Mille alberghi destinati a scomparire
Il settore alberghiero elvetico è in difficoltà. Migliaia di hotel hanno già chiuso i battenti o sono destinati a scomparire entro poco tempo.
Per rilanciare il turismo è necessario modernizzare l’offerta e creare una migliore sinergia fra i differenti attori.
«Per lungo tempo la Svizzera si è adagiata sugli allori. Molti albergatori hanno goduto del boom turistico degli anni ’60-’80, senza pensare al domani», afferma Fernando Brunner, presidente della società cantonale ticinese degli albergatori (Scta).
Così, quando all’estero nascevano nuove moderne strutture, dotate di ogni comodità e dall’offerta variegata a prezzi decisamente attrattivi, la Svizzera marciava sul posto.
I risultati non si sono fatti attendere: mentre in numerosi altri Paesi l’industria turistica si è sviluppata in modo esponenziale, il numero di alberghi della Confederazione è diminuito di oltre un migliaio sull’arco di dieci anni.
Il fenomeno delle chiusure di massa non accenna per il momento ad arrestarsi. Si calcola infatti che, nei prossimi anni, altri mille alberghi dovrebbero subire la stessa inesorabile sorte.
A detta di molti esperti, questa metamorfosi è necessaria per decongestionare il settore, statico da ormai troppo tempo: «È una vergogna offrire alla clientela alberghi di qualità scadente. La selezione è quindi un fenomeno naturale che potrebbe anche rivelarsi positivo. Abbiamo bisogno di modernizzare le strutture per migliorare l’immagine degli hotel elvetici se vogliamo attirare nuovi turisti», prosegue Brunner.
Speculazioni immobiliari
I lavori di ristrutturazione degli hotel e il loro adattamento alle nuove esigenze dei clienti implicano spese considerevoli che in pochi possono o vogliono affrontare.
La politica dei prestiti bancari poi, non contribuisce certo ad incentivare chi desidera espandere la propria attività alberghiera. Gli istituti di credito si dimostrano sempre più restii nel concedere fondi al settore turistico, considerato un investimento piuttosto rischioso.
Molti proprietari preferiscono quindi andare sul sicuro, trasformando i propri alberghi in appartamenti di vacanza. Questa speculazione immobiliare, sempre più in espansione, è molto redditizia ma rischia di sclerotizzare il settore turistico.
I clienti, in effetti, sono sempre gli stessi e nella maggior parte dei casi occupano le loro residenze secondarie solo durante poche settimane l’anno. «Non vi è un ricambio di viaggiatori e a patirne è l’intera economia delle regioni», si lamenta il presidente del Scta.
Chi sopravviverà?
Strutture moderne, nuove attività, cucina variegata, orari flessibili: solo chi saprà adattarsi ai desideri della clientela potrà sperare di sopravvivere.
Basti pensare al numero sempre crescente di turisti cinesi che, come sottolinea Véronique Kanel, del servizio stampa di Svizzera Turismo, «sono persone benestanti e molto esigenti. Anche all’estero amano ad esempio gustare pietanze del loro Paese, ma in pochi attualmente sono in grado di soddisfare questa richiesta».
Per i piccoli alberghi che non hanno una clientela di nicchia né la possibilità di apportare sostanziali modifiche alla loro proposta turistica, la situazione si fa sempre più difficile.
«Sono destinati a rimanere gli hotel di una certa capienza, in grado di variare l’offerta secondo i clienti e le stagioni. Ma anche le strutture a conduzione familiare che, riducendo al minimo le spese del personale, riescono a rimanere concorrenziali», spiega Brunner.
L’unione fa la forza
Anche la mancanza cronica di collaborazione fra gli attori del settore turistico contribuisce alla sua attuale crisi.
L’organizzazione del turismo elvetico è un riflesso del sistema federalista. Ogni cantone, ogni regione, ogni comune, ha sviluppato una propria strategia di marketing, spesso senza cercare di trovare sinergie comuni che permetterebbero da un lato di rendere più coerente l’offerta e dall’altro di ridurre considerevolmente i costi, eliminando inutili «doppioni».
«A volte, per visitare una regione, sono necessari tre o quattro opuscoli editi da differenti organizzazioni, quando invece, se si coordinassero meglio le energie e le strutture, ne basterebbe uno soltanto», fa notare Véronique Kanel.
Una collaborazione che per Fernando Brunner non deve coinvolgere solo gli uffici del turismo, bensì anche gli albergatori, i ristoratori, gli imprenditori e i politici: «Non disperdere inutilmente le energie è nell’interesse comune. Lo sanno tutti: l’unione fa la forza».
swissinfo, Anna Passera
5700 hotel nel 2003 in Svizzera.
264’000 posti letto.
1000 hotel chiusi nell’ultimo decennio.
altri 1000 hotel destinati a scomparire prossimamente.
60% tasso di occupazione minimo affinché l’attività alberghiera sia redditizia.
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