Il Naviglio Grande ad Abbiategrasso
Ho tre buone ragioni per andare ad Abbiategrasso. La prima è il nome della cittadina, che mi ha sempre incuriosito. Mi richiama alla mente certe immagini popolari di frati rubizzi e gaudenti, seduti ad un tavolo di legno con un boccale in mano (ingiustamente, perché il nome pare derivare dalla gens romana degli Avius).
La seconda ragione è data dalla geografia ferroviaria d’Italia, o meglio dal tracciato della linea Alessandria-Milano. Niente di più naturale, per un viaggiatore partito da Mortara, che fare tappa a Vigevano e finire ad Abbiategrasso.
Ma è la terza ragione ad essere decisiva: da Abbiategrasso passa il Naviglio Grande, antica via d’acqua che collega il Lago Maggiore a Milano e impressionante esempio di intervento umano sul sistema idrico di un territorio.
I lavori per il Naviglio Grande, primo fra i tanti canali scavati nella pianura lombarda, iniziarono nel XII secolo.
Originariamente il Naviglio era stato pensato per l’irrigazione, ma la costruzione del Duomo di Milano ne mise in rilievo l’importanza come via di trasporto, un’importanza che sopravvisse nei secoli, almeno fino a inizio Novecento.
Dal Lago Maggiore scendevano barche cariche di legname, fieno, formaggio, bestiame, marmi, da Milano risalivano piene di sale, ferro, grano e manufatti.
Oggi, paradossalmente, il Naviglio Grande è tornato alle origini. Poche barche solcano le sue acque, e non per trasportare merci. Il canale serve di nuovo per irrigare i campi.
A qualche chilometro dal centro di Abbiategrasso, in località Castelletto, il Naviglio Grande fa una curva quasi ad angolo retto, abbandonando il percorso parallelo al Ticino per dirigersi verso Milano.
“Abbiategrasso era una tappa importante del percorso sul Naviglio”, mi dice Paola Bianchi, architetto che lavora all’ufficio della cultura del comune. “Tanto più quando fu costruito il Naviglio di Bereguardo, che da Castelletto prosegue verso sud.”
Discutiamo ad un tavolo della Biblioteca civica, dentro al castello della città. “Un tempo da Castelletto un braccio del Naviglio Grande arrivava fin qui, l’acqua alimentava i fossati del castello”.
Fin qui? E dov’è finito quel tratto di Naviglio? “Negli anni Sessanta è stato ricoperto, ora al suo posto c’è viale Mazzini.”
L’architetto non nasconde il suo rammarico. Nel Settecento lungo il Naviglio erano sorte varie dimore signorili. “Un vero nuovo sviluppo urbanistico, al di fuori delle vecchie mura. Ma oggi quei palazzi hanno perso il loro contesto.”
E anche a Castelletto la strada si è imposta con violenza, scavalcando con un alto ponte la confluenza tra Naviglio Grande e Naviglio di Bereguardo. “Oggi c’è però chi comincia a chiedersi se non si possa porre rimedio”, osserva ancora Paola Bianchi.
swissinfo, Andrea Tognina, Abbiategrasso
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