Idee per un mondo nuovo
Il WEF se ne va e gli oppositori restano: sabato a Zurigo si è tenuta la terza edizione della conferenza internazionale "L'altro Davos".
“Il Forum economico mondiale (WEF) è espressione del disordine globale e non è importante dove si riunisce.” Con poche parole Sarah Schillinger, di attac Svizzera, ha così liberato il campo – aprendo il convegno “L’altro Davos” sabato a Zurigo – dal tema che da mesi domina la discussione in Svizzera sul WEF: il temporaneo trasferimento a New York dell’appuntamento annuale dei leader economici e politici globali.
“L’altro Davos”, ha proseguito la Schillinger, vuole agire in modo indipendente dall'”agenda posta dalle grandi aziende multinazionali”. Semmai il punto di riferimento è per gli oltre 500 partecipanti al convegno un altro: il Forum sociale di Porto Alegre.
“Ci servono idee forti”
Al movimento di critica alla globalizzazione non mancano certo voci autorevoli. Una di esse era quella del sociologo francese Pierre Bourdieu, deceduto mercoledì scorso, a cui gli organizzatori di attac hanno reso omaggio, ricordandone il messaggio di saluto inviato in occasione dell’edizione 2001 della conferenza.
Ma se vi sono pensatori e pensieri, è tuttavia ancora assente un’elaborazione teorica robusta. È Tariq Ali, storico e giornalista di origine pakistana, redattore della inglese “New Left Review”, a ricordare nel suo discorso d’apertura i limiti del movimento.
“Porto Alegre è un accenno di internazionalizzazione dei movimenti di resistenza nel mondo”, ha osservato Ali, “ma non bisogna esagerarne l’importanza.” Per lo storico anglo-pakistano, le istanze di critica alla globalizzazione avranno bisogno, per sopravvivere, di formulare un’alternativa al sistema economico dominante.
“I primi pensatori neo-liberali non erano presi sul serio da nessuno, quando iniziarono a rendere pubbliche le loro idee 25 anni prima della fine della guerra fredda. Ma ora concetti come deregulation, riduzione dell’intervento dello stato e primato del mercato dominano l’azione politica.”
I “no-global” insomma – per usare una denominazione corrente, anche se poco corretta – dovrebbero imparare dai loro avversari e preparare oggi l’egemonia culturale del futuro, “anche se inizialmente non verranno presi sul serio” Con un’avvertenza però: “Per vincere bisogna avere idee che superino l’attuale situazione. Il terrorismo non è una soluzione.”
Discutere per trovare le idee nuove
Forti dei suggerimenti di Tariq Ali, i partecipanti alla conferenza hanno quindi affrontato in numerose tavole rotonde una serie di questioni legate alla globalizzazione e al neoliberismo, quali l’indebitamento dei paesi del sud, la privatizzazione dei servizi pubblici, l’operato delle multinazionali dell’alimentazione, la guerra contro il terrorismo.
Discussioni caratterizzate, come è stato spesso notato in riferimento al movimento “no-global”, da una forte eterogeneità di esperienze e di approcci, ma anche da una notevole capacità di ascolto reciproco.
Per fare un esempio: nella tavola rotonda dedicata alla privatizzazione dei servizi pubblici, alle analisi della politica dell’OMC di un’esponente delle organizzazioni di aiuto allo sviluppo come Marianne Hochuli (Dichiarazione di Berna) si sono affiancate le concrete esperienze di lotta sindacale nelle strutture sanitarie vodesi di Geneviève De Rahm (Sindacato dei servizi pubblici VPOD).
Prospettive diverse che paiono tuttavia convergere in una comune volontà di opporsi alle dottrine neoliberali, ree secondo l’opinione di chi le critica di restringere ovunque, nella politica internazionale come sul posto di lavoro, gli spazi di partecipazione democratica ai processi decisionali.
Andrea Tognina
La conferenza “L’altro Davos” è organizzata da attac (Associazione per la tassazione delle transazioni finanziarie per l’aiuto ai cittadini), con il sostegno degli Amici di “Le monde diplomatique”, del settimanale “Wochenzeitung” e del Sindacato edilizia e industria (SEI)
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