Kyoto, la nuova tassa che incombe
Il Protocollo di Kyoto entra in vigore, ma la Svizzera non ha ancora definito come rispettare i propri impegni per ridurre l'emissione di gas a effetto serra.
Il governo federale sta esaminando diverse opzioni per incoraggiare o costringere la cittadinanza e il mondo dell’economia a diminuire l’inquinamento da biossido di carbonio.
Il Protocollo di Kyoto sui gas a effetto serra entra in vigore mercoledi e la Svizzera è una delle 141 nazioni – che rappresentano oltre il 60 per cento delle emissioni globali – ad averlo ratificato. Il Protocollo attribuisce all’eccesso di gas ad effetto serra la responsabilità del riscaldamento del pianeta e punta a rallentare l’aumento di temperatura che si registra a livello mondiale.
Sottoscrivendo il Protocollo di Kyoto, gli svizzeri si sono impegnati a diminuire nel paese le emissioni di gas a effetto serra dell’8 per cento rispetto ai livelli registrati nel 1990. Una promessa ribadita nel 1999 da una legge approvata dal Parlamento, che stabilisce in che modo il paese dovrà raggiungere gli obiettivi fissati.
La cosiddetta legge sul CO2 prevede, sempre per rispettare gli impegni assunti a Kyoto, che la Confederazione riduca del dieci per cento le emissioni di biossido di carbonio derivanti da combustibili fossili. L’inquinamento da combustibili riscaldabili* dovrà essere tagliato del 15 per cento e quello derivante dai combustibili per motori dell’8 per cento.
Gli incentivi
“Il Parlamento ha voluto fissare obiettivi specifici, per evitare che un solo settore fosse responsabile della riduzione generale cui il paese si è impegnato. Per esempio, gli obiettivi che riguardano i trasporti sono meno popolari e le misure per realizzarli sono dunque più difficili da implementare”, spiega Andrea Burkhardt dell’Ufficio federale per l’ambiente.
Il pilastro portante della legge sul CO2 risiede nella volontarietà delle misure, una filosofia che finora ha effettivamente – almeno in parte – premiato. “L’industria e la piccola e media impresa si sono impegnate a ridurre le emissioni. Ed è chiaro che molte lo hanno fatto per timore di una tassa sull’anidride carbonica – mentre in questo momento hanno invece la possibilità di ottenere esenzioni fiscali”, aggiunge.
Le misure volontarie hanno avuto meno successo in settori come l’industria edilizia ed i trasporti. E di fronte alla possibilità che il paese non riesca a raggiungere gli obiettivi fissati per onorare il suo impegno, il governo ha deciso di applicare la seconda parte della legge sul CO2. “Se non saremo riusciti a compiere l’adeguamento previsto agli obiettivi stabiliti per ogni settore, l’esecutivo dovrà introdurre una tassa di incentivo sui combustibili fossili, il cui ammontare dipenderà da quanto saremo ancora lontani dagli stessi obiettivi”, conclude Burkhardt.
Quattro possibilità
Nessuna decisione definitiva è stata ancora presa, ma le autorità federali stanno riflettendo su quattro diverse possibilità di tassazione. La prima consiste in una tassazione complessiva di tutti i carburanti, che farebbe aumentare notevolmente i prezzi e si risolverebbe per il governo federale in una perdita di guadagno pari a circa 450 milioni di franchi.
Anche la seconda possibilità porterebbe ad un aumento generalizzato dei prezzi del carburante, ma in misura decisamente minore; una parte del denaro raccolto con questa tassa sarebbe impiegato per acquistare all’estero crediti sull’emissione di CO2 – crediti che, come previsto dal Protocollo di Kyoto, verrebbero calcolati a pieno titolo fra i provvedimenti assunti dalla Svizzera per rispettare i propri obiettivi.
Entrambe queste opzioni porterebbero con sé un incentivo sul risparmio di carburante, pari a circa 192 franchi. È ancora Burkhardt a spiegarne la filosofia: ”Lo scopo di una tassazione di incentivo sui combustibili fossili? A breve termine, convincere i cittadini a cambiare le proprie abitudini. A medio e lungo termine, modificare le loro pianificazioni d’investimento. Elemento questo che dovrebbe consentirci di spingerci anche oltre il 2012, data di scadenza del Protocollo di Kyoto”.
La terza opzione combina invece una tassa sul CO2 con il cosiddetto “centesimo per clima” – una tassa di un centesimo per litro di carburante. Quest’ultimo, da solo, rappresenterebbe infine la quarta ed ultima opzione allo studio del governo federale. Anche se l’esecutivo ha già specificato che queste ultime due opzioni non sarebbero efficaci per l’effettiva riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.
La consultazione
La tassa sull’anidride carbonica ha incontrato il favore dei sindacati, delle organizzazioni ambientaliste, delle associazioni dei consumatori e della sinistra – che ne chiedono l’immediata introduzione. Una richiesta cui si associano gli specialisti del settore, compresi alcuni esperti che fanno parte del gruppo di studio governativo sui cambiamenti climatici.
I ricercatori sottolineano che gli effetti dell’attività umana odierna si ripercuoteranno per secoli sul pianeta e che è oggi che i livelli di anidride carbonica devono essere ridimensionati, riducendo le emissioni inquinanti fino al 70 per cento. Alcuni scienziati ritengono che una nuova tassa sul CO2 consentirebbe di raccogliere anche benefici economici. Ha dichiarato di recente Eberhard Jochem, dell’Istituto federale per la tecnologia di Zurigo: “Farebbe crescere dell’un per cento il prodotto interno lordo: nulla di eclatante, ma sarebbe comunque un fattore positivo”.
Ma la tassa proposta non raccoglie solo consensi entusiastici. Economiesuisse, la federazione svizzera degli imprenditori, preferirebbe piuttosto la tassa “centesimo per clima” – posizione condivisa anche dall’associazione degli importatori di petrolio e da parte della destra.
In ogni caso, molte aziende hanno già preso provvedimenti per limitare l’emissione di anidride carbonica e dunque sostenere la nuova tassa. L’associazione che riunisce il mondo dell’impresa chimica ha già messo in guardia il governo: i suoi membri che hanno adottato misure volontarie si ritroverebbero svantaggiati, se infine la tassa sul CO2 non fosse introdotta.
Anche Migros e Coop, i maggiori distributori del paese, assicurano il loro supporto alla tassa sul CO2. Ma senza esagerare, perché temono che a rimetterci potrebbero essere le loro redditizie compagnie petrolifere.
swissinfo, Scott Capper
(traduzione di Serena Tinari)
Il Protocollo di Kyoto del 1997 completa la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, promulgata nel 1992.
Il Protocollo, ratificato dalla Svizzera nel 2003, prevede la riduzione delle emissioni inquinanti di gas a effetto serra ed entrerà in vigore novanta giorni dopo la firma della Russia.
A parte l’anidride carbonica (CO2), il Protocollo prevede la riduzione anche delle emissioni di metano, ossido d’azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi e l’esafluoro di zolfo.
Per rispettare gli impegni assunti firmando il Protocollo di Kyoto, la Svizzera ha adottato nel 1999 la legge sul CO2, che prevede una riduzione complessiva delle emissioni di anidride carbonica derivanti da combustibili fossili pari al 10 per cento rispetto ai valori del 1990.
Nella Confederazione, il biossido di carbonio rappresenta l’80 per cento delle emissioni inquinanti.
Nel 2002 la Svizzera ha prodotto una quantità di CO2 pro capite di 7,3 tonnellate, a fronte delle 19,8 degli Stati Uniti e delle 9,6 tonnellate prodotte dalla Gran Bretagna.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.