Quale destino per FFS Cargo?
La società delle Ferrovie federali svizzere – attiva nel settore del traffico merci – è confrontata a gravi difficoltà finanziarie e ha deciso misure di ristrutturazione che comportano la soppressione di impieghi.
Per analizzare le ragioni che hanno condotto FFS Cargo in una situazione così critica e delineare gli sviluppi possibili, swissinfo ha interpellato Roman Rudel, esperto di economia dei trasporti all’Università della Svizzera italiana.
FFS Cargo, la divisione delle Ferrovie federali svizzere (FFS) che si occupa di trasportare le merci su rotaia, naviga in cattive acque. Dopo i risultati negativi del 2005 e del 2006, anche dall’esercizio 2007 sono scaturite cifre poco rallegranti, ossia una perdita globale di 190,4 milioni di franchi.
Questa situazione avrà ripercussioni a livello di personale: l’azienda ha infatti deciso di eliminare 401 posti di lavoro nella Confederazione. A farne maggiormente le spese saranno 126 impiegati delle officine FFS di Bellinzona, ma anche parte dei collaboratori attivi a Friburgo e Bienne.
Opinioni discordanti
In questo contesto, diversi attori hanno espresso il proprio parere in merito al futuro del settore merci delle FFS: l’Associazione svizzera dei trasportatori stradali (Astag) caldeggia per esempio una privatizzazione parziale; un’opinione condivisa da alcuni esponenti dell’Unione democratica di centro (UDC, destra nazional-conservatrice) che immaginano una possibile partecipazione da parte di grandi distributori quali Coop o Migros.
Di tutt’altro parere la sinistra, secondo cui la vendita deve essere evitata e il rilancio di Cargo perseguito tramite una maggiore partecipazione dello Stato e nuove collaborazioni.
Visione d’assieme mancante
In primo luogo, sottolinea Rudel, «non è facile individuare con certezza le cause delle difficoltà di FFS Cargo, poiché l’azienda non fornisce elementi sufficienti per avere un quadro preciso della situazione».
In particolare, spiega l’esperto, mancano indicatori dettagliati – per esempio dal punto di vista contabile – in merito ai punti di forza e a quelli problematici: «questa visione d’assieme sfugge probabilmente anche alla ditta stessa, ciò che costituisce un primo problema».
A questo proposito, Rudel sottolinea che i continui avvicendamenti a livello dirigenziale costituiscono un pessimo segnale e aggiunge: «oltre alla decisione di tagliare posti di lavoro, non mi pare di avere sentito altre riflessioni strategiche costruttive da parte della ditta». Oltretutto, sostiene, il personale eliminato ora rischia di venire a mancare negli anni futuri, come già successo in passato con i macchinisti.
Un corridoio difficile
«FFS Cargo ha scelto di sviluppare le proprie attività lungo il corridoio del San Gottardo, dove la situazione è molto difficile a causa della concorrenza da parte del maggiore operatore europeo [la società tedesca Railion]», rileva Rudel. A suo parere, «per tentare di crescere in questo mercato l’azienda ha verosimilmente praticato prezzi assai bassi che non consentono di coprire le spese».
Una strategia finora poco pagante, considerati gli importanti investimenti a livello di strutture e locomotori: «evidentemente i responsabili pensavano di riuscire a raddrizzare la situazione in tempi più brevi, ma non è quello che sta accadendo. I costi avrebbero dovuto essere tenuti sotto stretto controllo».
Inoltre, illustra Rudel, «su questo particolare asse di transito il traffico è fortemente sbilanciato: molto forte da nord verso sud, estremamente debole in senso inverso. Di conseguenza, è una tratta costosa dal punto di vista della produzione, poiché in una delle due direzioni i vagoni viaggiano vuoti, senza generare profitti».
Maggiore flessibilità
«A mio parere», continua Rudel, «durante gli scorsi anni FFS Cargo ha abbandonato troppo velocemente alcuni ambiti redditizi per lanciarsi in grande avventure, rinunciando nel contempo a sviluppare nuovi prodotti».
Concretamente, «l’azienda avrebbe potuto concentrarsi maggiormente sul mercato interno – vista la situazione favorevole garantita dalla tassa sul traffico pesante –, dando prova di maggiore flessibilità, per esempio a livello di orari, nei confronti delle ditte e in particolare della grande distribuzione».
Secondo l’analisi di Roman Rudel, FFS Cargo ha dunque dato prova di una certa rigidità: «Se un cliente deve caricare la propria merce in serata, ma ciò non è più possibile dopo una certa ora, egli è obbligato ad attendere la mattina seguente», quindi il trasporto su rotaia diventa in questo caso poco interessante.
Scenari futuri
Quali sono le vie percorribili per uscire dalla crisi? «La liberalizzazione parziale auspicata dall’Astag potrebbe apportare qualche beneficio, anche se l’associazione non ha spiegato la sua proposta nel dettaglio», commenta Rudel.
A suo parere, «si tratta di un fatto positivo nella misura in cui vi sarebbe un’entrata di nuove competenze nel consiglio d’amministrazione di FFS Cargo che attualmente non pare essere all’altezza della situazione». Nel contempo, però, «è ovvio che i rappresentanti del settore privato tutelerebbero soprattutto i loro interessi», ricorda l’esperto. Anche una collaborazione con BLS Cargo (la ditta che opera sulla tratta del Lötschberg), auspicata da taluni, sarebbe secondo Rudel poco efficace, poiché essa è già partecipata dalla concorrente Railion.
Le alternative restanti non sono molte: l’assorbimento da parte di un’azienda concorrente più potente o la chiusura definitiva dell’esercizio. E il sostegno da parte dello Stato? «La questione è essenzialmente politica: bisogna decidere quanti soldi si vogliono ancora buttare in un buco nero».
Sostanzialmente, ribadisce Rudel, «FFS Cargo dovrebbe lasciare perdere le sfide troppo grandi e tornare a fare quello che le riusciva bene una volta e ora sta dimenticando, cioé concentrarsi sul trasporto interno».
swissinfo, Andrea Clementi
FFS Cargo ha chiuso l’esercizio 2007 con una perdita globale di 190,4 milioni di franchi (87,9 di perdita operativa e 102,5 di accantonamenti), a cui seguirà l’eliminazione di 401 posti di lavoro.
Il settore d’attività «Internazionale» ha fatto registrare complessivamente un risultato negativo di 47 milioni, mentre il settore «Svizzera» ha perso 7 milioni. Il resto della perdita (35 milioni) è originata dal settore «manutenzione». Il mercato interno ha segnato il risultato migliore a livello di introiti (642 milioni, oltre la metà del totale).
Nel 2006, il deficit complessivo ammontava a 37,3 milioni, l’anno precedente a 166 milioni.
Nel 2007 sono state trasportate attraverso le Alpi svizzere 39,5 milioni di tonnellate di merci (+3,5% rispetto al 2006), di cui il 64% ha viaggiato su rotaia; una percentuale che, seppur resti la più alta d’Europa, è diminuita di due punti rispetto al 2006, a seguito della differente progressione registrata dalla gomma (+10%) e dalla rotaia (di poco superiore allo 0%).
A partire dal 1° gennaio 1999, le Ferrovie federali svizzere (FFS) costituiscono una società anonima che consta di tre divisioni: «viaggiatori», «merci» e «infrastruttura». FFS Cargo è l’affiliata attiva nel settore del trasporto delle merci su rotaia e gestisce una rete capillare che si estende sull’intero territorio svizzero. La ditta garantisce inoltre il collegamento tra le aree economiche della Germania e del Norditalia. A partire da maggio 2007, con l’aggiunta di Rotterdam, anche i Paesi Bassi fanno parte della rete.
Le sede dell’impresa si trova a Basilea. Cargo impiega circa 4’500 collaboratori (società affiliate incluse).
«Il risanamento di FFS Cargo è doloroso per le regioni, in particolare per Bellinzona, e per i lavoratori colpiti. Vista la situazione finanziaria dell’impresa, non vi sono tuttavia alternative: A prescindere dall´improrogabile risanamento, le capacità in eccesso a Bellinzona vanno ridotte», ha sottolineato lunedì il ministro svizzero dei trasporti Moritz Leuenberger. Il consigliere federale incontrerà mercoledì i parlamentari ticinesi e una delegazione del governo cantonale.
Gli scioperanti hanno dal canto loro chiesto alle camere federali di aprire un’inchiesta parlamentare sulla gestione dell’azienda, sottolineando che la sede di Bellinzona non ha mai subìto perdite finanziarie e ha sempre operato a costi contenuti.
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