La missione in Cina si conclude con pochi risultati concreti
Durante la sua visita in Cina la ministra dell'economia Doris Leuthard non ha raccolto molti frutti. Sono comunque stati effettuati alcuni passi in avanti in vista di un accordo di libero scambio.
Contenuti i progressi nell’ambito di temi più delicati: per lottare contro la contraffazione ci si è limitati ad una dichiarazione d’intenti. Leuthard è ad ogni modo fiduciosa, siccome anche Pechino ha riconosciuto l’importanza di proteggere i brevetti.
Nel corso della missione in Cina di sei giorni che si conclude sabato, la consigliera federale Doris Leuthard ha avviato discussioni su temi importanti come l’accordo di libero scambio e la protezione della proprietà intellettuale. Magri invece i progressi in altri dossier.
«È stato un inizio col botto», ha affermato venerdì la ministra dell’economia a proposito dell’incontro con il ministro del commercio Bo Xilai, avvenuto una settimana prima a Pechino.
Il WEF, l’asso nella manica
I due paesi hanno deciso di avviare studi di fattibilità separati a proposito di un eventuale accordo di libero scambio. «Ora dobbiamo solo mantenere la pressione», ha detto la Leuthard.
L’invito a partecipare al Forum economico mondiale di Davos (WEF) è stato determinante, una carta che la ministra ha giocato al momento giusto.
La Svizzera ha così riconosciuto alla Cina lo statuto di economia di mercato, un passo già compiuto da Norvegia e Islanda. Oslo sta studiando la fattibilità di un accordo di libero scambio, mentre Reykjavik è già alla prima fase dei negoziati.
Un passo verso la protezione dei brevetti
Sugli altri dossier le discussioni sono state prudenti, per evitare di irritare gli interlocutori. Doris Leuthard ha abbordato la questione delle elevate tasse sugli orologi di lusso e dei dazi di importazione sulle merci industriali, ma senza conseguire risultati.
La Svizzera è riuscita ad ottenere di più nell’ambito della protezione della proprietà intellettuale, grazie alla firma di una dichiarazione di intenti fra i due paesi. Non è sufficiente però per bloccare la contraffazione di prodotti, macchine e procedimenti tecnici che penalizza l’economia elvetica.
La ministra e il presidente di economiesuisse, Gerold Bührer, sono comunque fiduciosi: la Cina ha ammesso che è anche nel suo interesse proteggere i brevetti, hanno dichiarato.
Continuano poi a sussistere ostacoli per l’industria farmaceutica, che si lamenta dei procedimenti di autorizzazione lunghi e complicati. Anche per le banche il campo d’azione non è sgombro, malgrado i progressi della liberalizzazione negli ultimi anni.
Ambiente e diritti umani
Ad aver marcato in particolar modo Doris Leuthard è stata la questione ambientale. In questo settore la Cina ha ancora molto da fare e per la Svizzera c’è l’opportunità di intervenire con «soluzioni intelligenti».
Una fonte di tensione è pure il divario fra ricchi e poveri e le misure restrittive del governo contro le dimostrazioni.
La consigliera federale non ha mai usato l’espressione «diritti umani» durante i suoi incontri: con il vice premier Hui Liangyu si parlato semplicemente di miglioramento delle «condizioni per la popolazione».
Dal 15 al 18 luglio la delegazione elvetica si recherà in Vietnam, dove è in programma la firma di vari accordi nel settore della cooperazione allo sviluppo economico.
swissinfo e agenzie
Esportazioni verso la Cina: 3,47 miliardi di franchi, il 2,1% del totale delle esportazioni svizzere (dati 2005 della Segreteria di Stato dell’economia).
Macchinari: 1,67 miliardi di franchi (+3,7% rispetto al 2004)
Prodotti chimici: 362 milioni (+37%)
Prodotti d’orologeria: 352 milioni (+26%)
Prodotti farmaceutici: 260 milioni (+24%)
Strumenti ottici e medici: 252 milioni (+11%)
Importazioni dalla Cina: 3,38 milioni di franchi, che anche in questo caso rappresentano il 2,1% del totale.
Macchinari: 826 milioni di franchi (+13%)
Tessili: 586 milioni (+13%)
Prodotti chimici: 436 milioni (+66%)
Prodotti d’orologeria: 305 milioni (+20%)
Visitando una fabbrica cofinanziata dalla SECO (Segreteria di stato dell’economia) a Chengdu, la consigliera federale – accompagnata da una delegazione economia elvetica – si è detta stupita della giovane età di alcuni operai.
La ministra ha avuto occasione di parlare direttamente con uno di loro: «Ha detto di aver 17 anni e di essere in stage, ma ho avuto l’impressione che fosse più giovane», ha affermato.
Non bisogna però tirare conclusioni affrettate. «Seguirò la vicenda», ha aggiunto, precisando che non è nell’interesse della Svizzera tollerare il lavoro minorile.
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