Scudo fiscale? Un condono a beneficio dei ricchi
Il progetto di un nuovo provvedimento per far rientrare i capitali italiani depositati all'estero, elaborato dal ministro italiano delle finanze Giulio Tremonti, non convince Tommaso di Tanno, uno dei più noti fiscalisti italiani.
Anche se per ora del progetto di Tremonti si conosce solo una bozza, la piazza finanziaria svizzera ha già manifestato una certa inquietudine. In particolare la piazza del canton Ticino, nata e cresciuta soprattutto grazie alla clientela italiana.
In meno di dieci anni, sarebbe il terzo scudo fiscale varato da Tremonti per far emergere capitali italiani all’estero frutto di evasione, farli rientrare, e dunque “fare cassa”.
Il docente universitario Tommaso Di Tanno, già consulente dell’ex ministro delle finanze Visco e tra i più noti fiscalisti italiani, si esprime con scetticismo su un progetto che considera soprattutto “un condono a beneficio dei ricchi”.
swissinfo.ch: Cos’altro non la convince di questo “scudo fiscale ter”?
Tommaso Di Tanno: Premetto che, all’inizio del Duemila, i primi due scudi fiscali potevano avere una loro giustificazione storica. C’era la debolezza della lira e il timore di una deriva politica dell’Italia. Ma l’attuale contesto, dopo l’introduzione dell’euro, è del tutto diverso. E se una misura del genere viene varata senza un coordinamento europeo significa che non ha un senso strategico – e sarebbe la direzione verso cui andare – ma soltanto un senso emergenziale, per raccattare un po’ di soldi.
swissinfo.ch: Con i due precedenti provvedimenti riemersero circa 80 miliardi di euro e l’erario italiano ne recuperò due miliardi. Quanto si aspetta di recuperare Tremonti con questo terzo provvedimento?
T.D.T: Pensa di incassare dai 3 ai 4 miliardi di euro, ma credo che sia troppo ottimista. Non perché io dubiti dell’ammontare dei capitali italiani depositati all’estero, ma perché non vedo misure accompagnatorie di tipo intimidatorie in grado di far cambiare idea a chi detiene capitali all’estero.
Nel ‘decreto’ varato in questi giorni c’è la costituzione di una ‘task force’ incaricata di aggredire l’evasione fiscale all’estero, ma ci vorrà del tempo per renderla pienamente operativa; c’è comunque una scarsa capacità dell’amministrazione italiana ad aggredire il problema, sia sotto il profilo normativo sia sotto il profilo dei comportamenti concreti.
swissinfo.ch: Quindi lei ritiene che, dei 550 miliardi di capitali italiani all’estero, riemergerà ben poco, o comunque meno di quanto spera il ministro delle finanze?
T.D.T.: Penso che otterrà meno di quanto si aspetta, a meno che non abbassi di molto l’aliquota. Quella di nove otto anni fa si situava al 2,5 per cento: era scandalosamente bassa. Oggi si parla di un’aliquota che andrebbe dal 7 al 9 per conto: se venisse confermata non credo che un nuovo scudo fiscale sarebbe attrattivo e avrebbe successo.
C’è, nel progetto, anche l’ipotesi di una doppia aliquota: più alta per i detentori di capitali che dopo l’auto-denuncia volessero mantenere la piena libertà di manovra dei loro soldi, e più bassa per chi accettasse invece di investirli in titoli del debito pubblico. Ma anche nel secondo caso a mio parere ci sono troppi vincoli e poca attrattività: c’è soprattutto il fatto che quel tipo di investimento nel pubblico durerebbe molti anni.
swissinfo.ch: Si calcola che in Svizzera sarebbero depositati capitali italiani per circa 300 miliardi di euro. A questo punto, ciò che sembra preoccupare maggiormente gli operatori elvetici del settore bancario è il fatto che in questo progetto di “scudo fiscale ter” i capitali, che dovessero riemergere, dovrebbero obbligatoriamente rientrare in Italia…
T.D.T.: In effetti si parla di rimpatri. Nei precedenti ‘scudi’ chi denunciava un deposito all’estero pagava l’aliquota relativa ma poteva scegliere di mantenerli fuori Italia; nella nuova versione questa ipotesi per ora non esisterebbe”
swissinfo.ch: Il segreto bancario svizzero è attaccato, nel suo muro si sono già aperte vistosa falle. Non crede, professor Di Tanno, che questo potrebbe indurre molti detentori italiani di capitali nelle banche della Confederazione a far rientrare i loro soldi? Non potrebbero pensare: se la prospettiva è di un paese che non mi garantisce più la segretezza tanto vale mettermi in regola?
T.D.T.: Per cominciare non mi sembra che l’attacco ai paradisi fiscali sia unanime da parte dei paesi dell’Unione europea, mentre per essere efficace dovrebbe muoversi con un forte coordinamento da parte di tutti gli Stati membri dell’UE.
Per esempio, se davvero si vogliono ottenere risultati in tal senso perché non varare una norma che impedisca a chi vuole esercitare attività bancarie nella comunità europea di avere filiali nei paradisi fiscali? I singoli paesi non possono farlo senza danneggiare la competitività delle proprie banche.
swissinfo.ch: Tremonti lega strettamente la lotta ai paradisi fiscali e il varo di un nuovo scudo fiscale. In definitiva, e globalmente, la Svizzera cosa deve attendersi, cosa deve temere?
T.D.T.: La Svizzera è certamente sotto pressione, soprattutto da parte di paesi importanti come gli Stati Uniti e la Germania. Ma sotto pressione sono tutti i paradisi fiscali. E proprio questo, a mio giudizio, farà emergere i ‘paradisi’ di serie A e quelli di serie B, come per esempio le Isole Cayman. Saranno queste ultime a uscirne peggio.
E dove finiranno i capitali in fuga dai paradisi fiscali di serie B? Ecco, secondo me, potrebbero approfittarne paesi come la Svizzera, o Singapore, o la piazza di Hong Kong. Ma a una condizione: che le banche di paesi come la Svizzera sappiano trovare nuove forme di collaborazione, sappiano gestire con maggiore duttilità i rapporti con i paesi di provenienza dei capitali: attraverso un diverso tipo di scambio di informazioni e anche attraverso una ‘eurotrattenuta’ più generosa”.
Aldo Sofia, swissinfo.ch
Nel 2004 Svizzera e Unione Europea hanno stipulato un accordo sulla tassazione del risparmio, entrato in vigore il 1° luglio 2005.
Grazie a questo accordo, i cittadini dell’Unione Europea che hanno aperto conti in Svizzera possono scegliere se dichiarare i soldi al fisco del loro paese di provenienza oppure optare per una trattenuta alla fonte sugli interessi maturati.
La somma percepita grazie a questa aliquota – che raggiungerà il 35% nel 2011 – è retrocessa nella misura del 75% agli Stati di residenza dei clienti. In altre parole, chi cerca di evadere il fisco trasferendo i suoi soldi in Svizzera viene comunque tassato.
Nel 2008 la Svizzera ha percepito circa 740 milioni di franchi, 554 dei quali sono stati riversati ai paesi dell’Unione Europea. L’Italia è stata la principale beneficiaria di questa tassa. Il fisco italiano ha ricevuto 142,7 milioni di franchi. Seguono la Germania (136,7 milioni), la Francia (72,3), il Regno Unito (43,6) e la Spagna (42,9).
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