Segreto bancario più permeabile ma non morto
La rinuncia del governo svizzero alla distinzione tra frode ed evasione fiscale costituisce una decisione storica, che non segna però la fine del segreto bancario. È quanto rileva Marco Bernasconi, docente di diritto tributario internazionale all'Università Bocconi di Milano, intervistato da swissinfo.
Messo sotto pressione dagli Stati uniti e dall’Unione europea, che minacciano di includere la Confederazione sulla lista nera dei paradisi fiscali, il governo svizzero ha deciso venerdì di allentare il segreto bancario. Invece di concedere assistenza internazionale solo in caso di delitto fiscale – frode o truffa – in futuro lo scambio di informazioni sarà esteso ai reati di sottrazione fiscale.
Le autorità elvetiche dovranno quindi concedere assistenza anche quando uno Stato potrà dimostrare che un contribuente residente all’estero ha semplicemente omesso di dichiarare un reddito. Su questa decisione vi proponiamo le spiegazioni del professor Marco Bernasconi, docente di diritto tributario internazionale all’Università Bocconi di Milano e di diritto fiscale all’Università della Svizzera italiana.
swissinfo: Professor Bernasconi, che cosa implica innanzitutto in ambito fiscale la decisione annunciata venerdì dal governo svizzero?
M. B.: Il segreto bancario esce in parte ridimensionato e in futuro sarà molto più permeabile di quanto lo è oggi. Il numero dei casi di contravvenzione fiscale per i quali può esser concessa un’assistenza ad altri paesi è indubbiamente molto più grande di quello dei casi di frode o truffa fiscale.
Dal momento che le autorità elvetiche continuano ad escludere un’informazione automatica sui fondi depositati in Svizzera, è molto probabile che gli altri paesi formuleranno in futuro una serie molto grande di richieste di assistenza. Da un punto di vista organizzativo non sarà quindi facile rispondere a tutte queste richieste.
swissinfo: Dal profilo politico come può essere invece valutata questa decisione?
M. B.: Dal profilo politico si tratta sicuramente di una decisione storica, il cui impatto non è ancora prevedibile. Questa decisione crea ad esempio un grosso problema di politica interna. Il governo ha infatti detto chiaramente che l’assistenza vale soltanto per le persone che risiedono all’estero e quindi a vantaggio delle autorità fiscali di altri paesi.
Non vale invece nei confronti delle autorità fiscali svizzere, che richiedono informazioni bancarie per le persone residenti sul territorio elvetico. La Svizzera concederà quindi maggiore assistenza fiscale agli Stati esteri che non alle proprie autorità fiscali. Si tratta in un grosso problema che sarà sicuramente sollevato in futuro.
swissinfo: Per quanto riguarda i rapporti con l’estero, questa concessione non giunge un po’ tardiva, ossia solo dopo enormi pressioni da parte degli altri Stati?
M. B.: Forse in Svizzera non si è considerato a sufficienza che, quando si trovano confrontati, come ora, ad una situazione di estremo bisogno finanziario, gli Stati che contano possono comandare. E gli Stati che contano hanno preteso una più ampia informazione ai paesi che finora ne davano pochine a livello generale e non solo in ambito bancario.
Oggi le autorità svizzere sono state in pratica costrette ad accettare la decisione degli altri Stati, perché non era più possibile trovare un’altra soluzione. Lo era possibile alcuni anni orsono. Ma ricordo con una certa amarezza che nel 2005, quando era entrato in vigore il Trattato sulla fiscalità del risparmio tra la Svizzera e l’UE, i dirigenti politici e quelli delle banche continuavano a ripetere la solita frase: il segreto bancario è blindato per almeno 10 anni. Probabilmente, allora, questa sicurezza doveva essere un pochino attenuata.
swissinfo: Con l’estensione dello scambio di informazioni ai casi di sottrazione fiscale si può parlare della fine del segreto bancario?
M. B.: Il segreto bancario tutela i rapporti contrattuali tra le banche e i propri clienti. In tale ambito rimane inalterato. Oggi viene messo in discussione solo per quanto riguarda la collaborazione e lo scambio di informazioni in caso di reato fiscale. La Svizzera fa ora un passo avanti, in quanto offre maggiore collaborazione per i reati fiscali, compresa la sottrazione. Ma il segreto bancario continua a sussistere.
swissinfo: Ma quale differenza sussisterà d’ora in poi tra le banche svizzere e quelle di altri paesi, come l’Italia o la Francia?
M. B.: Le banche svizzere continueranno a tutelare il segreto per tutti i clienti che non sono oggetto di una procedura di frode o di sottrazione. Le banche italiane o francesi forniscono invece informazioni anche per l’accertamento dei redditi, ossia per permettere alle autorità degli altri paesi di applicare il proprio diritto fiscale.
swissinfo: Questa concessione basterà per permettere alla Svizzera di sfuggire alla famosa lista nera, sulla quale si pronuncerà in aprile il G20, il gruppo dei 20 paesi più industrializzati?
M. B.: Una risposta in quest’ambito l’avremo soltanto il prossimo 2 aprile. È però probabile che possa sfuggirvi. I paesi che hanno accettato ora di estendere lo scambio d’informazioni anche ai casi di sottrazione fiscale avranno probabilmente ricevuto quanto meno degli affidamenti di non entrare nella lista nera. Altrimenti sarebbe alquanto poco sensato dal profilo politico di estendere la collaborazione per poi finire comunque nella lista nera.
swissinfo: Quale potrà essere invece l’impatto di questa decisione per la piazza finanziaria svizzera?
M. B.: Secondo me molto dipenderà dall’impatto mediatico che seguirà nei prossimi giorni. Finora, nonostante una serie di adeguamenti, il segreto bancario è sempre stato venduto come inaccessibile e blindato, anche se così non era più da molti anni. È chiaro che, se su tutti i giornali europei viene data e gonfiata la notizia secondo cui oggi i capitali in Svizzera non hanno più alcuna sicurezza, allora potrebbe nascere un’emorragia, un effetto di panico con conseguenze difficilmente valutabili oggi.
La consolazione è però legata al fatto che anche le altre piazze concorrenti si ritrovano nella stessa situazione. E quindi non dovrebbero ricavarne un vantaggio.
swissinfo, intervista a cura di Armando Mombelli
La decisione del governo svizzero sul segreto bancario segue quella di altri paesi europei. Un passo analogo a quello della Svizzera è stato compiuto da Austria, Liechtenstein e Lussemburgo.
Ancora più in là è andato il principato di Andorra, che ha annunciato di voler abolire il segreto bancario entro novembre 2009. Il Belgio dal canto suo ha annunciato di voler rinunciare all'”euro ritenuta” per le persone non residenti che dispongono di un conto bancario.
Domenica scorsa i rappresentanti di Svizzera, Austria e Lussemburgo si erano incontrati in Lussemburgo per discutere una strategia comune.
«Il segreto bancario è l’obbligo di discrezione cui sottostanno le banche al fine di garantire gli affari dei loro clienti o di terzi», scrive il Dipartimento federale delle finanze sul suo sito internet.
Anche in Svizzera, la legislazione impone però al segreto una serie di limiti: «per ordine di un’autorità giudiziaria esso può essere levato anche contro il volere del cliente».
Contrariamente ad altri paesi, la Confederazione fa una distinzione tra evasione e frode fiscale. Questi due reati sono punibili, ma solo la frode è passibile di procedimenti penali in Svizzera.
«Colui che omette, intenzionalmente o meno, di dichiarare i redditi imponibili si rende colpevole di evasione fiscale». Per questa sottrazione d’imposta, il cliente non rischia la prigione, come accade in Francia o in Germania, ma può essere condannato a una multa che può risultare più cara dell’importo sottratto.
Se un contribuente tenta di ingannare le autorità fiscali falsificando per esempio bilanci o libri contabili, commette frode fiscale. Questa truffa può essere perseguita penalmente. È in questo ambito che il segreto bancario può essere levato per ordine di un’autorità giudiziaria.
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