa della forza del franco. Il danaro di molti investitori e casse pensioni è stato investito in azioni e valute estere che a causa del corso del franco avrebbero perso notevolmente valore.
Secondo la Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio nazionale, la BNS dovrebbe nuovamente intervenire sul tasso minimo di cambio del franco fissandolo a 1,30 rispetto a un euro. La Commissione ritiene infatti insufficiente l’attuale limite di 1,20.
A favore di un rafforzamento del franco nei confronti dell’euro si è espresso anche Gerold Bührer, presidente di Economiesuisse. «Spero che la banca centrale aumenti la soglia minima quando l’occasione si presenterà», ha dichiarato in un’intervista a un domenicale.
Anche l’Unione sindacale svizzera (USS) e il sindacato Unia hanno invitato la BNS a fissare il tasso minimo di cambio a 1,40. La Federazione svizzera degli impiegati ha chiesto misure volte ad assicurare un cambio minimo di 1,35 franchi per un euro.
Il 6 settembre, la Banca nazionale svizzera (BNS) ha fissato il corso minimo di 1,20 franchi per un euro.
La misura è stata presa per frenare l’eccessiva valorizzazione del franco nei confronti delle divise estere, in maniera particolare dell’euro.
Prima di prendere questo provvedimento, la BNS aveva aumentato a due riprese, il 10 e il 17 agosto, le liquidità sul mercato monetario, portando gli averi che le banche detengono nei conti giro presso la BNS a 200 miliardi di franchi.
Il 3 agosto la BNS era intervenuta la prima volta contro l’apprezzamento del franco, decidendo di tenere il Libor a tre mesi possibilmente vicino allo zero.
(traduzione dal tedesco, Luca Beti)
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