Un sorso di Cassis per ridare vigore al mercato
Prezzi alle stelle e mercato stagnante: il malumore serpeggia tra i consumatori elvetici e da più parti s'invoca il Principio del Cassis-de-Dijon.
Il liquore ha dato il nome ad una storica sentenza della Corte europea, secondo la quale un prodotto legalmente fabbricato in uno Stato dell’Unione può circolare liberamente in un altro.
Meglio soli che mal accompagnati, dice un vecchio motto popolare. Ma qual è il prezzo da pagare per l’indipendenza? Se la domanda è riferita al mercato svizzero, la risposta che si sente dare più spesso è: alto, proprio come i prezzi al consumo. Un recente confronto tra supermercati svizzeri e tedeschi ha dimostrato che fare la spesa nella Confederazione può costare fino al 70% in più. La differenza media è del 20-30%.
Colpa – sostengono gli esperti – di un mercato interno poco vivace, dove la concorrenza non funziona come dovrebbe. Relativamente isolato – il popolo svizzero ha rifiutato nel 1992 l’adesione allo Spazio economico europeo –, il mercato elvetico è caratterizzato da tutta una serie di norme e prescrizioni particolari che ostacolano le importazioni da altri paesi e fanno lievitare i prezzi.
Un esempio? La panna prodotta in Germania non arriva sulle tavole della Svizzera tedesca, perché porta la dicitura «Sahne» e non «Rahm» com’è d’uso nella Confederazione. E poco importa se i due geosinonimi non creano problemi di comprensione. È un po’ come se ad un fornaio toscano s’impedisse di praticare in Lombardia perché si chiama appunto fornaio e non panettiere.
In molti casi a cambiare non sono i prodotti ma l’imballaggio. I costi che si dovrebbero sostenere per sostituirlo azzerano l’interesse nei confronti dell’importazione parallela di un prodotto che all’estero è offerto ad un prezzo minore.
Il principio del Cassis
L’Unione europea ha risolto questo tipo di problema ormai da anni. Nel 1979, la Corte di Giustizia delle Comunità europee emetteva una sentenza che è passata alla storia con il nome di «Principio del Cassis-de-Dijon»: un prodotto legalmente fabbricato in uno degli Stati membri ed in esso commercializzato può liberamente circolare in tutta l’Unione.
La causa era stata intentata da un importatore che non poteva commercializzare il Cassis-de-Dijon in Germania perché non raggiungeva la gradazione alcolica prevista dalle leggi tedesche. In seguito il principio è stato applicato ad altri prodotti, come la birra (ostacolata in Germania se prodotta con altri ingredienti oltre malto, luppolo lievito e acqua) o la pasta (rifiutata dall’Italia se conteneva grano tenero).
Con il primo pacchetto d’accordi bilaterali tra la Svizzera e l’Unione europea si è fatto un passo avanti verso l’armonizzazione e l’abolizione di doppie certificazioni. Per i giocattoli, ad esempio, il certificato europeo CE può essere assegnato anche in Svizzera. Ma il Principio del Cassis-de-Dijon resta riservato ai membri dell’UE.
Aggancio unilaterale
La strada dell’armonizzazione intrapresa fin qui non ha dato i risultati sperati e «l’isola dai prezzi alti» – come viene definita la Svizzera – sta pensando ad un’introduzione unilaterale del Principio del Cassis-de-Dijon. Lo vogliono il presidente della Commissione della concorrenza, il garante dei prezzi, le associazioni dei consumatori. Qualcosa si sta muovendo anche a livello politico.
Il dibattito, sollevato da una lettera al governo della consigliera nazionale Doris Leuthard e da una mozione del consigliere agli Stati Hans Hess sottoscritta dai tre quarti dei membri della Camera alta, è finalmente approdato anche al Dipartimento dell’economia: «Questo principio deve essere introdotto il più presto possibile», ha dichiarato il Consigliere federale Joseph Deiss, che ha incaricato il Segretariato di Stato dell’economia (seco) di elaborare delle proposte che vadano in questo senso. Il rapporto dovrebbe essere pronto per l’estate.
Protezionismo
Ma il principio del Cassis-de-Dijon, ritenuto da più parti in grado di dare una sferzata al sopito sistema di concorrenza svizzero, non avrà strada facile. L’applicazione unilaterale – l’unica al momento possibile senza un’adesione all’UE – comporta delle conseguenze non a tutti gradite.
Per non svantaggiare le aziende svizzere, ad esempio, si dovrebbe consentire loro di produrre secondo le norme europee anche sul territorio della Confederazione. Un’eventualità che indirettamente è un attacco alla tradizione elvetica di protezione dei consumatori, dell’ambiente o della salute.
In un’intervista rilasciata al domenicale «NZZ am Sonntag», Walter Stoffel, presidente della Commissione della concorrenza respinge queste argomentazioni. Oggi, «le normative europee hanno all’incirca la stessa qualità di quelle svizzere. Non mi risulta che il consumo di alimenti euroconformi abbia nuociuto agli europei», afferma Stoffel. «In Svizzera, il consumatore non viene protetto meglio, ma solo in modo diverso».
swissinfo, Doris Lucini
Il principio del Cassis-de-Dijon stabilisce che un prodotto legalmente fabbricato in uno Stato membro dell’Unione europea e in esso commercializzato può liberamente circolare negli altri Stati membri.
Il libero commercio può essere bloccato solo se si dimostra la pericolosità di un prodotto per la salute dei cittadini.
Tra la Svizzera e l’Unione europea il principio non è applicato.
In Svizzera lo stesso prodotto costa in media il 20% in più che nei paesi confinanti dell’Unione europea. Ciò sarebbe dovuto non tanto ai costi di produzione, quanto alle normative svizzere, che ostacolano le importazioni e falsano la concorrenza.
Per i prodotti brevettati sono proibite le importazioni parallele fintanto che non è esaurita l’offerta interna.
Per altri prodotti le importazioni parallele sono autorizzate, ma rese difficoltose da leggi e prescrizioni come quelle sugli imballaggi. Inoltre, soprattutto nel settore agricolo, le importazioni sono gravate da dazi doganali.
L’introduzione del Principio del Cassis-de-Dijon permetterebbe d’importare merci dall’Unione europea senza adattarle alle normative svizzere.
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