Sempre più bambini svizzeri in sovrappeso
Mancanza di tempo, diffusione dell'elettronica e più facile accesso al cibo portano l'obesità infantile al 3,8%.
È quanto emerge da uno studio del Politecnico federale di Zurigo.
Le abitudini alimentari cambiano e i bambini, fedele specchio della società, riflettono nel bene e nel male questi mutamenti.
Sovrappeso diffuso
Ricerche condotte dal Laboratorio d’alimentazione umana del Politecnico di Zurigo a Rüschlikon mostrano che, nella fascia d’età fra i sei e i dodici anni, il 16,7% dei ragazzini svizzeri (pari a circa uno su sei) è in sovrappeso, percentuale che sale al 19,1% per le bambine (quasi una su cinque).
La maggiore predisposizione delle femmine viene spiegata, da alcuni dietologi e psicologi, col fatto che queste ultime in certi casi sono più portate a sfogare i disagi psichici mangiando.
Una situazione che si riscontra anche in altri paesi occidentali e che, con la crescita dell’adolescente, può portare a situazioni pericolose come l’anoressia o la bulimia, se la ragazza rifiuta di colpo il suo fisico e il modo di nutrirlo.
Obesità sotto la media, ma preoccupante
Molti bambini svizzeri non sono però solo sovrappeso, ma soffrono di vera e propria obesità, che interviene quando il peso corporeo supera di circa un terzo la media.
Lo si è notato nel 3,8 per cento dei casi, sul campione prescelto di 2600 ragazzini di tutte e tre regioni linguistiche.
A livello internazionale, la Svizzera resta comunque uno dei paesi con la percentuale più bassa, inferiore per esempio a quella di Inghilterra, Germania e paesi scandinavi, per non parlare degli Stati Uniti, dove il tasso di obesità infantile raggiunge il 16 per cento.
Un fenomeno da non sottovalutare
Non è il caso, tuttavia, di sottovalutare il fenomeno, tanto più che i dietisti – come Vanja Ender, dello Studio di terapia dietetica di Lugano – denunciano un continuo aumento delle consultazioni, in tutta la Svizzera.
Quali le cause? “Una mancanza cronica di tempo, che spinge molti genitori a scegliere cibi già pronti, o a chiedere ai figli cosa preferiscano mangiare piuttosto che impegnarsi a convincerli della necessità di un’alimentazione equilibrata. Naturalmente, i bambini puntano su prodotti ipercalorici e pieni di conservanti”.
TV e computer fanno ingrassare
Uno studio relativo al canton Ticino (ma generalizzabile all’intera realtà elvetica) ha poi evidenziato una stretta correlazione tra la comparsa dell’obesità e il consumo di media elettronici che favoriscono la sedentarietà, quali televisione, computer o videogiochi.
Infine, oggi i bambini hanno molta più facilità di accesso al cibo rispetto a qualche anno fa: un esempio classico è la merenda al chiosco dopo scuola, pagata con l’argent de poche settimanale.
Conseguenze per la salute
Ma tutto questo può portare a conseguenze allarmanti per la salute: oltre alle malattie cardiovascolari sempre in agguato – spiega la signora Endern – da qualche anno si è cominciato a diagnosticare nei bambini anche il temuto diabete di secondo tipo, finora prerogativa degli adulti.
Senza contare che una persona obesa va incontro a tutta una casistica di malattie psichiche, accompagnate spesso da disagio sociale.
Scuola e famiglia chiamate in causa
“Bisogna quindi intervenire in modo primario – sottolinea la dietista – nei due ambiti in cui i piccoli possono ancora essere educati: la scuola e la famiglia.
Nel primo caso ci si muove già da tempo: visto che i programmi di studio non comprendono l’educazione alimentare, sono sempre più numerose le scuole elementari che invitano dietisti ed esperti a tenere lezioni-gioco informative complementari”.
Da qui si parte per sensibilizzare l’ambito familiare: “I bambini a casa parlano di quello che hanno sentito in classe: abbiamo notato così che parecchie famiglie cominciano a interessarsi del problema, chiedendo per esempio consigli su come conciliare pasti veloci ed equilibrio nutrizionale. E le soluzioni non mancano”.
swissinfo, Alessandra Zumthor
Il 16,7% dei bambini svizzeri tra i 6 e i 12 anni è sovrappeso
L’obesità vera e propria (peso superiore di un terzo alla media) riguarda il 3,8% dei bambini
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