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I consumatori svizzeri approfittano poco del franco forte

Alla fine del 2008 un euro veniva scambiato con 1,6 franchi; oggi il cambio è sceso a 1,2 Ex-press

A causa della debolezza dell’euro nei confronti del franco, importare in Svizzera prodotti dall’Unione Europea è assai vantaggioso. La fattura per i consumatori elvetici continua però a rimanere la stessa.

Il Dipartimento federale dell’economia (DFE) ha confermato mercoledì quello che molti già sospettavano: i consumatori traggono profitto in maniera assai moderata dai vantaggi conseguiti dalle imprese elvetiche che acquistano prodotti nella zona euro per poi rivenderli in Svizzera.

Una conferma in tal senso è giunta giovedì anche dalla statistica di giugno sui prezzi al consumo: su base annua, infatti, il livello dei prezzi dei beni e servizi importati è rimasto stabile.

Oli minerali e automobili

Le conclusioni a cui è giunto il DFE sono ancora parziali e per questa ragione nel comunicato si dà prova di prudenza, sottolineando che la problematica «deve ancora essere analizzata in modo approfondito». Comunque, la Svizzera «figura attualmente tra i paesi in cui il grado di trasmissione ai consumatori delle oscillazioni dei tassi di cambio si situa tendenzialmente al di sotto della media».

La situazione varia da un tipo di prodotto all’altro. Per gli oli minerali e i prodotti derivati, l’evoluzione del tasso di cambio si ripercuote rapidamente sul prezzo finale. Completamente all’opposto invece il settore delle automobili, nel quale si registra «un cosiddetto ‘pricing to the market’ del tutto svincolato dall’evoluzione dei prezzi nel paese produttore e dall’andamento dei tassi di cambio». Ancor più «singolare» – scrive il DFE – l’evoluzione dei prezzi dei prodotti tessili, d’abbigliamento, di pelletteria e delle calzature, «beni per i quali l’indice nazionale dei prezzi al consumo denota una continua tendenza al rialzo».

L’impressione è che il consumatore svizzero – su pretesto che dispone di un potere d’acquisto più elevato rispetto ai vicini europei – sia trattato un po’ come una vacca da mungere. Una vacca da mungere che però comincia a diventare un po’ turbolenta: stando a quanto riportato dal quotidiano friburghese La Liberté, dall’inizio dell’anno il sorvegliante federale dei prezzi Stefan Meierhans ha ricevuto un numero di reclami pari a quello dell’intero 2010 per quanto concerne la questione della ripercussione del corso dell’euro sul prezzo dei prodotti.

Per Matthieu Fleury, segretario generale della Federazione romanda dei consumatori (FRC), appellarsi al fatto che in Svizzera vi siano condizioni differenti, ad esempio il livello di salari e affitti, è insensato. «È vero che la situazione è diversa, ma una differenza del tasso di cambio permette automaticamente di vendere i prodotti europei a un prezzo inferiore».

Il calcolo è semplice: un prodotto acquistato a 15 franchi e venduto a 30 quando un euro si scambiava contro 1,5 franchi, permetteva un margine di guadagno di 15 franchi. Oggi, con un tasso di cambio di 1,2, lo stesso prodotto potrebbe essere venduto a 27 franchi. Il guadagno, in definitiva, rimarrebbe lo stesso.

Importatori chiamati in causa

I margini di manovra di cui dispongono le associazioni dei consumatori sono però esigui. «L’unica via che abbiamo da un punto di vista legale è quella di rivolgerci alla Commissione della concorrenza, per sapere se tra i diversi attori non vi sia un accordo tacito per non ripercuotere il tasso di cambio sul prezzo dei prodotti. Quando si vede che la concorrenza non funziona, questo sospetto è lecito», sottolinea Fleury.

Il segretario generale delle FRC non punta però il dito solo contro i grandi distributori: «Il mercato svizzero è dominato dagli importatori ufficiali e ciò contribuisce a far sì che i prezzi non evolvano».

Urs Meier, portavoce della Coop, uno dei due colossi svizzeri del commercio al dettaglio, conferma: «La nostra società ripercuote sistematicamente sul prezzo di vendita i vantaggi del tasso di cambio. Quello che però molta gente non sa è che circa il 95% dei prodotti europei del nostro assortimento arriva in Svizzera tramite importatori generali, coi quali abbiamo dei contratti in franchi svizzeri, generalmente a un tasso di cambio fisso di 1,35 franchi».

Il grande distributore cerca di far pressione sugli importatori e «malgrado la forte resistenza» di alcuni di loro è riuscito ad ottenere prezzi più bassi per diversi prodotti: «Dalla fine del 2010 abbiamo abbassato il prezzo di 2’150 articoli, di cui 600 proprio per la diminuzione del corso dell’euro».

Anche l’altro gigante della distribuzione, la Migros, sottolinea che i suoi margini di manovra sono piuttosto esigui, benché dall’inizio dell’anno l’azienda abbia abbassato il prezzo di circa 3’500 prodotti. «Il volume delle merci che acquistiamo nella zona euro si aggira solo attorno al 6-8%, ossia circa 300 milioni di franchi all’anno», osserva Martina Bosshard, portavoce del gruppo.

Turismo degli acquisti

Argomenti, questi, che apparentemente non convincono molti consumatori elvetici, sempre più numerosi a far la spesa nei supermercati francesi, italiani, austriaci o tedeschi nei pressi della frontiera. Stando alle valutazioni del patron di Coop Hansueli Loosli, il turismo degli acquisti fa perdere circa 2 miliardi di franchi al commercio al dettaglio elvetico. Inoltre, questo turismo non si limita ormai più solo ai prodotti che si ritrovano nei supermercati. «La percentuale di importazioni dirette di automobili nuove è salita quest’anno al 6%, contro il 3,5% nel 2010», ha dichiarato alla NZZ am Sonntag Andreas Burgener, direttore dell’associazione degli importatori Auto-Schweiz.

«Non vogliamo che i prezzi diventino estremamente volatili. La situazione attuale dimostra però che i consumatori possono anche essere mobili e trarre profitto loro stessi dal cambio favorevole», conclude Matthieu Fleury. «Per questa ragione gli attori economici svizzeri devono sbrigarsi a ripercuotere la differenza di cambio sui loro prodotti».

Nella sua seduta di mercoledì, il governo svizzero ha ribadito di non voler introdurre misure per sostenere l’economia elvetica a causa del forte apprezzamento del franco. Il quadro congiunturale continua a essere positivo, da un lato grazie a una forte congiuntura interna, dall’altro grazie alla forte crescita registrata in Germania e in Asia, si legge nel comunicato. La crescita del prodotto interno lordo e il volume delle ordinazioni sono tuttora elevati, mentre la disoccupazione è a livelli bassi. Tuttavia in alcuni settori dell’industria d’esportazione si osservano i primi segnali di contrazione e una forte pressione sui margini.

Secondo il Consiglio federale, il controllo dei movimenti di capitali, i tassi d’interesse negativi, la riduzione temporanea dell’IVA per il settore alberghiero o per l’industria d’esportazione e misure protezionistiche per i mercati pubblici, sono inefficienti e controproducenti per l’economia svizzera.

Respinti pure provvedimenti come la riduzione dell’aliquota fiscale sugli utili delle aziende orientate all’esportazione o la concessione di sussidi diretti.

Il governo è dell’avviso che i mezzi più efficaci per lottare contro le fluttuazioni di cambio sono da ricercare nella politica monetaria, che è di competenza della Banca nazionale svizzera. 

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