La Svizzera presiede la riunione del FMI a Dubai
Al centro dell'incontro, questa settimana, le preoccupazioni sullo stato dell’economia globale e sulla capacità delle istituzioni di incoraggiarne la crescita.
Kaspar Villiger, ministro delle finanze, è il primo svizzero a presiedere un incontro dei 184 paesi membri del FMI.
Alexander Karrer, ambasciatore per le relazioni internazionali del Dipartimento delle finanze svizzero, spiega a swissinfo che il summit di due giorni a Dubai rappresenta un’opportunità per sollecitare l’attenzione mondiale sui problemi dell’economia.
“Il genere di segnale che Dubai può inviare è che il commercio è un elemento assai importante e che la sua liberalizzazione ha fatto nel complesso crescere l’economia”, dichiara.
La scorsa settimana, dalla sede di Washington, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ammoniva che la recente ondata positiva nei mercati mondiali potrebbe attraversare una fase di stallo, se gli squilibri globali non saranno affrontati con decisione.
Secondo Kenneth Rogoff, capo economista del FMI, una ripresa sostanziale dipende in gran parte dagli Stati Uniti, che in questo momento assistono ad un deficit crescente dei conti correnti.
“Non era certo un buon segno, che l’economia globale volasse grazie ad un solo motore. Ma sarebbe decisamente peggio se finisse per atterrare su una sola ruota”, dice Rogoff.
Asia sotto attacco
Al meeting di Dubai ci si aspetta di sentire le proteste degli Stati Uniti contro Cina e Giappone, paesi che secondo Washington mantengono artificialmente basso il valore delle loro valute rispetto al dollaro.
I produttori americani sostengono che la debolezza dello yuan cinese e dello yen giapponese ha di fatto impedito la competitività rispetto agli importatori asiatici.
Secondo l’ambasciatore Karrer, si tratta di un tema che potrebbe effettivamente sollevare divisioni a Dubai. Ma le preoccupazioni per le valute asiatiche saranno oscurate da quelle per il deficit del commercio statunitense.
“La prosperità globale dipende in maniera massiccia dalla domanda del mercato americano”, scrive The Economist nel suo ultimo numero. “Se questa calasse in maniera significativa, l’intero pianeta piomberebbe nella recessione. E sono già parecchi anni che gli americani spendono molto al di sopra delle loro possibilità”, conclude.
La debolezza europea
Il fallimento dell’Europa – e implicitamente della Svizzera – nel tentativo di fare decollare la ripresa globale sarà un tema scottante al vertice di Dubai.
La scorsa settimana, Kenneth Rogoff del FMI stigmatizzava l’apparente incapacità europea ad accelerare il cammino delle riforme strutturali. Ma anche la Svizzera è vulnerabile e la maggior parte degli esperti ritiene che l’unica speranza di ripresa per il paese risieda nelle sue industrie per l’esportazione.
“In questo momento, agli europei che vogliono vedere una qualche forma di ripresa economica non resta che guardarla in televisione”, ha detto Rogoff, in riferimento al fatto che la crescita, evidentemente, si sta svolgendo altrove.
Secondo l’ambasciatore Karrer, anche la Confederazione riconosce la necessità di ulteriori riforme economiche, in Europa come in qualunque altra parte del pianeta. “Le riforme strutturali”, spiega, “sono divenute una necessità permanente per ogni economia. La cosa davvero importante è che ci sia la volontà politica di portarle a compimento”.
Il ruolo di Villiger
Alla Svizzera tocca quest’anno la presidenza di turno del consiglio di direzione del Fondo Monetario Internazionale. Sarà il ministro svizzero, dunque, “ad avere la responsabilità dell’andamento della discussioni e a presiedere la riunione, dall’inizio alla fine”, spiega Karrer.
Nei giorni scorsi, la Confederazione ha ospitato un incontro dei paesi che Berna rappresenta all’interno del FMI e della Banca Mondiale. Il “blocco svizzero” è costituito da Azerbaigian, Kirghizistan, Polonia, Serbia e Montenegro, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan.
Il ruolo del FMI
Dopo il fallimento del vertice WTO di Cancún la scorsa settimana, molti guardano con rinnovata attenzione al ruolo del Fondo Monetario Internazionale.
Le organizzazioni non governative chiedono al FMI di diventare più democratico: attualmente, il voto degli 80 membri più poveri dell’istituzione è pari al dieci per cento.
Altri ne mettono piuttosto in discussione le linee guida per i crediti: negli ultimi otto anni, il Fondo Monetario Internazionale ha sostenuto le economie sconvolte di Messico, Asia, Russia, Turchia, Brasile, Sud Africa e, ultima in ordine cronologico, dell’Argentina.
La “Neue Zürcher Zeitung” venerdì scorso scriveva che il FMI ha spesso prestato soldi troppo velocemente in tempi di crisi. “Con il risultato di indebolire la disciplina imposta a paesi che non sono in grado di restituire i prestiti, impedendo loro di ricevere ulteriori finanziamenti”.
swissinfo, Jacob Greber, Zurigo
(traduzione dall’inglese: Serena Tinari)
Il Fondo Monetario Internazionale, di cui fanno parte 184 paesi, ha sede in Washington.
Il FMI fu fondato per incoraggiare la crescita economica e l’occupazione. L’istituzione presta inoltre denaro a paesi in difficoltà.
Il vertice di Dubai di questa settimana sarà probabilmente monopolizzato dalle preoccupazioni per l’economia globale.
La riunione è presieduta dal ministro delle finanze svizzero, Kaspar Villiger.
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