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La crisi del coltellino svizzero

Il coltellino svizzero è vittima del clima negativo dilagante RTS

I prodotti «made in Switzerland» pagano le conseguenze della crisi del turismo. Primo fra tutti ne fa le spese il coltello tascabile, già vittima indiretta degli attentati dell ‘11 settembre 2001.

La coltelleria Wenger ha annunciato il ricorso alla disoccupazione parziale, aspettando le vendite natalizie.

Il coltellino svizzero è da sempre un oggetto di culto per i turisti stranieri, un «must» inevitabile se non addirittura banale, esposto nei negozi di souvenir in mille forme, taglie e colori. Gli imprenditori del settore non lo nascondono: ben l‘80 per cento della produzione finiva all‘estero, più un 10 per cento venduto nelle località turistiche della Confederazione.

La crisi è planetaria…

Ma i tempi stanno cambiando velocemente. Dopo avere subito gli «effetti collaterali» degli attentati dell‘11 settembre 2001 e l‘inasprimento delle misure di sicurezza in tutto il mondo, il coltello svizzero paga ora il prezzo della crisi economica generale.

La coltelleria Wenger, fondata 110 anni fa a Delémont, ha oggi 210 impiegati contro i 280 del 2000. E in questi giorni ha annunciato la riduzione del tempo di lavoro per altri 48.

Secondo Maurice Cachot, direttore dell‘azienda, le cause della crisi sono molte e comprendono la guerra in Iraq, l‘epidemia di Sars, la forza del franco svizzero rispetto ad altre valute: «La stagnazione dei mercati è mondiale e anche la diminuzione del nostro volume d ‘affari è planetaria. Inoltre, le imprese tendono a risparmiare sui ‘regali aziendali’, che rappresentavano il 30 per cento delle nostre vendite».

Rincara la dose Carl Elsener della Victorinox, azienda leader del settore fondata nel 1884: «Nel settembre del 2001 sono cessate all‘improvviso le vendite nei Duty Free Shop degli aeroporti, che costituivano circa il 10 per cento del nostro giro d‘affari. E quest‘anno a causa della congiuntura internazionale, le esportazioni dei nostri coltelli sono diminuite di un ulteriore 10 per cento».

… ma anche svizzera

Ad un quadro già difficile si aggiunge, quest‘anno, il calo del turismo straniero in Svizzera che ha significato per Wenger una perdita secca del 5 per cento delle vendite. Tutto compreso, il mercato finora prospero dei coltelli tascabili ha perso almeno un quarto del suo giro d‘affari.

Non va meglio sul fronte interno. Victorinox e Wenger, fin dai primi del novecento, sono i fornitori ufficiali dell‘esercito elvetico: coltelli e baionette. Ma con il progetto di riforma Esercito XXI, gli effettivi militari sono passati da 600mila a 400mila unità e sono destinati a diminuire ulteriormente: i contraccolpi si fanno sentire sui bilanci delle coltellerie svizzere.

Un fenomeno irreversibile?

Nonostante tutto, è pur vero che i coltelli svizzeri si continuano a vendere. All‘aeroporto di Ginevra, per esempio, ci sono manifesti per informare i viaggiatori che i servizi di sicurezza consentono di portare nel bagaglio a mano lame non superiori ai 6 centimetri di lunghezza, purché si viaggi su un volo diretto, senza scali intermedi.

Sdrammatizza una commessa della «Coutellerie du Mont-Blanc»: «È vero, le vendite sono molto diminuite nelle filiali all‘interno dell‘aeroporto, ma continuano a pieno ritmo nel negozio che si trova nella galleria commerciale dello stesso aeroporto. Agli stranieri piacciono sempre i coltellini svizzeri e sono tuttora i due terzi della clientela. Semplicemente adesso li comprano in tempo per nasconderli in valigia».

Ma Maurice Cachot non si fa troppe illusioni. Secondo il direttore di Wenger all‘origine del calo delle vendite c‘è anche una spiegazione psicologica: «La violenza degli attentati terroristici ha lasciato un segno profondo e mi sembra che il coltello con la croce bianca abbia perso molto del suo fascino… fosse solo perché è e resta – un ‘arma».

Aspettando Babbo Natale

Così Victorinox, per la quale – nella sede di Svitto – lavorano 950 persone, ha cambiato strategia e punta sul mercato sempre fertile delle sveglie e degli altri souvenir tipici svizzeri.

Wenger sta invece investendo sul mercato interno, in particolare nella coltelleria da cucina e secondo Maurice Cachot la speranza è nel cambiamento della congiuntura economica: «Il ricorso alla disoccupazione parziale ci permette di aspettare gli sviluppi della situazione, senza dover procedere a nuovi licenziamenti», spiega.

Tradizionalmente, le vendite di coltelli tascabili registrano un‘impennata nel secondo semestre dell‘anno, in particolare a ridosso delle feste natalizie: alle aziende svizzere non resta altro che attendere.

swissinfo, Isabelle Eichenberger
(Traduzione: Serena Tinari)

– L‘80-90 per cento dei coltelli svizzeri erano acquistati da turisti stranieri.

– Dopo gli attentati dell‘11 settembre 2001, le vendite sono diminuite di circa il 10 per cento.

– Nel 2003, a causa della stagnazione economica generale, c‘è stato un ulteriore calo del giro d‘affari: il 10 per cento in meno delle esportazioni e il 5 per cento in meno nel mercato interno.

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