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“La Svizzera ha ancora un capitale di stima in Italia”

L'ambasciatore Bernardino Regazzoni vuole far capire meglio la Svizzera in Italia EDA

Ambasciatore a Roma da dicembre, il ticinese Bernardino Regazzoni dispone di una profonda conoscenza dell'Italia, grazie anche agli anni dei suoi studi a Firenze. Una conoscenza sicuramente utile per affrontare il nuovo incarico in una fase delicata dei rapporti italo-svizzeri.

Dottore in filosofia, tesi su Walter Benjamin, inizialmente il progetto di una carriera accademica, poi la scelta della diplomazia. Come mai? “In effetti, sulla prospettiva della ricerca pura, un po’ al riparo dal trambusto della quotidianità, prevalse il desiderio di conoscere il mondo e forse ancor più la voglia di avere e coltivare contatti più frequenti con persone e realtà diverse”, risponde Bernardino Regazzoni.

“In definitiva proprio in questo consiste il lavoro del diplomatico”, aggiunge l’ambasciatore. “Creare una rete di conoscenze, collegamenti, relazioni che consentano di operare in modo costruttivo anche in situazioni che possono essere profondamente diverse”.

Europa, Africa e Asia

Un diplomatico-filosofo, quindi: intrigante punto d’avvio per tracciare il ‘profilo’ del nuovo titolare dell’ambasciata svizzera in Italia, che incontriamo ad alcune settimane dal suo insediamento, in una fase non facile nei rapporti tra i due paesi vicini. Anche per questo sarà certo utile a Bernardino Regazzoni l’esperienza diplomatica maturata prima dell’approdo a Roma.

In Africa, per cominciare: prima in Costa d’Avorio e quindi nello Zaire, oggi Repubblica democratica del Congo: “Un paese già allora attraversato da grandi tensioni interne”, ricorda Regazzoni, “per ben due volte dovetti organizzare l’evacuazione di tutti i cittadini svizzeri, circa trecento persone; non c’erano nemmeno i telefoni, bisognò contattarli singolarmente con ogni mezzo”.

Comunque, “anni bellissimi, grazie a quella che definirei l’immediatezza dell’Africa, la gioia di vivere nonostante problemi enormi”. Poi il decennio di lavoro a Berna: in particolare come consigliere diplomatico di Joseph Deiss, “un ministro degli esteri la cui competenza ci metteva costantemente e positivamente alla prova; anni entusiasmanti, segnati soprattutto dall’avvio del processo che portò agli accordi bilaterali con l’Europa”.

Quindi, ambasciatore nello Sri Lanka (“dove il 70 per cento del mio lavoro fu dedicato alla ricerca della pace fra governo centrale e ribelli Tamil”) e successivamente in Indonesia (“con la Svizzera fortemente impegnata in campo economico”). Furono, dice, “gli anni della scoperta dell’Asia, di quello che è diventato il nuovo motore economico a livello planetario”.

Stretti legami

E adesso Roma: “un desiderio che si avvera”, ammette Bernardino Regazzoni. Anche se, gli diciamo, il momento non poteva essere più delicato e difficile. Crisi nei rapporti bilaterali sui problemi della fiscalità, attacco al segreto bancario, scudo fiscale, dichiarazioni non certo benevole verso Berna da parte del ministro dell’economia Giulio Tremonti, che continua a definire la Svizzera un paradiso fiscale e che delle banche elvetiche parla come della “caverna di Alì Babà”….

“E’ innegabile”, ribadisce l’ambasciatore Regazzoni, “che certe iniziative e certe dichiarazioni siano state percepite in Svizzera, e soprattutto in Ticino, in modo del tutto negativo: come qualcosa di poco amichevole. E’ un dato di fatto, ed il nostro obiettivo è appunto quello di ristabilire anche in questo ambito un clima di ritrovato dialogo”.

“Ma fin dal mio arrivo ho insistito affinché non si perda di vista il quadro generale dei rapporti fra i nostri due paesi. Non mi riferisco solo ai legami storici e culturali fra Italia e Svizzera, ma anche a quelli economici. Bisogna tener presente che le difficoltà attuali riguardano solo un segmento delle relazioni italo-svizzere, mentre per tutto il resto non vi sono problematicità, anzi”.

Capitale di simpatia

Eppure, insistiamo, è tuttora boccata la trattativa sulla doppia imposizione, congelata dal Consiglio federale in risposta al blitz dello scorso autunno nei confronti degli istituti finanziari elvetici in Italia. Inoltre, il ministro Tremonti è tornato di nuovo all’attacco sul problema dell’euro-ritenuta, accusando in sostanza la Svizzera, insieme a Lussemburgo ed Austria, di non operare correttamente per quanto concerne la restituzione della tassa sul risparmio, danneggiando così l’erario italiano che, sostiene, dovrebbe incassare molto di più.

Per l’ambasciatore una distinzione va però fatta: “Il primo problema si colloca nell’ambito dei rapporti bilaterali, e fa dunque parte del nostro sforzo per individuare la strada giusta per venirne a capo. Nel secondo caso, invece, la questione si pone nell’ambito più ampio dei rapporti e degli accordi fra Svizzera ed Unione Europea, ed è in quella sede che va affrontata”.

Ammetterà comunque che non sembra un buon viatico per rilanciare il dialogo su questo fronte: “Guardi”, ribatte Regazzoni, “io credo che al di là dello specifico lavoro diplomatico, il problema di fondo è anche un altro: dobbiamo operare per far capire meglio la Svizzera in Italia e l’Italia in Svizzera. La Svizzera vanta ancora un capitale consolidato di simpatia e di stima; anche se di recente, e a causa di diverse vicende, la nostra popolazione ha potuto avere l’impressione di un brusco cambiamento d’umore nei nostri confronti”.

Combattere i cliché

In effetti, su una parte della stampa italiana si è dipinta la Confederazione più che altro come una nazione avida e attaccata ai propri privilegi. Qui Bernardino Regazzoni un po’ si accalora: “Ma la Svizzera è anche cooperazione internazionale, generosità nell’aiuto alle popolazioni colpite da cataclismi naturali, sensibilità ai problemi dei diritti umani, mediazione attiva in tanti conflitti, primato in fatto di competitività economica internazionale, audacia nelle invenzioni e nella capacità di adattamento, pensiamo solo all’Alptransit”.

“Una delle principali sfide che mi aspettano come ambasciatore a Roma”, conclude Regazzoni”, sta proprio nel riuscire a comunicare meglio tutto questo: per combattere certi cliché, che sono sempre unilaterali e fuorvianti”.

Aldo Sofia, Roma, swissinfo.ch

Con una quota pari al 9,5% del commercio estero elvetico, l’Italia è il secondo principale partner economico della Svizzera, dopo la Germania.

Nonostante una sensibile diminuzione nel 2009, dovuta in particolare alla crisi economica internazionale, gli interscambi tra i due paesi raggiungono circa 40 miliardi di franchi all’anno.

La Svizzera è al sesto posto per quanto concerne gli investimenti nella Penisola, con un volume di oltre 20 miliardi di franchi. Le aziende elvetiche danno lavoro a 78’000 persone in Italia.

L’Italia figura invece al nono rango per quanto riguarda gli investimenti in Svizzera, con una somma di 6 miliardi di franchi, a cui sono legati 13’000 posti di lavoro.

Nato nel 1957 a Lugano e originario di Balerna, Bernardino Regazzoni è entrato al dipartimento federale degli affari esteri nel 1988.

Dopo uno stage all’ufficio dell’integrazione a Berna e all’ambasciata svizzera ad Abidjan, nel 1990 viene trasferito come primo collaboratore del capo missione all’ambasciata elvetica a Kinshasa.

Nel 1993, di ritorno a Berna, assume la funzione di capo del servizio della Francofonia e nel 1996 viene nominato capo aggiunto della divisione politica I.

Nel 1999 diventa consigliere per gli affari diplomatici del capo del dipartimento federale degli affari esteri.

Dal 2002 è ambasciatore svizzero nello Sri Lanka e dal 2006 assume la guida dell’ambasciata elvetica in Indonesia.

Nominato nel 2009 ambasciatore svizzero in Italia, lo scorso 14 dicembre ha presentato le lettere credenziali al presidente della Repubblica italiana.

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