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Il volo italiano di Credit Suisse

Credit Suisse spera probabilmente in un buon risultato della ristrutturazione di Alitalia Keystone

Credit Suisse parteciperà con altre banche all'acquisto del 20% di un'OPA di Alitalia.

Una mossa che desta perplessità, per le difficoltà attraversate dalla banca e dalla compagnia aerea.

Ha sollevato qualche perplessità la notizia che Credit Suisse, la seconda banca elvetica, farà parte della cordata di banche intenzionata a rilevare poco più del 20% dell’aumento di capitale operato dall’Alitalia, rimasto inoptato sul mercato.

OPA in un momento difficile della borsa

La compagnia di bandiera italiana era ricorsa a una collocazione in borsa di azioni e obbligazioni convertibili al prezzo di 0,37 euro, per un totale di 1,432 miliardi di euro. L’operazione però è caduta nel momento peggiore dell’anno per le borse mondiali.

Basti pensare che – nonostante il ministero del Tesoro italiano, titolare del 62,4% dell’azionariato, abbia sottoscritto la medesima quota del nuovo pacchetto – dagli altri azionisti sono arrivate richieste per soltanto il 16%, Sul mercato, perciò, è stato piazzato un misero 1%.

Scarsa considerazione per Alitalia

Le perplessità derivano dalla scarsa considerazione internazionale di cui ha goduto finora l’Alitalia, suffragata nel corso dell’anno scorso anche dalla fuoriuscita del titolo dal gruppo della 30 «blue chip» del listino di Milano.

Le difficoltà di Credit Suisse

La stessa Credit Suisse non attraversa un periodo di forma smagliante. Nel secondo trimestre dell’anno in corso ha registrato infatti perdite per 579 milioni di franchi (circa 395 milioni di euro), mentre nello stesso periodo del 2001 aveva fatto segnare un utile netto di 1,29 miliardi di franchi.

Un passivo che ha superato le attese degli analisti e produrrà certamente un taglio dei dividendi per gli azionisti.

Le ragioni della pessima prestazione sono state individuate nelle perdite del settore assicurativo (Winterthur) e in quello dell’investment banking, che ha scontato il crollo generale delle borse.

Né può essere considerata una buona notizia sullo stato di salute della banca il ritiro dalle quotazioni dal Tokyo Stock Exchange – in cui erano entrate l’11 maggio del 1989 – a causa del troppo basso volume di contrattazione dei propri titoli.

Ristrutturazione di Alitalia

Perché, dunque, optare per un investimento da molti giudicato troppo rischioso come la compagnia di bandiera italiana?

Una ragione può esser forse cercata nei buoni risultati del piano di ristrutturazione – industriale e finanziario – anticipati dal presidente dell’Alitalia, Francesco Mengozzi.

Mengozzi ha annunciato una relazione semestrale che, per la prima volta da tempo immemorabile, evidenzierà un bilancio in pareggio o assai prossimo a questo livello.

Nella stessa giornata entrava in servizio il primo Boeing 777 acquistato dalla compagnia per sostituire il Jumbo. Ed anche questa sarebbe la prova, per Mengozzi, che la società «è uscita finalmente in maniera formale, definitiva e completa dal lungo tunnel» attraversato negli ultimi tempi.

Alitalia si propone insomma come un’azienda risanata, che dovrà completare in modo abbastanza rapido la sua privatizzazione. E su cui, perciò, Credit Suisse – insieme a Banca Imi e Merrill Lynch – ritiene di poter fare un investimento con pretese di ritorno.

Incognite aperte

Restano comunque aperte ancora molte incognite: prima fra tutte il fatto che Alitalia -secondo gli strateghi del trasporto aereo- sarebbe già stata esclusa dal novero ristretto dei grandi vettori che in un futuro abbastanza prossimo monopolizzeranno il traffico internazionale a partire dall’ Europa.

Paolo Bertossa, Roma

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