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La piazza finanziaria ticinese pronta a reagire

Franco Citterio, direttore dell'Associazione bancaria ticinese Archivio ABT

Quando si parla di soldi, di tanti soldi, non si può non pensare a Lugano: è considerata la terza piazza finanziaria svizzera, a cui fa capo una clientela internazionale, soprattutto italiana. La crisi si sente, è inevitabile.

A Villa Negroni, poco fuori Lugano, un via vai di donne in tailleur, di uomini in giacca e cravatta. In un periodo dove i venti di crisi si abbattano sulle piazze finanziarie, si moltiplicano incontri, seminari, scambi di vedute.

Sede del Centro di studi bancari e dell’Associazione bancaria ticinese (ABT), Villa Negroni appare un po’ come un santuario a cui i pellegrini della finanza si rivolgono per cercare possibili risposte al generale senso di smarrimento che questa crisi ha generato.

Per ora il Ticino è stato al riparo da eventi tempestosi, se si considera che il caso Madoff ha avuto ripercussioni sostanzialmente a Ginevra.

Ma Lugano, tra le prime dieci piazze finanziarie off-shore a livello mondiale, segue attentamente gli scenari internazionali e le mosse del Consiglio federale. Franco Citterio, direttore dell’Associazione bancaria ticinese, sa perfettamente che la posta in gioco è altissima: si tratta di conservare la forza competitiva della piazza finanziaria svizzera e ticinese.

Le carte nel gioco della finanza

“Quando si parla di crisi – spiega a swissinfo Franco Citterio – distinguerei due capitoli. Il primo, di tipo finanziario, ha coinvolto soprattutto le banche americane. Al di là del caso UBS, in Svizzera questa crisi non ha avuto nessuna ripercussione diretta sulle oltre trecento banche attive nel nostro Paese. Ha però significato un calo del 20-30% dei patrimoni gestiti, che rischia di avere un impatto sull’occupazione”.

A preoccupare Franco Citterio è piuttosto il capitolo legato alla questione fiscale: “Ci stiamo giocando una carta importante sul piano della competitività”. Poiché se si sgretola uno dei pilastri su cui si regge l’attrattiva delle banche svizzere, ovvero il segreto bancario, le conseguenze saranno pesanti per tutta l’economia.

“I passi compiuti dal Consiglio federale – osserva Citterio – vanno nella giusta direzione, con l’offerta di una collaborazione più estesa sul piano della frode e dell’evasione fiscale. Un capitolo che dovrà essere accuratamente seguito quando verranno rinegoziate le convenzioni sulla doppia imposizione con i vari paesi”. Cosa vuole dire? “Che la collaborazione deve essere molto mirata e selezionata sui casi effettivamente gravi di evasione fiscale”.

“Che cosa succederà ai miei soldi?”

Se nel terremoto della crisi finanziaria il segreto bancario si trova nell’epicentro, o poco più in là, le scosse di assestamento riguardano evidentemente anche la clientela. Lo sanno bene gli operatori del settore. Non passa giorno senza telefonate:i titolari dei conti sono preoccupati: “Che cosa succederà ai miei soldi?” “Con questi attacchi al segreto bancario, che cosa faccio del mio conto?”.

“Non solo sono preoccupati – sottolinea Franco Citterio – ma vogliono anche delle risposte. Al nostro interno abbiamo dunque puntato sulla diffusione dell’informazione, abbiamo moltiplicato le occasioni di incontri e di dibattiti tra specialisti per approfondire l’argomento in tutta la sua complessità. Dobbiamo cominciare ad immaginare un futuro che sarà davvero diverso rispetto al passato. Ecco perché l’obiettivo dei nostri seminari è quello di sviluppare degli scenari per comprendere che cosa dovremo modificare nei nostri modelli di business”.

Che cosa accadrà, per esempio, al classico cliente italiano venuto in Ticino essenzialmente per evadere il fisco? “L’offerta dovrà essere riposizionata. Le banche – precisa Citterio – dovranno offrire dei punti di interesse che vadano al di là del segreto bancario tout court. Occorre tuttavia tener presente che per ora non cambia nulla”. I nodi si scioglieranno man mano che saranno rinegoziate le convenzioni sulla doppia imposizione e non prima della decisione del G20, che deve ancora esprimersi sulle proposte svizzere.

L’Italia, il vicino che conta

Per Franco Citterio i rinnovi delle convenzioni bilaterali in materia fiscale saranno un chiaro banco di prova. “Sarà interessante capire in che direzione la Svizzera vorrà muoversi e fino a che punto vorrà spingere l’assistenza amministrativa”. L’Italia, un vicino che conta molto, ha fatto sapere che desidera rinegoziare gli accordi.

A dire il vero a margine del vertice dell’Unione europea a Bruxelles, il 20 marzo scorso, il presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi aveva ironizzato sulla “segretezza” del segreto bancario, affermando che tra Milano e Lugano c’è un grande via vai di magistrati. E Giulio Tremonti, il tesoriere del Bel Paese, nel 2001 e alla vigilia dell’approvazione dello scudo fiscale (provvedimento sul rientro dei capitali) aveva dichiarato che “I soldi in Svizzera sono morti. Il segreto bancario cadrà nel 2002”.

“Posso assicurare – replica Citterio – che in Svizzera i soldi vivono ancora. E al di là delle trattative per un nuovo accordo con la vicina penisola, proprio dall’Italia vengono segnali contrari alla riedizione di uno scudo fiscale, improponibile anche da un profilo politico. A meno che i paesi dell’Unione europea non concordino una manovra congiunta. E questa sarebbe una mossa molto pericolosa per la Svizzera”.

Tutti alla casella di partenza

L’affondo al segreto bancario non poteva avvenire in un momento più propizio per i suoi detrattori. “Con le piazze finanziarie internazionali confrontate con grossi problemi, anche di immagine, era inevitabile che la Svizzera fosse messa sotto pressione. E gli attacchi di Stati Uniti, Germania, Francia e Gran Bretagna – puntualizza il direttore dell’ABT – non sono casuali. Molti paesi europei hanno una grande necessità di recuperare entrate fiscali”.

Nessuno contesta l’idea di rimettere ordine nel sistema finanziario e il principio che anche la Svizzera debba fare la sua parte. “E’ vero, ma altri paesi dovranno fare altrettanto. Bene dunque il contrattacco del consiglio federale, che esige l’allargamento delle medesime misure ad altri casi e ad altri paesi. Come la Gran Bretagna, con le sue oasi fiscali, e gli Stati Uniti, con lo stato del Delaware”. Per cambiare le regole del gioco della finanza, tutti insomma alla casella di partenza. Perché le nuove regole devono essere uguali per tutti.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Lugano è oggi quotata come la terza piazza finanziaria svizzera, dopo Zurigo e Ginevra.

La posizione geografica di Lugano, le garanzie di stabilità economica e di pace sociale della Svizzera, la particolare situazione istituzionale dell’ Italia e la sua crescita economica, hanno reso possibile la formazione di un importante mercato finanziario grazie all’afflusso di ingenti capitali.

Lo sviluppo e l’affermazione internazionale della piazza finanziaria di Lugano risale al Secondo dopoguerra. Si assiste ad un vero e proprio boom negli anni Sessanta e Settanta.

La gestione patrimoniale, che raggruppa essenzialmente le funzioni collegate al privat banking, rappresenta il cuore della piazza finanziaria ticinese, dove oltre un terzo del personale delle banche è attivo in questo settore.

Attualmente la piazza finanziaria ticinese occupa complessivamente (sommando cioè settore bancario e parabancario) oltre 15 mila persone: 7’700 nelle banche, 5’500 nelle fiduciarie, 1’400 nelle assicurazioni, 500 nell’outsourcing bancario e 600 in società controllate.

La massa patrimoniale gestita dalla banche in Ticino, è stimata a 400 miliardi di franchi. Ogni consulente finanziario (l’Associazione bancaria ticinese ne ha recensiti 1500) gestisce mediamente 300 milioni di franchi.

In Ticino il settore finanziario rappresenta il 25% del Prodotto interno lordo del cantone Ticino e, a dipendenza delle annate, il 50% del gettito fiscale delle persone giuridiche.

Gli esordi del sistema bancario ticinese risalgono alla seconda metà dell’Ottocento. Tra il 1873 e il 1897 sorgono in Ticino otto banche, che nel 1910 raggiungono una cifra di bilancio complessiva di 145.1 milioni di franchi.

La posizione del cantone, a ridosso di un bacino industriale già allora importante come quello lombardo, suscita il vivo interesse delle grandi banche svizzere.

Nel 1908 la Società di Banca Svizzera apre una succursale a Chiasso, nel 1913 il Credito Svizzero sbarca a Lugano e nel 1920 l’Unione di Banche Svizzere apre due succursali a Lugano e a Locarno.

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