Vaticano: guardie svizzere cercasi
La pontificia Guardia svizzera, che domenica ha festeggiato il tradizionale giuramento di 26 nuove reclute, si trova quest'anno al di sotto del numero di effettivi previsti dall'attuale statuto: invece di 120 volontari, ce ne sono solo 107, più il comandante e il cappellano. Lanciata una campagna pubblicitaria per il reclutamento.
Nessuno drammatizza. Negli anni settanta il corpo militare era sceso anche di 40 unità. Ma un campanello di allarme è suonato. E, fatto abbastanza nuovo nei quasi 500 anni di storia dell’esercito papale, il comandante in carica delle guardie svizzere, colonnello Pius Segmuller, ha convocato una conferenza stampa negli alloggiamenti all’interno della Città vaticana, per annunciare una campagna di immagine e pubblicitaria a sostegno del reclutamento.
«Non vogliamo rimanere in 60 per renderci conto che dobbiamo agire», ha spiegato. Ma da cosa dipende il calo nelle «vocazioni»? «Purtroppo – ha risposto – siamo legati all’andamento dell’economia svizzera: quando le cose vanno bene nel nostro Paese, i giovani trovano facilmente lavoro e non sono interessati a venire a Roma al servizio del Papa. Quando le cose vanno male, abbiamo più richieste».
L’uccisione, il 5 maggio del 1998, dell’allora comandante delle guardie svizzere Alois Estermann, di sua moglie, e il suicidio dell’omicida, il caporale Tournay, non ha avuto conseguenze negative sul reclutamento. «Anzi – ha osservato Segmuller – abbiamo avuto un effetto contrario. Prima, in Svizzera, nessuno parlava di noi. Eravano dimenticati o visti come buffi pupazzi folcloristici con le nostre uniformi colorate. Il caso Estermann ha obbligato i mass media ad occuparsi delle guardie svizzere in maniera più approfondita, nel bene e nel male».
Oltre alle cause economiche, le difficoltà nel trovare nuove leve per l’esercito pontificio sono dovute – secondo Segmuller – ad una crisi più generale del senso della «missione religiosa» ed anche ad una maggiore severità – forse questa sì dovuta al dopo- Estermann – nel selezionare ed accogliere le richieste di ammissione dei giovani svizzeri.
Come invogliare dunque un più largo numero di ragazzi a rendersi disponibili, per due anni di ferma, a prestare servizio al Papa a Roma? «Intanto – è la risposta di Segmuller – rendendo più interessante, dal punto di vista qualitativo, la permanenza a Roma: con corsi di istruzione universitaria, corsi di lingue, corsi d’informatica o corsi di sicurezza, riconosciuti in Svizzera a livello legale per futuri lavori.
Senza dimenticare dei corsi di comunicazione, visto che le guardie svizzere presidiano sopratutto le frontiere del piccolo Stato pontificio e si trovano quotidianamente a gestire migliaia e migliaia di turisti, tra cui anche «molte persone difficili».
Una campagna pubblicitaria per divulgare le nuove iniziative è già stata lanciata in Svizzera, con opuscoli e informative dirette sopratutto ai ragazzi dai quattordici anni in su: per i più interessati è prevista perfino la possibilità di trascorrere una settimana di prova a Roma.
Una fondazione apposita, fondata da Segmuller, ha il compito di raccogliere soldi per il reclutamento, mentre la Santa Sede si occupa di finanziare le spese dell’esercito.
swissinfo e agenzie
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