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Svizzera modello nel recupero dei rifiuti

La separazione degli elementi elettronici richiede molta attenzione. seco

Rifiuti elettrici e elettronici aumentano a vista d’occhio. La Svizzera, leader nel settore del riciclaggio, mette a disposizione di altri Paesi il proprio know-how.

Nell’ambito del progetto eWaste, del Segretariato di Stato dell’economia, alcuni esperti collaborano con le autorità cinesi, indiane e sudafricane per trovare una soluzione al problema.

Telefonini che permettono di scattare fotografie, giocare o ascoltare musica, televisori a schermo piatto, aspirapolveri «miracolosi», fornelli e frigoriferi dal design accattivante, computer sempre più potenti e maneggevoli: chi non si è mai lasciato sedurre dai più moderni ritrovati della tecnologia?

Potere delle numerose campagne pubblicitarie o paura di non rimanere al passo coi tempi. Tant’è che, come nel resto del mondo, anche in Svizzera il numero di apparecchi elettrici ed elettronici è in continua crescita.

Questi oggetti, se da un lato facilitano la vita, dall’altro creano seri problemi ambientali. La loro produzione e il loro utilizzo richiedono un consumo elevato di energia. Sbarazzarsene quando non servono più poi, non è facile. I materiali che li compongono non possono infatti essere liberamente gettati nella spazzatura, poiché voluminosi e particolarmente inquinanti.

Tra i molti Paesi industrializzati che sono corsi ai ripari prevedendo specifiche norme per un riciclaggio rispettoso dell’ambiente, la Svizzera svolge il ruolo di pioniere.

Pericolo nei Paesi poveri

Negli Stati più poveri invece, la situazione è particolarmente preoccupante. In molti di loro, la produzione di apparecchi elettrici ed elettronici è particolarmente elevata.

Inoltre, benché la convenzione di Basilea sul controllo di movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e sulla loro eliminazione vieti l’esportazione di scarti informatici ed elettronici, molte nazioni vi inviano i propri apparecchi obsoleti.

Fra questi, gli Stati Uniti, che non hanno ratificato la convenzione. Ma anche molti altri Paesi ricchi che ne approfittano per sbarazzarsi dei vecchi marchingegni elettronici sotto forma di doni caritativi: «un’esportazione illegale», si sottolinea in un recente rapporto del Programma dell’ONU per l’ambiente intitolato «Preallarme sulle minacce ambientali emergenti».

India e Cina sono così divenute le «spazzature hi-tech» del pianeta. Lo smantellamento e il riciclaggio di apparecchi elettronici in questi Paesi comporta dei rischi non indifferenti a causa dei metodi adottati, spesso rudimentali e rischiosi per l’ambiente e la salute.

Il riversamento di determinate sostanze nell’ambiente (ad esempio il piombo) crea inquinamento e rischia di generare gravi malattie. Inoltre, gli operai dei centri di riciclaggio lavorano di frequente in condizioni pericolose, senza protezioni per le mani e per il viso e entrano in contatto con prodotti nocivi per la salute quali gas, acidi, fumi tossici e ceneri contaminate.

Know-how elvetico

Il sistema svizzero di gestione di questi rifiuti, organizzato dall’industria privata e basato su una tassa obbligatoria di riciclaggio prelevata all’acquisto di ogni apparecchio elettrico o elettronico è fra i più efficaci e meglio organizzati al mondo.

Al punto che, nel 2003, oltre il 75% dei materiali che li compongono ha potuto essere reintegrato nel ciclo delle materie prime.

In quanto leader nel riciclaggio, la Svizzera offre il suo aiuto ai Paesi dove la situazione è particolarmente critica, esportandovi le proprie conoscenze nel settore.

Sotto l’egida del Dipartimento di Stato all’economia (seco), i ricercatori del Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca (EMPA) collaborano con dei gruppi di lavoro in India, Cina e Repubblica Sudafricana nell’ambito del progetto «Electronic Waste» (eWaste).

Paese che vai, problema che trovi: per questa ragione, in ognuno di essi l’intervento degli esperti elvetici è differente. «Il trasferimento del know-how elvetico si adatta alla cultura e ai bisogni specifici del luogo», spiega Rolf Widmer, responsabile del progetto eWaste.

Soluzioni ad hoc

La collaborazione è fatta con le autorità e i privati.

In Cina, ad esempio, gli Svizzeri assistono e cooperano con il governo locale per elaborare una legislazione in materia di rifiuti.

In India invece, la collaborazione è fatta con l’industria privata, con cui eWaste intende sviluppare un sistema simile a quello elvetico. Corsi di formazione sono organizzati per chi lavora nel settore.

La situazione a Johannesburg è dal canto suo totalmente differente: nella città sudafricana le tecnologie del riciclaggio, gestite dall’industria privata, sono all’avanguardia. L’organizzazione della raccolta e del trasporto dei rifiuti è invece carente. Come in Svizzera, gli esperti di eWaste cercano quindi di creare in questo ambito un sistema finanziato da un’apposita tassa.

Un riciclaggio anche di idee, utile a tutti.

swissinfo, Anna Passera

Il sistema svizzero di riciclaggio di rifiuti elettrici ed elettronici è organizzato dall’industria privata.

E’ possibile sbarazzarsi di tali apparecchi restituendoli a qualsiasi fabbricante, importatore, venditore o centro pubblico di raccolta.

Questi ultimi devono prenderli in consegna gratuitamente e smaltirli in maniera ecocompatibile.

Lo smaltimento è finanziato da una tassa anticipata sul riciclaggio prelevata all’acquisto di ogni nuovo apparecchio.

Ogni anno, nel mondo si producono da 20 a 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici
Nel solo 2005 si getteranno ca. 130 milioni di cellulari
Per produrre un computer fisso sono necessari 240 kg di combustibile fossile, 22 kg di prodotti chimici e 1500 litri d’acqua
In Svizzera ci sono ca. 7 computer ogni 10 abitanti

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