Il design svizzero: semplice e funzionale
Oggetti che sono cultura, cultura che è storia: un libro edito da Pro Helvetia ripercorre le tappe del design in Svizzera.
Orologi, mobili, tessuti come testimoni della mentalità elvetica dall’industrializzazione ad oggi.
Quando nel 1982 l’architetto Mario Botta creò la sedia «Seconda», Giorgio Armani vi fece immediatamente accomodare le sue modelle. Colpo di fulmine per il design elvetico? Chissà.
La stessa frenesia elvetofila sembra aver colpito schiere di polsi avvolti da uno Swatch, migliaia di mani conquistate dai mouse Logitech, e miriadi di gambe che preferiscono muoversi in monopattino invece di camminare.
La Svizzera terra di design? Lo si potrebbe credere se si pensa ad oggetti di successo, come quelli appena citati, o all’orologio della stazione, agli scaffali in alluminio della Lehni, ai mobili da ufficio USM.
Lo «Swiss design», questo sconosciuto
In realtà la faccenda è un po’ più complicata. Se «design» significa cose belle firmate da grandi nomi, la Svizzera, i cui prodotti sono caratterizzati da un certo riserbo formale, ha lasciato solo raramente un’impronta stilistica nella storia del design. Insomma, non è l’Italia e nemmeno l’Inghilterra.
Negli ultimi anni però, l’avvento del trend della «nuova semplicità» ha contribuito a riportare in auge lo «stile svizzero» e ai tradizionali prodotti d’esportazione – orologi, tessuti, macchinari – si sono aggiunti anche mobili e lampade. La sfida, in un mondo sempre più globalizzato che riduce la portata del marchio «made in Switzerland», è quella di riuscire a creare negli acquirenti associazioni mentali decisive ai fini concorrenziali.
Un esempio classico è quello degli orologi. Quando è «svizzero» l’orologio è affidabile e preciso per antonomasia. E l’industria orologiera elvetica è ovviamente interessata a fare in modo che le cose restino così. In altri campi invece la «svizzeritudine» non viene valorizzata. È il caso delle macchine da caffè Nespresso, disegnate da svizzeri e prodotte in Svizzera, ma distribuite su scala mondiale con il nome di varie marche nazionali.
Un libro per ripercorrere la storia del design elvetico
Che i prodotti nati dalla creatività dei designer elvetici siano a modo loro testimoni della mentalità e dei valori svizzeri, lo dimostra il libro «Il design in Svizzera. Cultura dei beni d’uso nel Novecento».
Leggendo il volume edito da Pro Helvetia, si scopre che anche per quanto riguarda il design, in Svizzera vige la specializzazione regionale. Già in epoca preindustriale la separazione era abbastanza netta: orologi in Romandia, tessuti nella Svizzera tedesca. In seguito, per la produzione di mobili e oggetti d’uso la Romandia si è ispirata alla Francia, dove domina la tendenza all’artigianato artistico che limita i contatti del designer con la produzione industriale. La Svizzera tedesca, invece ha avuto un approccio funzionalista, orientato al Bauhaus, scuola d’arte e d’architettura che ha affrontato il problema del prodotto industriale di massa.
Il motivo della scarsa presenza della Svizzera italiana nel campo del design è dovuto a ragioni storiche ed economiche che non hanno permesso lo sviluppo di una cultura spiccata del prodotto. Certo, ci sono l’architetto Mario Botta e le sue sedie ma si tratta di casi isolati.
Rubare il mestiere agli altri
Come fa un paese dalle risorse naturali e umane limitate a mantenersi a galla sul mercato mondiale? La Svizzera ha scelto di approfittare dell’esperienza altrui e di iniettare nelle idee sviluppate da altri il suo «amore per l’ordine, la sua diligenza e la sua affidabilità».
Sono stati raggiunti così, grazie al contributo teorico estero e alla prassi applicativa elvetica, risultati tecnologici pioneristici. Le macchine tessili inglesi, ad esempio, sono state riprese e migliorate. Una delle più famose è la cosiddetta battuta Honegger (Caspar Honegger 1842) che permetteva di tessere sia il cotone multicolore che la seta.
A intuizioni provenienti dall’estero si devono ricondurre anche i mouse Logitech – che hanno conquistato un terzo del mercato mondiale – e gli orologi Swatch.
Scuole, esposizioni, premi e identità
Da un punto di vista teorico, la discussione sul design svizzero si è svolta soprattutto nelle scuole di arti applicate, come la Kunstgewerbeschule di Zurigo. Fonte d’ispirazione e spinta ad una costante ricerca estetica furono, almeno fino al primo quarto del XX secolo, le esposizioni universali.
Mostre e premi contribuirono poi a diffondere e a promuovere il design elvetico. L’esposizione nazionale svizzera del 1939 – passata alla storia con il nome di Landi – segnò il trionfo di una sedia. Ideata da Hans Coray, la sedia della Landi è un esempio di buon design svizzero moderno. Realizzata in alluminio – all’epoca il metallo svizzero per eccellenza – è diventata famosa per le sequenze lineari di sette fori che la caratterizzano ed è presente in molte collezioni di design sparse per il mondo.
Un altro settore che ha tratto vantaggio dal design – e che contemporaneamente ne ha permesso l’affermazione – è quello della «corporate identity». In questo campo il maestro indiscusso del design elvetico è stato Hans Hilfiker. Suo è tra l’altro l’orologio da stazione con la paletta rossa dei secondi (1944), senza il quale in Svizzera una stazione non sarebbe più una stazione.
Oggi il settore trainante del design svizzero è quello dei tessuti di lusso. Sete e pizzi di San Gallo sono ricercati da clienti di spicco provenienti da tutto il mondo. Ma non mancano le storie di successo in altri settori. Basti pensare al monopattino «Micro Scooter» o allo skateboard con manubrio «Wetzer» che da qualche anno a questa parte hanno rivoluzionato il modo di muoversi in città (e non solo in quelle svizzere).
swissinfo, Doris Lucini
Il volume «Il design in Svizzera. Cultura dei beni d’uso nel Novecento» di Lotte Schilder Bär e Norbert Wild, fa parte della collana «Informazione» edita dalla Fondazione Svizzera per la cultura Pro Helvetia. In Svizzera può essere acquistato in libreria. All’estero, il libro può essere richiesto gratuitamente presso le rappresentanze diplomatiche svizzere o direttamente a Pro Helvetia.
Storia del design svizzero
Focus sul Novecento, ma breve excursus sulla società industriale dell’Ottocento
217 pagine
190 fotografie in bianco e nero
Inserto con 53 fotografie a colori per la sezione sul design in campo tessile
Che cosa hanno in comune l’orologio della stazione, i mobili teo jacob, i pizzi di San Gallo e le borracce della Sigg? Semplice, sono tutte manifestazioni del design elvetico.
Il libro «Il design in Svizzera» ripercorre la storia dei beni d’uso, senza perdere di vista gli elementi economici, tecnici, socioculturali ed ecologici che la caratterizzano. Viene così alla luce una «mentalità svizzera in materia di design», forte del senso semplice della forma, dell’accurata lavorazione del materiale e della funzione specifica degli oggetti.
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