Le lezioni della crisi UBS vanno ancora tratte
Con l'approvazione da parte del parlamento dell'accordo sulla trasmissione dei dati di clienti dell'UBS agli Stati uniti, la banca si è liberata di un grande problema, ma non del suo passato, ritiene la stampa svizzera. In futuro bisognerà ancora trarre le giuste lezioni da questa penosa vicenda.
“Per finire ha vinto la ragione. All’ultimo minuto, sia il Consiglio nazionale che il Consiglio degli Stati hanno accordato il loro beneplacito al trattato tra la Svizzera e gli Stati uniti sulla consegna dei dati UBS alla giustizia americana”, annota la Neue Zürcher Zeitung.
L’approvazione dell’accordo concluso l’anno scorso dal governo svizzero con Washington “ha tolto di mezzo un problema che la banca non avrebbe potuto risolvere da sola”. Ma ora l’UBS “dovrà fare i conti con il suo passato” e “apportare trasparenza su quanto successo durante questa crisi”, ritiene il quotidiano zurighese.
“Il sì del parlamento e il ritorno alla redditività della banca non possono infatti far dimenticare che la dilapidazione del suo capitale di fiducia ha lasciato dietro di sé profonde cicatrici. Lo dimostra innanzitutto il continuo deflusso di fondi, soprattutto da parte della clientela europea”, aggiunge la NZZ.
Inoltre, “in Svizzera il popolo continua a non capire perché, dopo aver fallito su tutta la linea, i dirigenti della banca, il consiglio di amministrazione e gli organi di revisione non vengano chiamati ad assumersi le loro responsabilità. Se la base di fiducia nei confronti della banca rimarrà molto fragile, alla prossima crisi non vi sarà più nessun politico e nessun contribuente disposto ad aiutare l’UBS”.
Interrogativi aperti
“Come molti altri paesi, la Svizzera dimostra di avere difficoltà a rielaborare le pagine meno piacevoli del suo passato”, osserva anche il Tages Anzeiger. “Nel caso dei conti rimasti in giacenza dopo la Seconda guerra mondiale ci è voluto quasi mezzo secolo prima che una commissione di storici si metta a lavoro e solo dopo le forti pressioni giunte dall’esterno”.
“Se non si vuole ricorrere ad una commissione parlamentare d’inchiesta per far luce sulla crisi UBS, allora andrebbe perlomeno istituita una commissione di esperti per rielaborare il passato”. In particolare bisognerebbe capire, a detta del giornale zurighese, “come mai un intero settore economico abbia potuto proporre quale modello di affari ai suoi clienti un sistema basato sull’evasione fiscale”.
“E come mai questo modello di affari – protetto dal segreto bancario – sia diventato una delle locomotive di crescita di tutta la nostra economia? E in che modo i politici abbiano potuto diventare i servitori di questi interessi privati? E perché tutto un paese abbia voluto talmente legare gran parte della sua identità ad attività di questo tipo?”, si chiede ancora il Tages Anzeiger.
Mancanza di lucidità
“Le lezioni di questa vicenda rimangono ancora da trarre”, sostiene a sua volta Le Temps. “Questa crisi non avrebbe avuto luogo, se la Svizzera, il governo e la maggioranza del parlamento avessero avuto la lucidità necessaria per capire che una definizione troppo larga del segreto bancario ci avrebbe messo un giorno in difficoltà nei confronti dei nostri partner”.
“Nulla di tutto ciò poteva succedere senza il comportamento contrario alla legge avuto dagli ex dirigenti dell’UBS. Il rapporto delle Commissioni di gestione delle Camere federali chiede alla banca di assumere le sue responsabilità e di esigere dei conti ai suoi ex manager”, aggiunge il foglio romando.
“Il rapporto dimostra inoltre che il governo si è rivelato incapace di identificare in tempo utile la portata del conflitto che si delineava tra la banca e la giustizia degli Stati uniti. Un governo più chiaroveggente avrebbe dovuto risolvere la vertenza lasciando dietro di sé meno danni politici, giuridici e morali.
Altri sviluppi
Segreto bancario
Grave capitolazione
Secondo La Liberté, la capitolazione incondizionata nei confronti degli Stati uniti sulla vicenda UBS avrà conseguenze politiche ancora più importanti delle concessioni fatte a Gheddafi nell’ambito della crisi sugli ostaggi svizzeri in Libia.
“Principi fondamentali del diritto e soprattutto la vacca sacra del segreto bancario sono stati immolati sull’altare del più forte per preservare gli interessi economici della Svizzera. Una dura lezione di realismo politico, alla quale sembra poter fuggire proprio l’UBS: la banca non dovrà infatti subire né la curiosità di una commissione d’inchiesta, né delle restrizioni nella sua politica di bonus”, scrive il giornale friburghese.
Regolamentazione necessaria
Pure la Berner Zeitung si chiede se, come teme la sinistra, il parlamento non metterà ora in un cassetto il dossier UBS, senza prendere nessun misura nei confronti della banca e di tutto il settore finanziario.
“Quando la crisi finanziaria sarà superata e la rabbia popolare nei confronti della dirigenza UBS si sarà calmata, vi è effettivamente il rischio che i politici non si impegnino più di quel tanto per correggere gli sbagli e trarre le lezioni da questa vicenda”, prevede il quotidiano bernese.
“Ora vanno invece adottati tutti i provvedimenti per fare in modo che il collasso di una banca, alla stessa stregua di un’altra azienda, non abbia ripercussioni troppo grandi per tutta l’economia. Non solo la sinistra, ma tutta la classe politica deve assumere un atteggiamento duro e imporre regolamentazioni efficaci al settore bancario”.
Armando Mombelli, swissinfo.ch
Per diversi anni, la banca UBS ha fatto ricorso a un vero e proprio “sistema” per aiutare i contribuenti americani ad evadere o frodare il fisco negli Stati uniti.
Nel 2008 un ex impiegato di UBS, Bradley Birkenfeld, denuncia la pratica alle autorità statunitensi.
Nel febbraio 2009 le autorità fiscali americane (IRS) querelano UBS per tentare di obbligare l’istituto elvetico a fornire una lista di 52’000 clienti.
Le autorità svizzere minacciano azioni legali contro UBS, siccome tale divulgazione di informazioni è contraria al diritto svizzero.
Dopo intensi negoziati tra il governo svizzero (Consiglio federale), quello americano e UBS, il 19 agosto 2009 viene sottoscritto un accordo. La banca dovrà trasmettere “soltanto” i dati relativi a 4’450 suoi clienti.
Secondo l’accordo, la trasmissione dei dati deve essere effettuata entro al massimo un anno, ovvero entro il 19 agosto 2010.
All’inizio di quest’anno il Tribunale amministrativo federale blocca tuttavia la trasmissione dei dati agli Stati uniti: l’accordo deve essere infatti sottoposto dapprima all’approvazione del parlamento.
La settimana scorsa il trattato viene finalmente accettato dalla Camera dei Cantoni (Consiglio degli Stati). Martedì 15 giugno è approvato anche dalla Camera del Popolo (Consiglio nazionale).
Giovedì 17 giugno, le Camere adottano definitivamente il trattato, superando le ultime divergenze riguardo alla proposta di sottoporre il testo ad un referendum facoltativo.
Con l’intesa raggiunta giovedì dalle Camere federali cade l’ultimo ostacolo alla trasmissione verso gli USA dei dati di 4450 conti di clienti della banca elvetica. Finora l’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC), ha già trattato 3000 casi; i restanti 1450 dovranno essere evasi entro fine agosto.
L’AFC consente alle persone interessate che ne fanno richiesta di consultare il loro dossier e di prendere posizione in merito. Gli interessati possono ricorrere contro la decisione dell’AFC entro 30 giorni presso il Tribunale amministrativo federale, la cui sentenza è inappellabile.
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