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Segreto bancario: dure critiche del parlamento

Keystone

Agli occhi di molti parlamentari, il Consiglio federale si è fatto cogliere impreparato nella vertenza sul segreto bancario. Per la sinistra, il governo avrebbe dovuto adeguare da tempo la sua politica fiscale. Per la destra, avrebbe dovuto invece prepararsi meglio a resistere agli attacchi internazionali.

“Le decisioni adottate la settimana scorsa sul segreto bancario erano scomode, ma inevitabili. Il Consiglio federale è cosciente del fatto che queste decisioni hanno generato insicurezza e interrogativi in parlamento, ai quali siamo pronti a rispondere”, ha dichiarato mercoledì il presidente della Confederazione e ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz, tentando di giustificare l’operato del governo dinnanzi al Consiglio nazionale.

E gli interrogativi, ma anche gli attacchi, non sono mancati durante i dibattiti fiume tenuti martedì e mercoledì alle Camere federali sul segreto bancario. Messo sotto pressione dagli Stati uniti e dai paesi europei, il Consiglio federale è stato infatti costretto a fare concessioni su uno dei pilastri apparentemente più solidi della piazza finanziaria svizzera.

Per evitare che la Svizzera venga inclusa nella lista nera dei paradisi fiscali, venerdì scorso il governo elvetico ha deciso di allentare il segreto bancario. Invece di concedere assistenza internazionale solo in caso di frode fiscale, in futuro lo scambio di informazioni con le autorità degli altri paesi sarà esteso ai reati di evasione fiscale.

Guerra economica

Una mossa condannata dall’Unione democratica di centro, che intende ora ancorare il segreto bancario nella Costituzione federale, per meglio difendere questa istituzione nazionale risalente al 1934. Alcuni rappresentanti della destra nazionalista hanno anche invitato il governo a preparare misure di ritorsione nei confronti di paesi, come la Germania, che cercano di indebolire la piazza finanziaria elvetica.

“Ci troviamo di fronte ad una guerra economica, ad una lotta di concorrenza senza pietà tra le piazze finanziarie, che mira ad indebolire la Svizzera. E dobbiamo costatare che il Consiglio federale non è pronto a dare battaglia, manca di coraggio e non dispone di capacità dirigenziali”, ha dichiarato mercoledì il deputato zurighese dell’Unione democratica di centro (UDC) Hans Fehr.

“Purtroppo il Consiglio federale non è preparato per affrontare questa situazione. Si ritrova senza concetto e ha accettato delle concessioni senza nemmeno negoziare”, gli ha fatto eco il consigliere nazionale sangallese e presidente dell’UDC Toni Brunner. “Il governo si è lasciato ricattare e si è messo in ginocchio”.

“Mentre finora la Svizzera sapeva resistere, ora basta la sommessa minaccia di una presunta lista nera per spingere il nostro paese ad accorrere, a mostrarsi ubbidiente e a presentare delle soluzioni. Per paura di queste liste trasmettiamo i dati dei clienti delle nostre banche agli Stati uniti e ci dichiariamo addirittura pronti ad accogliere prigionieri di Guantanamo”, ha aggiunto la deputata dell’UDC argoviese Sylvia Flückiger-Bäni.

Ruolo esemplare

Critiche al Consiglio federale sono giunte anche dai rappresentanti della sinistra, secondo i quali il governo avrebbe dovuto agire già da diversi anni per adeguare il segreto bancario alle legislazioni degli altri paesi ed evitare quindi di essere messo sotto pressione.

“Il governo sta ancora cercando di guadagnare tempo, puntando sulla rinegoziazione dei 70 accordi sulla doppia imposizione fiscale e sulla via bilaterale. Signor Merz, non si è ancora accorto che questa tattica di temporaggiamento non funziona? Cerchi piuttosto una regolamentazione globale, che garantisca chiarezza e sicurezza legale”, ha richiesto la socialista basilese Susanne Leutenegger Oberholzer.

“La modifica prevista ora ha diminuito un po’ le pressioni sulla Svizzera, ma la via scelta di rinegoziare gli accordi bilaterali richiederà ancora molti anni e ci sembra quindi pericolosa e difficile da praticare”, ha dichiarato anche il presidente dei Verdi Ueli Leuenberger. A suo avviso, non serve a nulla offendersi per gli attacchi lanciati dai ministri dei paesi vicini, se non si condannano le pratiche inammissibili seguite da alcune banche svizzere negli ultimi decenni.

Secondo la sinistra, per sfuggire agli attacchi internazionali e ridare credibilità alla propria piazza finanziaria, la Svizzera dovrebbe assumere un ruolo esemplare, come già fatto negli ultimi anni nella lotta al riciclaggio di denaro sporco. Il presidente dei socialisti Christian Levrat ha inoltre invitato il governo a mostrarsi più offensivo, convocando ad esempio una conferenza internazionale “per discutere della questione della fiscalità e costringere Stati uniti e Gran Bretagna a porre fine alle loro pratiche scandalose”.

Nel mirino delle grandi Nazioni

Pesanti critiche sono state mosse dai parlamentari anche nei confronti dei dirigenti internazionali che hanno messo sotto pressione la Svizzera, a cominciare dal ministro tedesco delle finanze Peer Steinbrück. “Mi ricorda quella generazione di tedeschi che, 60 anni fa, erano scesi per le strade con mantelli di cuoio, stivali e fasce al braccio”, si è lasciato perfino sfuggire il deputato del Partito popolare democratico Thomas Müller.

Sostenuto da diversi rappresentanti del centro, Hans-Rudolf Merz ha infine difeso la decisione adottata venerdì scorso dal governo. “La Svizzera si è ritrovata nel mirino di grandi nazioni, come gli Stati uniti, che si vedono confrontati ad enormi spese e disavanzi per far fronte alla crisi economica. Le pressioni a cui siamo sottoposti non sono dovute a ragioni etiche, ma ad una politica legata alle necessità finanziarie di questi paesi”.

“È chiaro che il governo sapeva già da molti anni che era in corso un dibattito internazionale sulla questione della fiscalità. Ma se avessimo annunciato dei cambiamenti già nel dicembre scorso, avremmo soltanto indebolito la nostra piazza finanziaria. Oggi ci troviamo invece a compiere questo passo assieme alle altre piazze finanziarie e senza perdere quindi dei vantaggi”, ha dichiarato il ministro delle finanze, respingendo le critiche riguardo ad un mancanza di strategia da parte del governo.

Ribadendo che le decisioni adottate venerdì scorso non rimettono in discussione il principio del segreto bancario, Merz ha invitato i parlamentari a sostenere uniti la piazza finanziaria elvetica, citando un motto inglese: “United we stand, divided we fall” (Uniti resistiamo, divisi cadiamo).

swissinfo, Armando Mombelli

«Il segreto bancario è l’obbligo di discrezione cui sottostanno le banche al fine di garantire gli affari dei loro clienti o di terzi», scrive il Dipartimento federale delle finanze sul suo sito internet.

Anche in Svizzera, la legislazione impone però al segreto una serie di limiti: «per ordine di un’autorità giudiziaria esso può essere levato anche contro il volere del cliente».

Contrariamente ad altri paesi, la Confederazione fa una distinzione tra evasione e frode fiscale. Questi due reati sono punibili, ma solo la frode è passibile di procedimenti penali in Svizzera.

«Colui che omette, intenzionalmente o meno, di dichiarare i redditi imponibili si rende colpevole di evasione fiscale». Per questa sottrazione d’imposta, il cliente non rischia la prigione, come accade in Francia o in Germania, ma può essere condannato a una multa che può risultare più cara dell’importo sottratto.

Se un contribuente tenta di ingannare le autorità fiscali falsificando per esempio bilanci o libri contabili, commette frode fiscale. Questa truffa può essere perseguita penalmente. È in questo ambito che il segreto bancario può essere levato per ordine di un’autorità giudiziaria.

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